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Respingimenti sistematici, maltrattamenti, torture: cosa succede sul confine greco-turco?

Il rapporto di Pro Asyl sulla sistematica violazione dei diritti umani della Grecia

L’Organizzazione Non Governativa Pro Asyl ha pubblicato un nuovo report sulle pratiche di gestione dei flussi migratori in territorio greco. È il quarto report pubblicato in pochi mesi. Si tratta di un documento che ha già scatenato dure reazioni in giro per il mondo, nonostante il governo di Samaras faccia finta di non sentire e di non vedere.

In particolare, viene denunciato come i respingimenti collettivi (e quindi illegali), per cui già l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani, siano una pratica sistematica, messa in atto dalle autorità greche e da Frontex sia sul confine terrestre, che nelle acque territoriali greche. Sono decine le testimonianze di migranti e rifugiati (per la maggior parte siriani, afghani, somali, eritrei) che raccontano di respingimenti che hanno messo a rischio la loro vita. La Turchia, infatti, non può essere considerato un Paese sicuro, dal momento che non garantisce un efficace sistema di protezione internazionale e costringe i rifugiati a vivere in condizioni indegne e a subire gravi violazioni dei diritti umani.

Secondo le testimonianze dirette raccolte da Pro Asyl, il numero di persone respinte illegalmente si aggira intorno alle 2.000, mentre secondo una dichiarazione del Ministro dell’Interno Dendias, contenuta nello stesso report (pag. 17), sarebbero 50.000 le persone a cui è stato impedito di entrare nel territorio greco soltanto durante lo scorso anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di profughi siriani in fuga dalla guerra, nel tentativo di raggiungere i propri parenti in Germania, Svezia e Regno Unito.

Il report documenta come in molti casi i rifugiati siano stati arrestati e detenuti arbitrariamente, sia sulle isole greche che nella regione di Evros, senza venire ufficialmente registrati dalle autorità, senza poter comunicare con nessuno e senza avere accesso al cibo o all’acqua. In tutti questi casi, è stata negata la possibilità di richiedere protezione internazionale.

Molti rifugiati hanno denunciato di aver subito violenze fisiche e psicologiche, maltrattamenti e furti dei propri oggetti personali (cellulari, soldi, ecc.). In alcuni casi, soprattutto tra i siriani, le autorità hanno rubato persino i documenti di identità, rendendo notevolmente più difficile la richiesta di protezione internazionale e quella di ricongiungimento familiare.

Nella maggior parte delle interviste, i rifugiati hanno denunciato di essere stati abbandonati in situazioni di rischio per la loro stessa vita (alcuni sono stati buttati nel fiume Evros; altri sono stati abbandonati nelle acque turche dopo il sequestro di motore, remi, benzina e cellulari!).

In particolare, rispetto ai respingimenti realizzati dall’isola militare di Farmakonisi, i rifugiati, per la maggior parte siriani, hanno denunciato di essere stati detenuti senza alcuna comunicazione ufficiale e quindi deprivati di qualsiasi diritto per un periodo di tempo tra le 16 ore e i 3 giorni, prima di essere respinti nuovamente in Turchia.
Alcuni rifugiati hanno raccontato di essere stati minacciati con le pistole, per invertire la rotta e rientrare nelle acque territoriali turche.

Tre afghani, inoltre, dopo essere stati respinti e detenuti in Turchia, sono stati deportati nel loro Paese d’origine.

Queste pratiche costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale e di numerosi trattati sottoscritti anche dalla Grecia. In particolare è stato più volte violato il divieto di respingimenti ed espulsioni collettive, garantito anche dall’Articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. È stato messo a rischio il principio di non-refoulement, stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Sono state messe a rischio delle vite e perpetrati maltrattamenti che in alcuni casi possono configurarsi come torture, violando l’articolo 2 dell’ECHR. Le detenzioni arbitrarie, non registrate e non comunicate, infine, costituiscono una grave violazione dell’articolo 9 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dell’articolo 5 dell’ECHR e dell’articolo 9 della Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e Sociali.

Ci sembra necessario sottolineare che, insieme alle profonde e sistematiche responsabilità delle autorità greche, queste pratiche illegali sono il risultato delle pressioni esercitate dalle autorità europee e dalla Germania, dall’Austria e da altri Stati Membri affinché la Grecia applichi una politica di deterrenza nei confronti dei flussi migratori provenienti dalla Turchia. Una politica di deterrenza che non guarda in faccia a niente e a nessuno e non è interessata a garantire i diritti riconosciuti, né a tutelare le persone in cerca di protezione internazionale.

Le violazioni perpetrate dal governo greco sul territorio dello Stato, e in particolare sul confine greco-turco, riguardano tutti noi. Il fatto che vengano praticate su pressione e grazie ai finanziamenti delle istituzioni comunitarie pone il tema della democraticità, formale e sostanziale, dell’Unione Europea. Per tutti questi motivi sosteniamo le richieste lanciate da Pro Asyl nei confronti delle diverse autorità colpevoli di questi comportamenti illegali e fortemente lesivi dei diritti umani, chiedendo:
– al governo greco: di aprire un’indagine sui respingimenti, sui maltrattamenti e sulle torture e perseguire i colpevoli; di mettere immediatamente fine ai respingimenti praticati nel mar Egeo e nella regione di Evros; di consentire ai rifugiati di entrare nel territorio greco e avanzare la richiesta di protezione;
– al governo turco: di fornire le informazioni raccolte dalle autorità che documentano queste pratiche illegali; di garantire i diritti delle vittime di respingimenti, evitando detenzioni arbitrarie e respingimenti a catena nei Paesi di origine dei rifugiati, dove la loro vita è in pericolo;
– al governo greco e turco: di rendere pubblici i contenuti degli accordi bilaterali firmati a marzo 2013 che riguardano il contrasto dell’immigrazione irregolare e le riammissioni;
– alla Commissione Europea: di sanzionare nuovamente la Grecia per le violazioni delle procedure d’asilo e delle direttive di rimpatrio; di verificare se i fondi stanziati a favore del governo greco siano stato utilizzati per violare i diritti umani, come descritto nel report.
– al Direttore Esecutivo di Frontex: di interrompere immediatamente le operazioni in Grecia, dal momento durante l’operazione “Poseidon” sono state commesse ripetute e sistematiche violazioni dei diritti umani;
– ai Governi degli Stati Membri dell’Unione Europea: di aprire un corridoio umanitario dalla Turchia per permettere ai profughi, soprattutto siriani, in transito da quel Paese di raggiungere in maniera sicura il territorio europeo e le loro famiglie; di prolungare la sospensione di Dublino e delle deportazioni verso la Grecia dei richiedenti asilo; di garantire ai rifugiati e ai richiedenti asilo intrappolati in Grecia la possibilità di raggiungere le loro famiglie negli altri Stati Membri.

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Pushed back. Systematic human rights violations against

ESC Infomigrante, Yo Migro, Scuola di Italiano Lab! Puzzle, Laboratorio53, Terrain Vague-C.S. La Strada, Progetto MeltingPot, Focus-Casa dei Diritti Sociali.