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La rabbia dei volontari di Calais per gli abusi di potere in divisa

di Louise Hemmerlé - Francetvinfo del 22 luglio 2017

Deux policiers à proximité de migrants, à Calais (Pas-de-Calais), le 1er juin 2017. (PHILIPPE HUGUEN / AFP)

L’obiettivo è aiutare donne, uomini e bambini a sopravvivere. Ma a Calais (nella regione di Pas-de-Calais, nel nord della Francia), i volontari che distribuiscono acqua, cibo e vestiti ai migranti si sentono ostacolati dalla polizia. Il loro compito, infatti, diventa sempre più difficile, in seguito alle intimidazioni, agli obblighi di sospensione della distribuzione e alle varie multe che le associazioni hanno collezionato. “A Calais, la polizia si dà alla pazza gioia”, denuncia Yann Manzi, il fondatore di Utopia 56. Le associazioni non solo sono demotivate: si sentono addirittura abbandonate dal Governo e nello specifico dal Ministro degli Interni Gérard Collomb, che in occasione del suo passaggio a Calais il 22 giugno scorso li ha persino invitati ad andare “a mettere in pratica il loro know-how altrove”.

Franceinfo ha raccolto le loro testimonianze.

Di lacrimogeni e di violenze fisiche

Era la fine di maggio e in una lettera inviata a Emmanuel Macron le associazioni avevano già denunciato “una caccia all’uomo”, “delle violenze poliziesche illegittime” e “il maltrattamento dei rifugiati”. Dall’inizio di luglio, però, la situazione è addirittura peggiorata e i volontari temono ormai un’escalation della violenza da parte della polizia. “Abbiamo superato il limite la settimana scorsa, nella notte tra il 13 e il 14 luglio” – racconta Lucie, volontaria e addetta alla comunicazione dell’associazione Utopia 56 a Calais. Gaël, che ne è il responsabile, “si è preso una manganellata in testa mentre cercava di calmare i migranti durante un intervento della polizia”.

In un video – che franceinfo ha potuto visionare – si vede un poliziotto spingere violentemente l’attivista e brandire il manganello. Le immagini della GoPro, che Gaël aveva fissato in vita, non permettono di vedere il colpo, ma lo si sente chiedere immediatamente al poliziotto di calmarsi. “Calmarsi? Ma cosa? Cosa vuol dire?” inveisce il poliziotto di rimando. “Ho ricevuto un colpo, forse non volontario, ma l’ho ricevuto”, spiega allora Gaël ad un collega in divisa che si affretta a smentire la versione.

Verso mezzanotte, lo stesso giorno, un poliziotto ha lanciato un lacrimogeno dentro un camion che conteneva dei vestiti e del cibo. Pensavamo si trattasse di un incidente isolato, ma la stessa cosa è successa l’indomani in pieno giorno – assicura Lucie a franceinfo – quando hanno lanciato un lacrimogeno dentro un camion al cui interno vi erano dei volontari”.

La stessa cosa è successa a Alan, un volontario britannico di Auberge des migrants, durante una distribuzione d’acqua il 16 luglio scorso. “Uno dei poliziotti […] ha usato il suo spray al peperoncino per far andare via i rifugiati. Poi, me l’ha spruzzato in faccia”, ha spiegato nella sua deposizione. Il volontario ha deciso di sporgere denuncia.

La sospensione delle distribuzioni

Oltre alle violenze fisiche, le associazioni – da noi contattate – denunciano le violenze verbali degli agenti di polizia. “Ci dicono di tutto, che quello che facciamo è vietato, che non abbiamo il diritto di essere qui e ci ordinano di allontanarci”, racconta Vincent de Coninck, un incaricato della missione del Secours catholique a Calais. “Siamo obbligati a spiegare loro tutto, ad insegnare in quale quadro legale operiamo”.

Le distribuzioni di cibo e di acqua vengono sospese regolarmente. “È un abuso di potere, un ostacolo alla distribuzione”, secondo Yann Manzi di Utopia 56. Claire Millot, che con l’associazione Salam si occupa di distribuire la colazione ai migranti, ne ha pagato le conseguenze domenica scorsa.

Con un gesto della mano hanno rovesciato tutto il cibo. Con l’altra tenevano i loro spray. Poi hanno calpestato il pane con le loro scarpe. Non abbiamo potuto fare nulla” dichiara Claire e lamenta che “la polizia non ha nessun documento da mostrare”, denunciando così l’arbitrarietà delle loro azioni. Contattata da franceinfo, la prefettura di Pas-de-Calais mostra di non evitare la questione e ammette che “nessuna ordinanza impedisce di distribuire a una tal ora ad un’altra o in questo o quel luogo”. Resta che si preferisce che le distribuzioni siano sempre “regolate dalla polizia”.

Contravvenzioni ripetute e abusive

Le associazioni si sentono stritolate da contravvenzioni molto frequenti che reputano abusive. “I controlli dei nostri mezzi possono durare fino a 40-50 minuti”, riporta François Guennoc, portavoce di Auberge des migrants. “Si fermano quando trovano qualcosa che non è in regola. Delle volte non possiamo nemmeno contestare le multe che ci danno, perché stiamo effettivamente infrangendo la legge” riconosce l’attivista. “Ma stanno facendo davvero di tutto per penalizzarci. Abbiamo ricevuto delle multe perché le due ruote di uno dei mezzi non erano della stessa marca, per esempio, o anche perché non c’era più il liquido lavavetri” aggiunge.

Il 18 luglio scorso, l’associazione ha tra l’altro postato sulla sua pagina Facebook la fotografia della multa presa per “circolazione di veicolo a motore non munito di pneumatici”. “L’ufficiale incaricato ha sicuramente dimenticato qualche parola, ma una contravvenzione del genere mostra bene l’assurdità dei motivi per i quali ce la fanno pagare” aggiunge ironico François.

Auberge des migrants afferma di avere accumulato, solo negli ultimi due mesi, quasi 1500 euro di contravvenzioni. Per un’associazione come questa, che di certo non naviga nell’oro, si tratta di denaro che sarebbe dovuto servire all’acquisto di beni di prima necessità: per questo, è stata lanciata una colletta di donazioni per pagare le multe. In risposta, la Prefettura di Pas-de-Calais si limita a ricordare che le associazioni sono libere di fare ricorso. “È davvero uno spreco di energie per noi – si dispiace Loan Torondel, uno dei coordinatori di Auberge des migrants – non facciamo altro che distribuire cibo e acqua, non facciamo niente di illegale. Non è impedendo ai migranti di mangiare e bere che si regolarizza la situazione”.