Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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La consapevolezza del proprio ruolo all’interno di una società dicotomica: pro/contro migranti

di Sabrina Yousfi, Cooperaia Alternata SI.Lo.S

Mi piacerebbe dire che tutti gli operatori dell’accoglienza siano persone sensibili, empatiche, preparate. Vorrei poter dire che siano tutti attivisti per i diritti umani e che difendono politicamente il lavoro, consapevoli del sostegno e dell’aiuto che forniscono a persone che necessitano di loro in quel momento. Purtroppo non è così.

In alcuni momenti della vita ho lavorato con équipe allo sbaraglio, composte da persone con nessuna esperienza e nessuna voglia di apprendere. Persone che considerano i migranti meri animali a cui dare una cuccia ed una razione di cibo.

Mi è capitato in alcuni CAS, dove la prefettura non ha mai fatto un controllo dei CV, né della qualità dei servizi, altrimenti queste persone avrebbero dovuto essere condannate dal tribunale dell’Aja. Non mi sono piegata. Ho reagito, detto loro quello che pensavo e mi sono ritrovata alla porta. E porta sia. I ragazzi, i miei ragazzi, sì perché noi operatori li consideriamo «nostri» nel senso materno del termine, hanno pianto, fatto petizioni, eppure non sono stati mai ascoltati. Non che io fossi un’eccellenza, perché non lo sono, ma quando sei abituato ad essere trattato così male, una persona mediamente gentile ti sembra una goccia nel deserto.

In altri momenti della mia vita ho lavorato con équipe meravigliose, coese, formate da persone con esperienza e con altre persone con tantissima voglia di fare sempre meglio. Persone che considerano i migranti degli esseri umani, con tutti i loro limiti e tutti i loro potenziali.

La difficoltà maggiore risiede nel dover spiegare agli «altri» ragazzi che non hanno la possibilità di scegliere; la loro collocazione è nelle mani della sorte ed una buona o una cattiva accoglienza si rifletterà automaticamente sul loro futuro in Italia o in Europa.

L’operatore ha un ruolo fondamentale, di vitale importanza, dunque è estremamente responsabile delle sue azioni. Dell’accoglienza o dei migranti, come lo si voglia chiamare, l’operatore è chiamato a ricoprire determinati ruoli, in base alle sue esperienze e competenze: legale, logistico, sanitario, dell’integrazione. Tuttavia deve essere multidisciplinare, in grado di essere informato su tutte le altre competenze; questa qualità è indispensabile per fare un buon lavoro di équipe.

A differenza dell’ «operatore sociale», il quale si specializza in un’area specifica (donne vittime di violenze, minori, disagio psichico, disabilità fisiche, anziani,) l’operatore dell’accoglienza deve essere in grado di interfacciarsi con tutte queste dinamiche insieme. Si troverà dinanzi un essere umano che potrebbe essere anziano, bambino, donna, con disagio psichico, vittima di tortura o di tratta, adolescente, ecc. e deve essere perfettamente in grado di relazionarsi con tutte queste realtà, di modo da poter aiutare al meglio il beneficiario.

I migranti si rivolgono agli operatori per qualsiasi cosa, perché in questa nuova società sono dei bambini che gattonano e che hanno bisogno di noi per orientarsi. Quando sono in grado di camminare da soli, arriva il momento di lasciarli andare ed alla soddisfazione di aver lavorato bene, si accompagna una tristezza fatta di gioia, perché quell’essere umano ti ha segnato e ti dispiace vederlo andare via.

Ormai lo scenario politico nostrano ed europeo si divide in due partiti: pro – migranti/contro – migranti.

Probabilmente gli operatori dell’accoglienza sono gli unici che possono parlare di migrazione: conoscono i numeri, le statistiche, le difficoltà, i traguardi, le gioie, i fallimenti. Sono gli unici che possono parlare dei migranti, senza estremismi o buonismi, perché ci si interfacciano ogni giorno.

Eppure non vengono ascoltati, oppure coloro che prendono questo dono come un semplice «lavoro» non sono interessati a farlo.

Chi svolge questa professione dovrebbe essere consapevole del suo ruolo, non solo professionale, ma anche sociale e politico, perché che lo voglia o no, le persone lo elogeranno o lo giudicheranno per il suo mestiere.