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La legalizzazione dei documenti stranieri

Scheda aggiornata con la supertabella del 10.08.2021

La legalizzazione dei documenti (certificati, atti, ecc.) provenienti dai Paesi di origine è un problema che riguarda tutti i cittadini immigrati che hanno la necessità di farli valere in Italia, basti pensare, ad esempio, ai documenti necessari per potersi sposare in Italia, il certificato di nascita e il nulla osta al matrimonio, essi devono essere legalizzati in quanto non è possibile procedere alla cosiddetta autocertificazione.

Va premesso, infatti, che l’autocertificazione è riconosciuta in via generale dalla legge italiana per semplificare l’attività amministrativa (legge 4 gennaio 1968 n. 15), come possibilità alternativa rispetto alla richiesta e al rilascio del certificato vero e proprio da parte degli uffici competenti, consentendo che una persona possa autocertificare, dichiarandole sotto la propria responsabilità, determinate circostanze riconosciute in atti pubblici. In passato era tollerato che un determinato certificato straniero fosse utilizzato in Italia avvalendosi di traduzioni fatte direttamente nel territorio nazionale, ma l’art. 2, comma primo, del regolamento di attuazione (d.p.r. 394/99) ha posto dei limiti precisi, distinguendo nettamente ciò che può essere autocertificato da ciò che va necessariamente documentato con documenti originali stranieri da legalizzare. I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli art. 2 e 4 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, limitatamente agli stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti.

In altre parole un cittadino straniero può – alle stesse condizioni di un cittadino italiano – autocertificare determinate circostanze, ma a condizione che siano già ufficialmente note e acquisite presso un ufficio pubblico italiano competente. Ad esempio, se un figlio di cittadini stranieri nasce in Italia sarà sicuramente possibile autocertificare la sua nascita, quindi ovviare alla richiesta del certificato, perché ci sarà sicuramente una registrazione del minore all’ufficio di stato civile in Italia. Diversamente, se il bimbo nasce all’estero non è possibile autocertificare la nascita in Italia perché non è ufficialmente nota a nessun ufficio pubblico italiano.
In quest’ultimo caso dovrà applicarsi la disposizione del comma 2 dell’art. 2 dello stesso regolamento, secondo la quale gli stati, fatti, e qualità personali diversi da quelli indicati nel comma 1 sono documentati, salvo che le Convenzioni internazionali dispongano diversamente, mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana, autenticata dall’autorità consolare italiana, che ne attesta la conformità all’originale, dopo aver avvisato l’interessato che la produzione di atti o documenti non veritieri è prevista come reato dalla legge italiana.

In altre parole, ciò che non è autocertificabile dovrà essere certificato mediante documenti che devono essere legalizzati, quindi non è possibile far valere direttamente in Italia un certificato (anche se munito di traduzione asseverata da un interprete iscritto all’apposito ruolo del tribunale) che non sia stato preventivamente legalizzato presso il consolato italiano del Paese di provenienza.

La procedura della legalizzazione, in pratica, serve ad attribuire validità secondo la legge italiana ad un certificato straniero: esso deve quindi essere preventivamente tradotto da un interprete accreditato dal consolato italiano e poi controllato dall’autorità consolare italiana, allo scopo di verificare che il documento sia stato formalizzato nel rispetto della legislazione del Paese di origine, ovvero che sia stato rilasciato da parte dell’ufficio competente di quel paese.
Il procedimento è particolarmente complesso perché non ha solo allo scopo di assicurare la conformità della traduzione e la verifica del certificato, ma anche di verificare se è rilasciato nel rispetto delle leggi locali e se il funzionario che lo firma è abilitato, dal momento che in Italia nessuno potrebbe sapere e verificare realmente se un determinato documento proveniente da un ufficio straniero sia effettivamente valido. Spesso, poiché il consolato non conosce tutte le firme dei vari funzionari, è necessario richiedere preventivamente la convalida da parte di un’altra autorità del paese straniero (normalmente si tratta del Ministero degli Esteri).

Una strada alternativa. Le rappresentanze consolari in Italia
Viene anche ammessa una prassi alternativa, sempre più diffusa tra i diversi paesi, per cui un certificato può essere rilasciato anche dal consolato del paese straniero operante in Italia, che é, per definizione, il terminale amministrativo di tutti gli uffici del paese di origine. Anche se non è prevista da nessuna legge dello Stato, questa prassi è di fatto riconosciuta come una valida procedura alternativa che potrebbe sembrare molto più semplice e comoda, ma in realtà non è proprio così: normalmente, infatti, anche le rappresentanze consolari in Italia non rilasciano i certificati direttamente a richiesta degli interessati, ma richiedono dei certificati provenienti dal loro paese di origine (senza traduzione o legalizzazione) da esibire alla rappresentanza consolare stessa, che poi rilascia dei propri certificati corrispondenti e direttamente tradotti in italiano. Ma a quel punto si deve comunque procedere alla legalizzazione di quel certificato perché nessun ufficio pubblico italiano è in grado di verificare direttamente se sia valido, cosicché si deve richiedere preliminarmente la legalizzazione della firma del funzionario consolare presso la prefettura competente per territorio, che allo scopo la confronta con la firma appositamente depositata nel suo ufficio.
Questa procedura alternativa non è meno macchinosa né più economica della precedente, ma può essere valutata più o meno conveniente dai diretti interessati anche a seconda della prassi dei singoli paesi.

L’apostille
Vi è poi un’altra possibilità, cui è possibile ricorrere al fine di evitare queste procedure di legalizzazione, che è indubbiamente più economica sia in termini di tempo che di spesa, ovvero di far valere direttamente il certificato straniero munito di una formula direttamente apposta dalle autorità del paese d’origine, la cosiddetta apostille. Questa possibilità non esiste in via generale, ma è prevista solo per i cittadini provenienti dai Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961 relativa all’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri. Nel corso degli anni è stata ratificata e resa esecutiva da molti Stati e prevede che non sia necessario procedere alla legalizzazione dei certificati presso le autorità consolari, potendo la stessa essere sostituita dalla cosiddetta apostille (in italiano postilla).

Che cos’è l’ apostille – Si tratta di una specifica annotazione che deve essere fatta sull’originale del certificato rilasciato dalle autorità competenti del Paese interessato, da parte di una autorità nazionale identificata dalla legge di ratifica del Trattato stesso (che in sostanza si sostituisce all’autorità consolare straniera nella verifica del documento).
L’ apostille sostituisce la legalizzazione presso l’ambasciata, quindi una persona proveniente da un Paese che ha aderito a questa Convenzione non ha bisogno di recarsi presso il consolato italiano e chiedere la legalizzazione, ma può recarsi presso l’autorità interna di quello Stato, indicata per ciascun Paese nell’atto di adesione alla Convenzione stessa (normalmente si tratta del Ministero degli esteri) per ottenere l’annotazione della cosiddetta apostille sul certificato. Così perfezionato, quel documento deve essere riconosciuto in Italia, perché anche l’Italia ha ratificato la Convenzione e quindi in base alla legge italiana quel documento deve essere ritenuto valido, anche se redatto nella lingua di un diverso Paese (al punto che, nel caso il certificato non sia redatto in forma plurilingue, dovrebbe essere sufficiente una normale traduzione che si può ottenere anche in Italia per farlo valere di fronte alle autorità italiane).

La Convenzione riguarda specificamente l’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri tra i quali rientrano, per espressa previsione della stessa, i documenti che rilascia un autorità o un funzionario dipendente da un’amministrazione dello Stato (compresi quelli formulati dal Pubblico Ministero, da un cancelliere o da un ufficiale giudiziario), i documenti amministrativi, gli atti notarili, le dichiarazioni ufficiali indicanti una registrazione, un visto di data certa, un’autenticazione di firma apposti su un atto privato, mentre invece non si applica ai documenti redatti da un agente diplomatico o consolare e ai documenti amministrativi che si riferiscono a una operazione commerciale o doganale. Dunque, la gamma di documenti per i quali si può superare l’esigenza di legalizzazione, mediante richiesta e annotazione della cosiddetta apostille direttamente da parte delle autorità interne dello Stato di provenienza, è amplissima e si tratta di documenti che normalmente riguardano i rapporti di parentela, legami familiari, ovvero tutte quelle situazioni che in buona sostanza interessano la quasi totalità degli immigrati.

Redazione

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