Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

L’accordo finale tra EU e Turchia: un’analisi legale

Steve Peers, EU Law Analysis, 18 marzo 2016

L’Europa e la Turchia hanno raggiunto un accordo sulle tematiche dei rifugiati, che ha sollevato controversie notevoli sia a livello legale che politico. Per esaminare gli argomenti riguardanti l’accordo, presento qua il testo principale con una mia valutazione legale di ciascun punto presentato. Questo si basa sui miei commenti (insieme a quelli di Emanuela Roman), innanzitutto in generale sui punti rilevanti del mese scorso e, in secondo luogo, sulla bozza che è trapelata della versione finale dell’accordo questa settimana (ho riutilizzato alcune delle precedenti analisi dove fossero significative). L’accordo andrebbe letto insieme alle conclusioni del Summit europeo ed anche alla comunicazione della Commissione sul trattato, che incorpora la dichiarazione di EU/Turchia del 7 Marzo 2016, la quale tratta le stesse tematiche meno in dettaglio.

Il testo dell’accordo è sottolineato qui di seguito. Le sezioni in grassetto sono state aggiunte durante le negoziazioni e le sezioni barrate sono state rimosse. Ho già discusso lo status legale dell’accordo in un post precedente questa settimana: è una dichiarazione che non è soggetta all’approvazione o contestazione legale di per sé; ma la sua implementazione nella forma di leggi specifiche o la loro applicazione su richiedenti asilo individuali può essere contestata.

1.

Tutti i nuovi migranti irregolari che attraversano il mare dalla Turchia alle isole greche dal 20 Marzo 2016 saranno riportati in Turchia. Questo accadrà in pieno rispetto delle norme internazionali e dell’Unione Europea, in questo modo escludendo ogni tipo di respingimento collettivo. Tutti i migranti verranno tutelati in accordo con gli standard internazionali in vigore e nel rispetto del principio del non-refoulement. Si tratterà di una misura temporanea e straordinaria che si rende necessaria per porre fine alla sofferenza umana e ristabilire l’ordine pubblico, i migranti che arriveranno nelle isole greche saranno puntualmente registrati e qualsiasi richiesta d’asilo sarà trattata individualmente dalle autorità greche in accordo con la Direttiva sulle procedure d’Asilo (comunemente detta Direttiva procedure ndR.) 2013/32/EU, in cooperazione con UNHCR. I migranti che non abbiano fatto richiesta d’asilo o coloro la cui richiesta sia stata giudicata non fondata o inammissibile, in accordo con la suddetta direttiva, saranno respinte in Turchia. Turchia e Grecia, assistite dalle istituzioni ed agenzie europee, intraprenderanno a tal fine qualsiasi azione bilaterale necessaria, includendo la presenza di ufficiali turchi sulle isole greche ed ufficiali greci in Turchia a partire dal 20 Marzo 2016, per assicurare il collegamento e perciò facilitare il funzionamento di questi accordi. I costi delle operazioni di rinvio dei migranti irregolari saranno coperti dall’Unione europea. I migranti che saranno rinviati in Turchia saranno protetti in accordo con gli standard internazionali riguardanti il trattamento di rifugiati ed il rispetto del principio di non refoulement.

La prima frase aggiunta recentemente è una violazione flagrante del diritto europeo ed internazionale – ma il resto del paragrafo poi la contraddice completamente. Per essere franco, chiunque con una qualifica legale che abbia firmato questa prima frase dovrebbe impiccarsi per la vergogna. Respingere “tutte” le persone che transitano dalla Turchia verso le isole greche violerebbe il divieto sui respingimenti collettivi disposto dalla Carta Europea dei diritti fondamentali e dalla ECHR, come anche dalla legislazione europea sul diritto d’asilo. Comunque, appare dal resto del paragrafo – incluso il successivo riferimento al principio di non-refoulement (divieto di respingimento di persone verso paesi non sicuri) – che questa non sia l’intenzione reale.

Per il resto del punto 1, la prima domanda è quanto “temporaneo” sarà questo accordo. In secondo luogo, il punto 1 mette in chiaro che la Direttiva procedure si applica a coloro che raggiungeranno le isole greche, come richiesto dalla legge. Da notare che il testo non fa riferimento alle acque territoriali greche: ma la Direttiva si applica esplicitamente anche a quelle. Non si applica in acque internazionali o acque turche. Non è chiaro che cosa sia previsto per quelli intercettati prima che raggiungano le isole greche.

Per quello che riguarda i “migranti che non hanno fatto richiesta d’asilo” la domanda cruciale è se sarà loro data una effettiva opportunità di fare domanda d’asilo, come la Direttiva (e la giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, CEDU) richiede. Se un migrante non fa domanda d’asilo allora in principio non c’è nessuno ostacolo legale nel respingerli in Turchia, secondo quanto previsto dalla Direttiva europea sui rimpatri. Da notare che le autorità greche dovranno analizzare le domande, il che è un carico amministrativo notevole; questo implicitamente reitera la chiusura della rotta attraverso i Balcani occidentali. Le decisioni dell’Unione europea sul ricollocamento (relocation) dei richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia continuerà implicitamente ad essere applicata, ma si impegnano solamente a ricollocare una minoranza di quelli che arrivano in Grecia, e nella prassi i ricollocamenti vengono raramente eseguiti.

Se una domanda è “non fondata” significa che è stata rigettata nel merito. Se è “inammissibile” significa che non è stata rifiutata nel merito, ma sulla base del fatto che la Turchia viene considerata o “primo paese d’asilo” oppure “paese terzo sicuro” (ci sono altre basi di non ammissibilità, ma non sono rilevanti). Il paper della Commissione suggerisce brevemente che la Turchia potrebbe essere un “primo paese d’asilo”. Il cuore del dibattito concerne se la Turchia sia o meno un “paese terzo sicuro”.

Lo è? Gli impegni relativi al trattamento delle persone in Turchia sono stati spostati da questo paragrafo alle conclusioni del summit, che sono separate. Il trattamento in Turchia dovrà essere in accordo con le regole Europee dettate dalla Direttiva procedure, che definisce come “paese terzo sicuro” un paese dove: le persone interessate non vedano la propria vita o la propria libertà minacciata sulla base di motivi di “razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o una particolare opinione politica (questo stralcio è preso dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato); non vi sia il “rischio di danno grave” nel senso definito dalla normativa europea in materia di protezione sussidiaria (pena di morte, tortura et alias, rischio per i civili in tempo di guerra); le persone coinvolte non siano rimandate in un altro paese che sia insicuro (la norma di non refoulement, che si riferisce specificamente alla Convezione di Ginevra, in più il divieto sulla rimozione del veto sulla tortura et alias come disposto dalla normativa ECHR); e che “esista la possibilità di richiedere lo status di rifugiato e, se riconosciuto come tale, di ricevere protezione in accordo con la Convenzione di Ginevra”.

Come trattato nel precedente post del blog, l’ultimo punto è discutibile dato che la Turchia non applica la Convenzione di Ginevra ai non-Europei, e la migliore interpretazione di questa condizione è che invece si applichi, perché la clausola possa dirsi rispettata. Comunque, questa interpretazione non è condivisa universalmente: la Commissione, il Consiglio, la Grecia ed alcuni accademici ritengono che sia sufficiente che la Turchia applichi tali standard nella prassi. (Notate che la Commissione cita solo parzialmente la Direttiva nell’affermare questo). Anche se quest’ultima interpretazione fosse corretta, rimarrebbe aperta la questione se la Turchia di fatto applichi standard equivalenti.

Inoltre, come discusso nel post precedente, molte ONG affermano che non sempre i rifugiati sono al sicuro da maltrattamenti nella Turchia stessa, anche se nessuno afferma che siano tutti maltrattati una volta là. Ugualmente la Turchia apparentemente respinge alcune persone (ma chiaramente non tutte) in paesi non sicuri, e l’accordo pianifica esplicitamente la creazione di una “safe zone” in Siria. Una tale zona è concepibile in teoria, ma se questa sarà sul serio sicura sarà da vedere quando e se ciò accadrà; e potrà diventare meno (o più) sicura a seconda del corso degli eventi. Per fare fronte a queste problematiche la Direttiva procedure afferma che il richiedente asilo dev’essere in grado di dimostrare che “il paese terzo non è sicuro nelle sue individuali circostanze”. Tutto perciò si sposterebbe quindi sulla valutazione di un discorso di questo tipo.

Un punto critico è se la procedura può essere accelerata (fast track). La Direttiva procedure contiene una lista di casi in cui le procedure amministrative possono essere accelerate, e dove il ricorso in Tribunale contro una decisione negativa non permette automaticamente ad un richiedente asilo di permanere in maniera regolare sul territorio. Da notare che queste liste non prevedono procedure accelerate nel caso di “paese terzo sicuro” anche se in pratica potrebbe essere più veloce giudicare un caso senza esaminarlo nel merito. È possibile affermare che le liste esistenti non siano esaustive. Se la Grecia volesse assumere questa posizione, l’interpretazione di queste clausole sarebbe decisiva. Se le richieste di asilo non possono essere esaminate in maniera accelerata, prenderà ovviamente più tempo rinviare le persone in Turchia, praticamente parlando. Gli stati membri possono attuare “procedure frontaliere speciali”, ma non sono previste procedure scellerate in questo caso. Inoltre, gli stati membri non possono applicare procedure accelerate o frontaliere a richiedenti “vulnerabili”, definiti in senso lato, e non possono applicare procedure frontaliere a minori non accompagnati.

Per quanto possa sembrare strano, lo stato generale dei diritti umani in Turchia (per esempio, per quello che riguarda la libertà d’espressione) non è direttamente rilevante a livello legale con il fatto di rinviare rifugiati o altri migranti là. La domanda è se la Turchia sia un Paese sicuro, come da definizione nella normativa EU sull’asilo, per i migranti ed i rifugiati. Comunque, lo stato generale dei diritti umani in Turchia è sì rilevante per una ragione differente: la Commissione ha proposto separatamente che la Turchia fosse riconosciuta come un “paese d’origine sicuro”, così che ogni richiesta d’asilo da parte di cittadini turchi fosse facilmente negata. Ho affermato lo scorso settembre che questa proposta non fosse sostenibile alla luce dei casi riguardanti la Turchia rispetto ai diritti umani. Alla luce degli sviluppi successivi, aggiorno la mia posizione: la proposta è ora assolutamente assurda. Ma questa proposta non è parte dell’accordo.

2.

Per ogni siriano respinto in Turchia dalle isole greche, un altro siriano sarà ricollocato dalla Turchia all’Unione europea tenendo in conto i Criteri di Vulnerabilità delle Nazioni Unite. Sarà stabilito un meccanismo, con l’aiuto della Commissione, delle agenzie EU e altri Stati membri, come anche dell’UNHCR, per assicurare che questo principio sia implementato a partire dallo stesso giorno in cui i rinvii cominceranno. Riguardo ai ricollocamenti sul principio 1 per 1: a) la priorità sarà data ai migranti siriani che non sono entrati o abbiano cercato di entrare nell’EU in maniera irregolare. Dalla parte europea, il reinsediamento in questo meccanismo avrà luogo, in primis, onorando gli impegni presi dagli Stati membri durante le conclusioni dell’incontro dei rappresentanti dei governi degli Stati membri all’interno del Consiglio il 22/7/2015, dei quali rimangono 18.000 posti per il reinsediamento. Ogni altro bisogno ulteriore per reinsediamenti sarà portato avanti attraverso un accordo volontario similare fino ad un limite di altre 54.000 persone. I membri del Consiglio europeo accolgono l’intenzione della Commissione di proporre un emendamento all’interno dei limiti ed in accordo con la distribuzione accordata [decisione sulla relocation del 22/09/2015] per permettere che ogni impegno di reinsediamento preso nel quadro di questo accordo possa essere bilanciato dai posti non allocati ai sensi della decisione citata previamente. Non dovessero questi accordi raggiungere l’obiettivo di porre fine alla migrazione irregolare e i numeri di respingimenti dovessero essere vicini a quelli forniti previamente, questo meccanismo sarà rivisto. Nel caso il numero di respingimenti eccedesse i numeri forniti prima, questo meccanismo sarà sospeso.

L’idea di uno scambio 1 per 1 di migranti irregolari in cambio di siriani da reinsediare è stata controversa, ma non solleva problemi di natura legale di per sé. Il reinsediamento di persone che necessitano di protezione dai paesi da cui sono fuggiti è una pratica comune, ma non è vincolante ai sensi del diritto internazionale ed europeo. La legalità del respingimento di persone in Turchia dev’essere considerata separatamente (come discusso prima) dalla questione di qualsivoglia scambio possa essere fatto in cambio di questo. Comunque, condivido certamente la visione di coloro che trovano de facto moralmente discutibile il “commercio di miseria umana”. L’ethos del reinsediamento è umanitario, richiedere un ricavo per le proprie azioni umanitarie contraddice le loro stesse basi etiche.

Il testo finale rende chiaro che il reinsediamento si focalizzerà sulle persone più vulnerabili. Da notare che se tutti i reinsediamenti avranno luogo dalla Turchia, allora nessuno verrà reinsediato in UE dal Libano e Giordania, che ospitano un gran numero di rifugiati siriani. Sul fatto dei casi “a bassa priorità”, è dato agli Stati membri di dare priorità al ricollocamento secondo qualsivoglia criterio ritengano migliore. Ovviamente l’intenzione è di scoraggiare le persone dal tentare viaggi pericolosi tramite trafficanti; se questo funzionerà o no dipende dal numero di persone che potranno essere reinsediate.

Nel complesso, l’Unione Europea non ha aumentato il numero di persone che gli Stati membri sono disposti ad accettare: i primi 18.000 sono il rimanente dei 23.000 che l’UE si era impegnata ad accogliere da paesi non-EU l’anno scorso, e i prossimi 54.000 sono il rimanente di quelli che sarebbero stati ricollocati dall’Ungheria, prima che quest’ultima rifiutasse l’idea lo scorso settembre. Comunque, a differenza delle quote obbligatorie previste dalla decisione sul ricollocamento dell’UE, questi numeri saranno su base volontaria. L’accordo finale mette in chiaro che il tetto massimo di persone che saranno respinte su questa base è 72.000: questa parte dell’accordo termina una volta che il numero di migranti irregolari rinviati raggiunge quel numero, o se i livelli di migrazione irregolare si fermano. Nel secondo caso, l’UE si muoverà verso uno schema di ammissione umanitaria volontaria, discusso in seguito. Nel primo caso, non è chiaro cosa succederà.

3.

La Turchia prenderà ogni misura necessaria per prevenire l’apertura di nuove rotte via mare o terra per l’immigrazione illegale dalla Turchia verso l’UE, e collaborerà con gli stati vicini come anche l’UE per questo.
Questo si riferisce ai timori della Bulgaria che le persone possano cercare di attraversare il Mar Nero come nuova rotta, Ovviamente, se le persone arrivassero nel territorio o acque bulgare si applicherebbe la normativa europea in materia di asilo, come succede in Grecia.

4.

Una volta che gli attraversamenti illegali tra Turchia e l’UE stiano finendo, o almeno siano stati sostanzialmente e sostenibilmente ridotti, lo schema di Ammissione Umanitaria Volontaria sarà attivato. Gli stati UE contribuiranno su base volontaria a questo schema.
Questo schema è definito in una Raccomandazione della Commissione di dicembre. Da notare che il testo fu emendato per rendere chiaro che gli attraversamenti illegali non avrebbero dovuto fermarsi totalmente; ciò sarebbe stata una pura fantasia.

5.

Il completamento del piano d’azione per la liberalizzazione dei visti sarà accelerato vis-à-vis da tutti gli stati membri partecipanti, in previsione di eliminare i requisiti di visto per i cittadini turchi al più tardi per la fine di giugno 2016, nel caso in cui tutti i requisiti siano stati soddisfatti. Per questo la Turchia adotterà le misure necessarie per soddisfare i restanti requisiti per permettere alla Commissione, una volta svoltasi l’analisi del soddisfacimento dei punti critici, di poter sviluppare una proposta appropriata per la fine di aprile sulla base della quale il Parlamento europeo e il Consiglio possano prendere una decisione definitiva.

Questo impegno è stato confermato da una dichiarazione del 7 Marzo. L’esenzione da visti di breve termine si applica sono agli Stati Schengen, e si applica solo per soggiorni di tre mesi. Secondo l’accordo di riammissione UE/Turchia, la Turchia dovrà riammettere chiunque supererà questo limite di soggiorno. Sarà sempre necessario per la Turchia rispettare questo criterio, e per il Consiglio (tramite maggioranza qualificata) ed il Parlamento Europeo di approvare questo cambio nella legislazione europea.

6.

L’Unione Europea, in stretta cooperazione con e la Turchia, accelererà ulteriormente il pagamento di 3 miliardi di euro previsti inizialmente secondo il fondo per rifugiati in Turchia e assicura di finanziare ulteriori progetti per persone sotto la protezione temporanea identificati prontamente dalla Turchia entro la fine di Marzo. Una prima lista di progetti concreti per rifugiati, specialmente nel campo medico, educativo, infrastrutturale, alimentare e di altri costi di vita, che possono essere rapidamente finanziati dal fondo, saranno identificati insieme entro una settimana. Una volta che queste risorse siano al punto di terminare, e ammesso che gli impegni previamente indicati siano stati raggiunti, l’UE mobiliterà fondi addizionali per il fondo per ulteriori 3 miliardi di euro fino alla fine del 2018. [X] billion for the period [Y] for the Turkey Refugee Facility

L’ammontare e la tempistica per fondi ulteriori dall’UE e dai suoi Stati membri era stato accordato durante le negoziazioni. I dettagli della tempistica di pagamento e della natura dei progetti di spesa sono state aggiunti. Da notare che questo denaro non è semplicemente dato alla Turchia: in termini legali può essere speso unicamente per progetti che aiutino la popolazione siriana rifugiata. Il paper della Commissione definisce più in dettaglio come i soldi saranno spesi, iniziando da un contratto per fornire aiuti alimentari a oltre 700.000 siriani.

7.

L’Unione europea e la Turchia accolgono favorevolmente il lavoro in corso di aggiornamento dell’unione doganale.

Questo si riferisce ad un’intenzione di estendere l’unione doganale attuale per coprire anche servizi e investimenti.

8.

L’Unione europea e i suoi Stati membri riconfermano il loro impegno a ridare corso al processo di adesione come definito nel comunicato congiunto del 29 novembre 2015. Accolgono l’apertura del capitolo 17 del 14 dicembre 2015 e decidono, come prossimo passo, di aprire il capitolo 33 durante la presidenza olandese. Accolgono con favore inoltre che la Commissione porterà avanti una proposta riguardo ciò in aprile. Dei lavori preparatori per l’apertura di altri capitoli continueranno ad un ritmo accelerato senza pregiudicare le posizioni degli Stati membri ed in accordo con le regole esistenti.

Alla fine l’Unione europea e la Turchia si sono accordate solamente sull’apertura di un solo nuovo capitolo dei 35 sui quali la Turchia necessita di accordarsi per aderire all’Unione europea. Finora solo un capitolo è stato chiuso in una decade di negoziazioni. Non c’è nessun impegno nell’aprire o chiudere alcun altro capitolo. Anche se un accordo per l’adesione fosse mai negoziato, ci sono molti ostacoli legali e politici rispetto alla sua approvazione, dato che tutti gli Stati membri dovrebbero essere d’accordo.

9.

L’UE e i suoi Stati membri lavoreranno con la Turchia in qualsiasi sforzo congiunto per migliorare le condizioni umanitarie all’interno della Siria, in particolare in certe aree vicino al confine turco, il che potrebbe permettere alla popolazione locale ed ai rifugiati di vivere in aree più sicure.

Questo paragrafo si riferisce ad un’intenzione (come indicato sopra) di creare una “zona sicura” all’interno della Siria. Se questo sia fattibile rimane da vedere. Se ci fosse qualsiasi discussione rispetto alla sicurezza dell’area, allora respingere siriani in Turchia sarebbe problematico se la Turchia intendesse respingerli a sua volta in quelle cosiddette “aree sicure”.

Conclusioni

In generale, l’accordo finale cerca di affrontare le due principali preoccupazioni legali riguardanti l’accordo del 7 marzo. Rende chiaro che la normativa in materia d’asilo dell’UE si applicherà a coloro che arriveranno in Grecia (rimarcando il caveat rispetto a ciò che accadrà a quelli intercettati in acque greche), e che la Turchia dovrà aderire agli standard appropriati quando riceverà i migranti respinti. L’intenzione di “rendere l’accordo legale” è ovviamente fortemente indebolita dalla frase fuori dall’ordinario che “tutti” i migranti irregolari saranno respinti. La domanda legale cruciale sarà come questi impegni saranno implementati in pratica.

La principale via legale per sfidare quello che sta succedendo dovrebbe essere da parte dei richiedenti asilo di adire le corti greche. Quelle corti potrebbero riferire quesiti alla Corte di giustizia dell’UE riguardo la legislazione europea d’asilo (la Corte di Giustizia dell’UE potrebbe dare priorità alle sue risposte). In alternativa, se il richiedente asilo avesse percorso tutto l’iter del sistema di corti greche, o non potesse efficacemente accedere al sistema d’asilo greco, potrebbe presentare reclami alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo (che è separata dall’UE) e denunciare una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In pratica, comunque, potrebbe essere che l’accesso ad avvocati e corti sia più teorico che reale.

È spiacevole, per usare un eufemismo, che l’UE non provi ad assicurare, al di là di ogni dubbio, che l’accordo sia legale, mettendo in atto qualche sistema di monitoraggio efficace degli impegni turchi per quello che riguarda il trattamento dei rifugiati e dei migranti, in particolare chiedendo alla Turchia di applicare interamente la Convenzione di Ginevra a tutti i rifugiati come una delle condizioni dell’accordo. Dopotutto, l’UE si troverà ad affrontare una buona parte dei costi di ospitare i rifugiati in quel paese. È ancor di più fastidioso che alcuni Stati membri vogliano cercare di organizzare respingimenti diretti in Siria. Sicuramente, la Corte di Giustizia europea sarà chiamata a dare un’interpretazione della definizione di “paese terzo sicuro” secondo la normativa europea sull’asilo. Quell’interpretazione sarà cruciale per determinare se sia veramente legale rinviare persone in Serbia, Turchia, Libia e probabilmente in altri Stati.