Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La nave Aquarius torna in mare pronta a salvare vite dopo una pausa tecnica e strategica a Marsiglia

Photo credit: SOS MEDITERRANEE (repertorio)

Due anni e mezzo dopo essere salpata per la prima volta dal porto di Marsiglia, oggi la Aquarius – la nave di soccorso noleggiata da SOS MEDITERRANEE e gestita in partnership con Medici senza Frontiere (MSF) – riprende il mare. Malgrado il contesto operativo nel Mediterraneo sia radicalmente mutato, la missione della Aquarius resta ancorata alla convinzione che non ci sia alternativa al salvare vite in mare e al principio, radicato nella tradizione marittima, che nessun essere umano può essere lasciato morire in mare.

Da quando ha lasciato per la prima volta il porto di Marsiglia, nel febbraio 2016, la Aquarius ha impedito che 29.318 tra donne, uomini e bambini (2.979 dei quali nel 2018) annegassero in mare.

«Mentre la tragedia umanitaria in mare continua alle nostre porte, il fallimento dell’Europa nel fornire una risposta è sotto i nostri occhi: oltre 1.100 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale dallo scorso gennaio, di cui quasi due terzi (721) dall’inizio di giugno, quando ai mezzi di soccorso civile è stato impedito di operare nelle acque internazionali al largo della Libia», afferma Frédéric Penard, direttore delle operazioni di SOS MEDITERRANEE.

«La rotta del Mediterraneo centrale è la più letale al mondo» dichiara Aloys Vimard, coordinatore di MSF a bordo della Aquarius. «Oggi, con pochissime navi umanitarie rimaste in mare e nessun meccanismo dedicato di ricerca e soccorso messo in atto dagli Stati europei, l’assistenza umanitaria è necessaria più che mai. Il soccorso in mare di persone in difficoltà resta un obbligo legale e morale. Questo disprezzo per la vita umana è spaventoso».

Per la dott.ssa Claudia Lodesani, presidente di MSF in Italia, «nonostante la situazione sempre più complessa nel Mediterraneo centrale, il nostro obiettivo resta lo stesso che ci ha spinto a scendere in mare: salvare vite, impedire – nel modo più rapido ed efficace possibile – che uomini, donne e bambini anneghino, e portarli in un porto sicuro, dove i loro bisogni primari siano assicurati e i loro diritti tutelati e garantiti» .

I recenti sviluppi, secondo le Ong, sono molto preoccupanti. A cominciare dal riconoscimento alla fine di giugno di un Centro di coordinamento del soccorso libico (JRCC) da parte dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO). E ancora: la chiusura dei porti europei più vicini alle Ong che fanno ricerca e soccorso, le conclusioni incoerenti uscite dall’ultimo Consiglio europeo nonché l’assenza di un piano concreto a livello europeo che lascia le navi umanitarie nell’incertezza. Per la prima volta dopo oltre due anni ininterrotti di operazioni di ricerca e soccorso in mare al largo delle coste libiche, la Aquarius è stata costretta a fermarsi in porto per lungo tempo in modo da potersi adattare, sul piano strategico e tecnico, al contesto drasticamente mutato.

Aggiustamenti sul piano giuridico, tecnico e della trasparenza per fronteggiare il nuovo contesto in mare

Mentre la Aquarius torna in mare, il quadro operativo resta fermamente ancorato ai princìpi marittimi fondamentali: il soccorso in mare è un obbligo giuridico, le operazioni sono coordinate da un MRCC (Centro per il coordinamento del soccorso marittimo) competente, i salvataggi devono essere condotti il più velocemente e nel modo più efficiente possibile da tutte le imbarcazioni disponibili, i superstiti devono essere condotti nel porto sicuro più vicino.

Fino a quando la Libia non potrà essere considerato un posto sicuro, la Aquarius non farà mai sbarcare alcuna persona in un porto libico. Ribadiamo questi princìpi dopo le consulenze ricevute da parte di esperti legali.

La trasparenza è da sempre un aspetto cruciale della missione della Aquarius. La nave torna in mare come una “sentinella civile nel Mediterraneo”. Un diario di bordo online verrà lanciato subito dopo la partenza. Sarà completamente accessibile al sito www.onboard-aquarius.org e verrà aggiornato in presa diretta. Servirà a documentare l’attività della Aquarius nel Mediterraneo centrale.

Per far fronte all’accresciuta complessità delle operazioni di soccorso, la Aquarius ha subìto aggiustamenti anche sul fronte tecnico. È stata equipaggiata con un nuovo Rhib (lancia di salvataggio) per consentirle di soccorre in modo più efficiente un numero maggiore di persone. Per fronteggiare potenziali blocchi o periodi di tempo prolungati in mare è stata potenziata l’autonomia dei viveri e la nave è stata dotata di celle frigorifere con l’obiettivo di rispettare la dignità delle persone decedute.

«Le missioni umanitarie, come quelle della Aquarius, sono state lanciate nel 2016 sulla spinta di un principio fondamentale, radicato nella tradizione marittima, secondo cui nessun essere umano dev’essere lasciato annegare in mare. Questo è il dovere principale della gente di mare e non può essere messo in discussione, mai, e noi non lo negozieremo», spiega Valeria Calandra, presidente di SOS MEDITERRANEE Italia.

Le équipe di MSF e SOS MEDITERRANEE a bordo della Aquarius ribadiscono che:

– Aquarius continuerà a soccorrere persone in difficoltà in mare nel pieno rispetto del diritto marittimo.

– Aquarius continuerà a coordinare la propria attività con tutte le autorità marittime competenti nel rispetto delle convenzioni internazionali marittime.

– Aquarius rispetterà ordini di non-intervento solo se saranno dispiegate altre navi per assistere le persone in difficoltà e portarle in un porto sicuro. La Aquarius rispetterà un ordine di non-intervento solo se sarà chiaro che tutte le altre risorse e assetti disponibili saranno dispiegati per salvare le persone in pericolo e portarle in un porto sicuro. Soccorrere un’imbarcazione in difficoltà è un obbligo legale.

– Aquarius non sbarcherà in Libia persone soccorse in mare. La Libia non è un posto sicuro per rifugiati, richiedenti asilo e migranti. Un posto sicuro è un luogo dove vengono assicurati i loro bisogni primari, ma anche dove possono chiedere la protezione a cui potrebbero avere diritto e dove non rischiano di subire ulteriori abusi e violazioni. Oggi la Libia non è riconosciuta come un porto sicuro.

– Rifugiati, richiedenti asilo e migranti intercettati in mare non devono essere riportati in Libia. Per questo la Aquarius sarà costretta a rifiutare qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe in Libia.

«Dopo le intercettazioni sempre più frequenti della Guardia Costiera libica, ora anche la nave italiana Asso 28 ha riportato in Libia 108 persone soccorse in mare, un precedente inaccettabile che potrebbe rappresentare una grave violazione della legislazione internazionale sul diritto d’asilo, conclude Lodesani, presidente di MSF. La Libia non è un posto sicuro, nessuno deve essere riportato nel paese».