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L’assoluta carenza in tutta la Nigeria di condizioni minime di sicurezza per i cittadini giustifica la protezione sussidiaria

Tribunale di Venezia, ordinanza del 17 aprile 2018

Photo credit: Carmen Sabello

L’ordinanza resa dal Tribunale di Venezia, seconda civile, riguarda l’accoglimento al ricorso presentato da un cittadino nigeriano di Edo State, richiedente la protezione internazionale, con il patrocinio dell’avv. Mila Masciadri.

Per inciso, l’istante, già titolare di protezione umanitaria riconosciuta in sede di audizione amministrativa con provvedimento di dicembre 2016 – in ragione delle proprie problematiche di salute (accoltellato in Libia nel 2015 e ivi operato nello stesso anno, ha dovuto subire un ulteriore intervento riparatore in Italia pochi mesi prima dell’audizione), agiva, quindi, solo per il riconoscimento della protezione internazionale, nelle due forme, alternativamente richieste, di status di rifugiato e protezione sussidiaria.
A sostegno della domanda, come si legge nell’ordinanza, il ricorrente deduceva di aver subito la perdita di entrambi i genitori a seguito di un’esplosione di probabile matrice terroristica occorsa ad Abuja, il 30/5/2015, nel mercato di Zuba.
La C.T. non ha escluso la veridicità del racconto.

Il Giudice, dott.ssa Silvia Barison, ha accolto il ricorso riconoscendogli la protezione sussidiaria in ragione del fatto che “le notizie riguardanti la Nigeria evidenziano la sussistenza di una situazione sociopolitica gravemente degenerata” evidenziando “la sussistenza di rischi per l’incolumità dei cittadini nelle regioni poste a Sud – come quella di origine del ricorrente (Edo State) – e di intervenuti mutamenti, in questi ultimi anni, documentati da rapporti internazionali e da autorevoli fonti di informazione che attesterebbero, in modo incontrovertibile, una situazione di “violenza indiscriminata su tutto il territorio della Nigeria caratterizzato da plurimi conflitti interni non controllati dalle forze di polizia e anzi spesso coinvolgenti gli stessi apparati statali al fianco dell’uno o dell’altro gruppo in conflitto” sia di matrice religiosa che di origine economico – politica tali da comportare serio pericolo per l’incolumità dei residenti.

Né può essere presa in considerazione la possibilità che il ricorrente si trasferisca in altra zona diversa da quella di provenienza, dovendo ribadirsi i principi di cui alla sentenza Cass. Civ. n. 2294/2012 in tema di protezione internazionale dello straniero, secondo cui “il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 della Formativa 2004/83/CE, non è stata trasposta nel d.lgs. 251/2007, essendo una facoltà rimessa agli Stati membri inserirla nell’atto normativo di attuazione della direttiva“.
In ogni caso, e il rilievo appare assorbente, va rilevato che in Nigeria effettivamente sussiste, come dedotto dal richiedente, una violenza indiscriminata e diffusa che coinvolge l’intero territorio dal Nord al Sud del paese, teatro di plurimi conflitti interni non controllati dalle forze di polizia, e, anzi, coinvolgenti gli stessi apparati statali.

La decisione appare interessante sotto diversi profili.
Innanzitutto, in quanto evidenzia e sostiene il peggioramento della situazione socio-politica della Nigeria negli ultimi anni – anche, se vogliamo, in controtendenza rispetto a recenti orientamenti del Tribunale veneziano – e, in secondo luogo, perché denuncia l’incapacità degli apparati statali di far fronte ai conflitti armati interni e, pertanto, l’assoluta carenza, in Nigeria, di condizione minime di sicurezza per i cittadini.

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Tribunale di Venezia, ordinanza del 17 aprile 2018