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La caccia al nero sui treni per l’Austria: “Profughi respinti, è come l’apartheid”

di Jenner Meletti, Repubblica del 30 aprile 2015

Brennero (Bolzano). Un pugno di rabbia contro la porta che non si apre. “Sit down” aveva detto il poliziotto italiano al ragazzo nero. L’aveva visto nascosto dietro un carrello. “Collega, guarda, quel carrello ha le scarpe“. “Giovane, siediti su questa panchina. Se ti va bene, partirai la prossima volta“. Appena il treno 188 Bologna – Monaco si muove, il ragazzo – avrà 15 anni – scatta verso il binario, non riesce ad aprire la porta bloccata e tira il pugno sul vetro. Un conto è raccontare “occhi pieni di rabbia e disperazione”. Altro conto è vederli, decine, centinaia di volte in appena 24 ore, su questa tratta Verona – Brennero dove da un mese a questa parte puoi salire soltanto se hai la pelle bianca.

Bolzano, ore 11.04 di ieri, binario 3. Davanti ad ogni porta del treno 88 Verona – Monaco ci sono poliziotti, italiani ma anche austriaci e tedeschi. Almeno cento africani, quasi tutti eritrei, provano a salire. I poliziotti dicono no, senza spiegare. Non chiedono documenti, tantomeno i biglietti. Dicono no o nein, allargano le braccia. “Scusi, ma quali sono i criteri di selezione?“. “Entri. Salga lei che può salire e non faccia domande“. Secondi che non passano più, con decine di occhi di ragazzi, donne, uomini e tanti bambini che guardano il “bianco” che sale sul treno. Il treno arriverà al Brennero alle 11.48, a Monaco alle 14.10. Mancherebbero solo tre ore, il sogno sarebbe vicino. E invece bisogna stare fermi qui, a guardare con rabbia questo treno del nuovo apartheid.

Germania, vogliamo andare tutti là. E qualcuno poi partirà per la Norvegia“. Erano arrivati alle 10.04, gli eritrei. Qualcuno la sera prima, come Ayana, 20 anni, che ha fatto dormire i suoi figli Narduz di 3 anni e Finan di dieci mesi sul pavimento del gabbiotto del binario 3, dove l’associazione Volontarius distribuisce tè, biscotti, panini, tonno, mele e giochi per i bambini. I più piccoli riescono anche a ridere. Maravic, 14 anni ma ne dimostra meno, occhiali neri e berretto alla rovescia, parla invece come un grande. “Sono stato due anni in un centro di accoglienza in Etiopia. Poi ho attraversato il deserto e sono arrivato in Libia. Io vado in Norvegia, là mi aspetta mio fratello. Mi ha detto che mi manderanno in una scuola dove c’è anche il computer“.

Landhaus bar, di fronte alla stazione. “E queste persone capaci di attraversare i deserti ed i mari – dice Mario De Riu, segretario del sindacato di polizia Siulp – pensi di fermarli con la Polfer? Guardi, i controlli della Trilaterale (pattuglie miste di Polizia italiana e di Polizei austriaca e tedesca, ndr) sono nati nel 2001 con il trattato di Schengen. Dal novembre scorso le pattuglie sono diventate più attive. Ma in questo ultimo mese tutto è cambiato. Si “selezionano” i viaggiatori impedendo l’accesso ai treni. Io ho chiesto ai superiori: ma questa selezione che basi ha? Basta entrare in una stazione: la cernita è fatta sulla base del colore“.

A Trento l’unico controllato nel vagone di testa era un pakistano, salito a Bologna, per sua fortuna in regola. A Bressanone viene fatta scendere una eritrea che si era messa elegante, con borsone firmato. “Perché io fuori? “. “Perché sì. E fai presto“. “Fra l’altro – dice Mario De Riu – questa è l’apoteosi dell’i- nutilità. Si cerca di fermare una diaspora biblica con quattro poliziotti. Le persone fatte scendere dai treni vengono portate in questura e foto segnalate nell’Eurodac. Chi rifiuta foto e impronte viene denunciato in base all’articolo 650 del codice penale, per inosservanza di disposizione di Polizia giudiziaria. In ambedue i casi, tutti dovrebbero ripresentarsi in questura per dare inizio alle procedure di controllo.

Negli ultimi mesi dell’anno scorso sono state seimila le persone convocate qui a Bolzano. Sa quante si sono presentate? Zero. Non puoi scaricare sugli uomini in divisa un problema che è prima umanitario e poi politico. Se mai si riuscisse a chiudere questa diaspora via treno, loro cercherebbero un’altra via. Già sono stati trovati donne, uomini e bimbi a piedi in autostrada. Dobbiamo aspettarci il ritorno dei passeurs? Una migrante incinta mi ha detto: “Io possiedo solo questo” e si è toccata la pancia. “Lo voglio portare dove può vivere“”.

Anche i treni regionali vengono controllati, ma non tutti, perché non ci sono abbastanza agenti. Via telefono si cercano le informazioni giuste. E così, gli eritrei bloccati alle 11.04 a Bolzano alle 12.01 salgono tutti sul locale per il Brennero. La stazione dell’ex confine si riempie alle 13. “Adesso – racconta Andrea Tremolada, coordinatore area profughi di Volontarius, che qui gestisce il rifornimento di cibo e soprattutto di abiti pesanti – comincerà il ping pong. In un giorno o due riusciranno a prendere un treno per Innsbruck ma tanti saranno fermati e rimandati in Italia. E loro riprenderanno un treno per il Nord“. L’aiuto ai profughi è nato daFacebook, con tanti che si sono trovati per dare una mano. “Arrivano – dicono Armin e Fail – fino a 150 persone al giorno. Servirebbe anche un medico. Ma questo non è un lavoro per la Protezione civile?“.

Guido De Angelis, delegato di base del Siulp, lavora al commissariato Ps del Brennero. “Sì, abbiamo fatto delle collette fra noi poliziotti, prima che aprisse Volontarius. Cibo e coperte, latte per i piccoli. Ma l’abbiamo fatto per noi stessi. Torni a casa, trovi moglie e figli, un letto e un pasto caldo. Se non hai fatto nulla per questa povera gente che scappa da guerra e fame, come ti puoi sentire?“.

Alle 12,01 il treno 88 parte per l’Austria. Anche qui la Trilaterale blocca gli accessi. Quindici eritrei restano a terra. Un’anziana signora bionda nella carrozza 257 fa dei segni al Polizei austriaco. Indica la toilette, fa capire che c’è un nero nascosto lì. Questi invasori vanno respinti. Ma si apre la porta della carrozza 258. Un’altra donna allunga una mano e offre 20 euro a una bambina eritrea. “Buona fortuna“, le dice.