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La Germania denuncia il verificarsi di abusi in Libia a seguito delle pressioni per fermare i flussi migratori

Patrick Wintour, The Guardian - 30 gennaio 2017

Photo credit: AP

Secondo quanto riportato da un documento inviato al Ministero degli Esteri tedesco dal suo ambasciatore in Niger, le condizioni in cui versano migranti e rifugiati in Libia sono peggiori che nei campi di concentramento.

Da quanto emerso in un reportage pubblicato da Die Welt la scorsa domenica, l’ambasciata tedesca in Niger ha confermato le segnalazioni di esecuzioni, torture e abusi sistematici dei diritti umani verificatisi nei campi profughi lungo la rotta migratoria libica.

L’allarme è arrivato mentre i leader europei si preparavano per una conferenza a Malta lo scorso venerdì per discutere strategie di contenimento dei flussi migratori dall’Africa verso il Mediterraneo in vista del periodo estivo, anche a causa di pressioni esercitate dall’Italia per un approccio più desivo.

Prove delle atrocità commesse in Libia erano già emerse in occasione di un processo in corso a Milano che vede implicato lo Stato italiano contro uno dei maggiori trafficanti di uomini.

La situazione in Libia evidenzia l’urgenza per l’UE di convincere i leader del Paese ad accettare l’allestimento di centri di identificazione da parte dell’ONU prima che vengano fatte ulteriori pressioni per un’inasprimento della politica di respingimento dei migranti trovati a navigare verso le coste italiane.

Gli esponenti del govero italiano hanno sottolineato l’importanza di contrastare il crescente flusso migratorio anche per frenare l’avanzata dei partiti populisti.

L’ambasciata tedesca in Niger ha confermato tramite un telegramma ufficiale l’esistenza di video e foto che comproverebbero quanto emerso da precedenti segnalazioni sulle condizioni da “campo di concentramento” in cui versano le prigioni private gestite dai trafficanti di uomini.

Ogni giorno si assiste ad esecuzioni di un numero imprecisato di migranti, torture, stupri, corruzione ed esilio nel deserto”, afferma il referto.

Secondo le testimonianze di alcuni detenuti, in alcune prigioni si verificano cinque esecuzioni a settimana volte a liberare spazio per nuovi migranti e ad aumentare i profitti per i trafficanti.

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha affermato che l’UE non può concludere un accordo simile a quello siglato con la Turchia per il quale il governo libico riceverebbe una considerevole quantità di aiuti in cambio del contenimento dei migranti in Libia.

Il caos in cui versa il Governo di Unità Nazionale a Tripoli sostenuto dall’ONU rende pressoché impossibile l’invio di donazioni in questa fase.

Anche il Ministero degli Esteri del Regno Unito ha espresso preoccupazione per le segnalazioni sulle condizioni dei campi di detenzione in Libia. Tuttavia, avere accesso a queste strutture è impensabile a causa della totale mancanza di sicurezza e dell’impossibilità del Governo di Tripoli di estendere la propria autorità al di fuori della città.

I funzionari inglesi temono che un simile accordo possa costringere decine di migliaia di africani a ritornare in Libia, nella più completa assenza di campi profughi adeguati. Una delle possibili soluzioni per l’Unione Europea sarebbe il finanziamento di centri di identificazione sul territorio africano gestiti dall’ONU e da altre organizzazioni internazionali volti a registrare i migranti e ad impedirne la fuga attraverso il Mediterraneo.

Al Summit di Valletta, l’UE ha proposto un programma di formazione rivolto alla guardia costiera militare libica per condurre delle operazioni all’interno delle proprie acque territoriali e costringere i barconi a tornare indietro. Simili proposte erano già state avanzate in passato.

Per le imbarcazioni di pattugliamento europee dispiegate al di fuori delle acque territoriali libiche non è legalmente possibile respingere i barconi una volta raggiunte le acquer internazionali. Solo nella giornata di venerdì, la guardia costiera italiana ha salvato 1.000 persone dall’annegamento.

L’attraversamento del Mediterraneo dalla Libia all’Italia è diventata una delle vie di accesso principali all’Europa per migranti e rifugiati. Solo lo scorso anno, un numero record di 181.000 persone hanno raggiunto l’Italia attraverso la Libia.

L’Italia teme un’altra impennata nel numero di attraversamenti nel 2017. I ministri italiani hanno sottolineato che non permetteranno che l’Italia diventi un immenso campo profughi, esercitando pressioni sugli altri Stati membri perché accettino un piano di reinsediamento di parte dei profughi che raggiungono le coste italiane.