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L’Olanda non è paese sicuro: Dispaccio #2

Foto di copertina: www.31mag.nl

I Paesi Bassi sono il paese del consenso. Del partito della Nazione da più o meno quarant’anni, dove il compromesso regna sovrano, i giornalisti non amano gettare benzina sul fuoco e il quieto vivere è forma di governo. Anche quando si parla di segregazione, guai a dire “apartheid” perché troppo politicizzato, la questione è spesso posta sul piano della sicurezza. Capita così che un sindacato di polizia nazionale chieda di separare i rifugiati secondo le linee di appartenenze “etnica e religiosa”, ma beninteso nel miglior interesse dei migranti stessi.

Anche perché nessuno, qui, vuole casini nelle strutture che ospitano i rifugiati.

Anzi, qui in pochissimi vorrebbero i centri: solo due settimane fa vicino Enschede, piccola cittadina al confine con la Germania, in una gelata mattina invernale sono state ritrovate decine di teste di porco mozzate nel luogo che a breve ospiterà un centro per richiedenti asilo. Un account Twitter, sempre in mattinata, aveva passato le fotografie delle teste accompagnate dalla scritta “Benvenuti nell’inferno di Eschmarkerveld” (Welkom in de hel van de het Eschmarke veld).

Del resto proprio a Enschede è da poco nata AZC Alert Enschede, formazione sedicente apartitica, ma vicina all’estrema destra olandese, che da tempo porta avanti una campagna per osteggiare la costruzione della struttura. E sempre nella cittadina, il mese scorso, una protesta anti-rifugiati è finita a saluti nazisti e tafferugli, mentre un dipendente comunale veniva accoltellato sei volte a poca distanza “dall’inferno di Eschmarkerveld”.

In generale però sono tanti i paesi, soprattuto in periferia, che di accoglienza proprio non vogliono sentirne parlare. Cittadine dove xenofobia e mal di pancia sociali trovano una valvola di sfogo nel partito razzista PVV, alleato europeo di Lega Nord e Front National, che stando ai sondaggi (in Olanda piuttosto fededegni) sarebbe il primo partito al 39% dei consensi, contro un misero 20% dei liberali di centrodestra e un 19 dei conservatori democristiani. Questo il quadro, insomma.

Del resto il clima è pesante da tempo: secondo una ricerca commissionata dall’associazione Anne Frank House, infatti, nel 2014 sono stati denunciati 2764 “incidenti a sfondo razzista”, in aumento del 26% rispetto all’anno precedente nonché legati a episodi d’islamofobia e discriminazione nei confronti di persone con origini africane e afro-americane.

Ma quello che più preoccupa è il cerchiobottismo governativo. I partiti di coalizione temporeggiano, senza rendersi conto dell’ondata xenofoba pronta a investire il paese, nel frattempo aumentano i controlli alla frontiere, viene proposta una mini-Schengen per la mini-Fortezza Europa e annunciata la schedatura biometrica dei rifugiati, assieme a una stretta delle misure di accoglienza. Il tutto inquadrato nella continua sovra-rappresentazione dei flussi migratori: 42 000 persone in un anno e mezzo, su una popolazione di quasi 17 milioni, per i più morbidi è “un’emergenza”, per altri “un’ondata” e per altri ancora uno “tsunami”.

Poi è vero: i quartieri poveri di Amsterdam o Den Haag non sono le banlieues parigine, né i quartieri popolari di molte città italiane; governo e autorità locali mantengono forme minime di prima accoglienza; ogni provincia olandese di doterà di 2500 ostelli d’emergenza e con il nuovo anno 24 000 rifugiati (14 000 a breve, 10 000 successivamente) verranno spostati in “case semi-permanenti”.

Ma nei Paesi Bassi al tempo della guerra contro l’ISIS, è lecito chiedersi come saranno gestiti gli arrivi e le risistemazioni sul lungo periodo, dato che serie problematiche di (non)accoglienza e segregazione sono capitoli ricorrenti nella storia contemporanea dell’Olanda. Cambierà un’Integrazione che ancora oggi si nasconde dietro corsi obbligatori di assimilazione e firme obbligatorie di fantomatiche “carte dei valori olandesi”? Che ne sarà, ad esempio, dei sempre più richiedenti asilo a cui rifiuteranno la domanda, ma che non potranno essere rimpatriarti? Sì perché prima del conflitto siriano e prima del’ISIS, in Olanda, centinaia di migranti vivevano già per strada o in edifici occupati, le deportazioni forzate erano già la regola e i centri di detenzione come Schipol, Rotterdam, Kamp Zeist erano già parte del paesaggio: accanto ai bellissimi mulini a vento, ai coloratissimi campi di tulipani, ai postmodernissimi palazzi di compagnie multinazionali.

Link Utili:
La mini-Schengen della mini-Fortezza Europa
Quanto “costano” i rifugiati in Olanda?
L’accoglienza frugale secondo i Paesi Bassi
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