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La lunga attesa della Diciotti, senza manette

di Marco Rizzo, giornalista e scrittore

Foto scattata ieri a bordo della Diciotti dal personale di Intersos

Quello del giornalista è un mestiere fatto di attese. Nelle aule di tribunale, in Transatlantico, nelle anticamere dei potenti. Sui moli. Il molo Ronciglio, propaggine tra la falce di Trapani e le antiche saline dai colori rosati, ieri è stato al centro del dibattito politico e, pare, di accese discussioni tra e nei palazzi del potere.

Dalle 8:30 del mattino e fino alle 14:45, un numero insolitamente cospicuo di giornalisti ha atteso sul molo, già teatro di vari sbarchi, la nave Diciotti della Guardia Costiera. Lo scorso 10 luglio il mezzo militare aveva trasbordato 67 migranti tratti in salvo poche ore prima dal rimorchiatore Vos Thalassa. Come noto la GC è intervenuta su richiesta della stessa nave privata, battente bandiera italiana, che aveva denunciato tensioni a bordo tra i migranti e l’equipaggio, causate dal diffondersi della notizia della loro consegna alle motovedette libiche.

Si è parlato di ammutinamento, di spintoni, di minacce. Le notizie sono poco chiare e in parte sono state ridimensionate, ma sappiamo per certo che ieri, intorno alle 16, un rapporto su quanto rilevato dalla polizia e dallo Sco proprio a bordo della Vos Thalassa, dove gli agenti erano stati condotti in elicottero, è finito sul tavolo del procuratore Alfredo Morvillo a Trapani.

Nel frattempo, i migranti non erano ancora stati sbarcati, e neppure la passerella era ancora stata poggiata. Nella tarda mattinata, un medico si è rifiutato di salire a bordo finché non avrebbe avuto garanzie che i migranti sarebbero stati sbarcati in giornata. Ore dopo, alle 18:30, il personale USMAF è entrato da un ingresso laterale, tramite gommone. La scaletta è stata poggiata solo alle 22:15, dopo un appello del presidente della Repubblica, un annuncio del presidente del Consiglio e un lungo vertice in procura. Altre ore di attesa estenuante, insomma, per i sei bambini, le tre donne e i 58 uomini a bordo, che ricevuta la notizia che sarebbero sbarcati di lì a poco, l’hanno accolta con dei canti.

I primi a sbarcare sono stati i due presunti “sobillatori” dell’agitazione a bordo della Vos Thalassa. Non in manette, come si augurava il ministro Salvini, ma accompagnati dalla polizia verso un’auto ai piedi della scaletta, che ha acceso le sirene dopo essere uscita dall’area del molo. Forse l’immagine dell’auto dai vetri oscurati giustamente ripresa da tanti colleghi può essere considerata bastevole per chi si aspettava un atteggiamento esemplare dopo le voci sul cosiddetto “dirottamento”. Eppure nessuno, al momento, risulta in stato di fermo o di arresto, cosa che ha portato Salvini a dirsi “stupito, sorpreso e rammaricato”. Il sudanese Ibrahim Bushara e il ghanese Hamid Ibrahim sono indagati per violenza privata in concorso continuata e aggravata ai danni del comandante e dell’equipaggio del rimorchiatore.

I due “facinorosi” come li definì un altro ministro, Toninelli, risulta siano stati interrogati su quanto avvenuto sulla Vos Thalassa anche se attendiamo notizie più precise. Gli altri migranti sono stati condotti all’hotspot ed ex Cie di Milo.

Tra loro c’è un giovane egiziano, Mohamed, che perse il padre da piccolo e in quanto primogenito si trovò costretto a cercare lavoro da adolescente. Lo fece in Libia, dove è rimasto bloccato dallo scoppio della guerra civile. Rapito per una richiesta di riscatto dalle milizie, gli tagliarono un dito per insegnargli a obbedire.

C’è un bambino che ha visto per la prima volta il tramonto ieri, perché nel suo paese vige il coprifuoco.

C’è una bambina, la cui foto è diventata il simbolo di questo viaggio, che in braccio ai mediatori culturali di Intersos si è emozionata guardando i delfini giocare con gli schizzi della nave.

Ci sono uomini e donne che ieri, mentre il bus li accompagnava fuori dal molo, facevano il segno di vittoria ai manifestanti riuniti per dimostrare solidarietà sin dalle prime ore del mattino. Non hanno idea, visto che sono stati tenuti all’oscuro del gioco politico di cui sono stati loro malgrado protagonisti, del peso di quella vittoria. La vittoria dell’umanità, del buon senso, della legge.