Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

L’ingresso della Slovenia nell’Area Schengen ed i suoi retroscena

Il confine italo-sloveno finalmente non c’è più anche per le persone. Dal 21 dicembre anche la Slovenia è entrata nell’area Schengen e le sbarre ai confini finalmente si sono alzate per non scendere più. L’Europa si è allargata ed ha incluso Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Per chi ha sempre vissuto con il confine alle spalle, a pochi chilometri da casa, è un passaggio importante; per chi l’ha sempre contestato, il confine, la sua cancellazione è un passaggio fatto in ritardo. In questi ultimi anni sono molte le realtà che da entrambi i lati chiedevano il superamento di quella barriera, segno di una nuova società che vedeva in quella linea un’inutile sbarramento alla libertà di movimento, imposto dall’alto.

Convivere con un confine come quello italo-sloveno ha segnato le comunità e le vite di molte persone, crescere con una cortina di ferro addosso e tutto intorno, non è una cosa da poco. Lo si vede attraversando le città, lo si vede nelle persone, c’è chi ha sempre varcato quella linea concependo un territorio diviso come un unico spazio e chi invece non ha mai guardato oltre, come se fosse un territorio sconosciuto, pericoloso, da diffidare. Una differenza che si nota soprattutto fra le diverse generazioni, sono moltissimi ormai i giovani che vivevano il confine come una cosa inutile, ricordo ingombrante della storia, noiosa arroganza alla quale bisognava esibire un documento, un check-point inutile, una sorta di bullismo delle istituzioni.

Il bilinguismo e la circolazione quotidiana delle persone stanno modificando la società di questi territori, finalmente vecchi preconcetti e rancori vengono superati da nuove generazioni che vivono il confine, e la divisione come una cosa a loro estranea.

Ma se da un lato c’è finalmente un territorio non più diviso da inutili barriere dall’altro lato ci sono frontiere che si irrigidiscono e si moltiplicano. La Slovenia in questi anni si è preparata ad entrare in Schengen allineandosi alle politiche europee repressive in fatto di immigrazione, i Cpt sono ormai da anni una realtà anche in Slovenia, come lo è la nuova “strategia” di contrasto all’immigrazione, patrocinata dai partner più pesanti dell’E.U.

Ed è purtroppo realtà anche una nuova ondata di nazionalismo e xenofobia che si accompagna al progressivo assorbimento dell’”identità slovena” dentro il gran calderone dell’Europa Unita.

Gli echi delle guerre etniche e fratricide dei balcani non si sono ancora del tutto sopiti, la nuova crisi del Kossovo è vissuta con ansia e partecipazione da chi ricorda ancora l’epoca dove prosperava, pur nelle mille difficoltà, una comunità radicalmente multi-culturale e plurale.

Oggi i cittadini dell’ex Jugoslavia se non sono Sloveni allora sono “aliens”, stranieri, migranti, esattamente come chi viene dall’Africa o dall’ Asia.
Ed è facile incontrarli nei dormitori pubblici, parcheggiati in luoghi fatiscenti dalle ditte e aziende per cui lavorano; Bosniaci, Macedoni e Montenegrini stanno costruendo il miracolo economico sloveno, ma rimangono ancora invisibili e emarginati.

Liberismo economico e controllo sociale sono i capisaldi del Governo di Lubljana, prossima presidenza di turno dell’Unione Europea.

Nonostante la lunga lotta dei “cancellati” abbia causato non poco imbarazzo in sede Europea al governo conservatore di Janez Janša e nonostante lo sciopero generale e la grandissima manifestazione contro il caro vita dello scorso 17 novembre, sembra non ci sia margine di discussione su un altro modo di intendere la cittadinanza e lo stato di diritto se non su base etnica ed economicista.

I movimenti sociali Sloveni insistono sul concetto della gerarchizzazzione sociale imposta dalle frontiere, sia quelle esterne che si moltiplicano ma anche quelle interne appunto, che marcano irrimediabilmente chi non possiede un passaporto Shenghen.

Perfino il sindacato, in prima file nelle mobilitazioni delle scorse settimane, contro l’euro e il caro vita, sulle tematiche dell’accoglienza e della solidarietà con i migranti mantiene un atteggiamento conservatore e xenofobo, arrivando a dire alla fine che si è giusto aiutare questi “lavoratori migranti”, ma solo per prevenire qualsiasi “social dumping”.

L’allargamento dell’Area Schengen vuol dire abbattimento delle frontiere interne, ma allo stesso tempo significa un ondata di ripercussioni sociali non indifferenti.

La paura nei confronti dei rom e dei clandestini trovano risalto nei media locali come in Italia, e la tensione viene cavalcata per giustificare leggi restrittive nei confronti dei migranti.

Entrare in Europa vuol dire abbattere alcuni confini fisici e materiali, ma il prezzo è altissimo, l’Europa impone un economia globale dominata dalla competizione e dalla speculazione, la Slovenia sa che ha bisogno dei suoi “invisibili” per essere più integrata e “virtuosa”in questa economia di guerra e di mercato, ma e anche vero che in questi anni si và formando una società civile e un punto di vista critico in Slovenia, nei confronti dell’Europa delle banche e delle divisioni etniche, ma anche dell’economia e del mercato come unici elementi qualificanti di un paese, di una storia e di una società che è già molto di più.

Progetto Melting Pot Europa – Redazione Friuli Venezia Giulia