Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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La violenza del web per fermare le donne favorevoli all’accoglienza

Una montagna. Di merda, ma pur sempre una montagna.
Io, ci ho pure provato, a spalarla. Volevo vedere se sotto c’era qualcosa che non fosse odio, ignoranza, paura, squallore. O più semplicemente, vigliaccheria.
Ci ho provato, io, ad intervistarli.

Di cosa sto parlando? Di tutti coloro che navigano sul web sono per sputare insulti. Degli “haters“, per dirla all’inglese. Gli “odiatori” che usano i social solo per dar sfogo alle loro frustrazioni, distribuendo ingiurie gratuite, mai motivate, sempre violente. Qualche volta lo fanno anche di mestiere. Più spesso lavorano gratis. Sempre, le ingiurie sono a sfondo sessuale. Sempre, le vittime sono donne.

La denuncia della presidente della Camera, Laura Boldrini, che in occasione della giornata contro la violenza sulle donne ha reso noto i nomi e le frasi con le quali viene quotidianamente ingiuriata sui social, ha portato al centro del dibattito sulle pari opportunità di genere, una questione che non può essere liquidata semplicemente come “i deliri di pochi folli“, perché si tratta di un’arma, consapevole o inconsapevole, atta ad estromettere dalla politica o dalla società le donne che ne vengono fatte oggetto. “Molte donne – ha sottolineato la presidente – devono scegliere se rinunciare al dibattito sull’agorà digitale o chinare il capo e subire violenze inaudite”.

Non solo Laura Boldrini. Sono tante, tantissime le donne, e in particolare quelle impegnate in politica, che vengono continuamente fatte oggetto di questi feroci assalti verbali. Gaia Righetto, attivista dello spazio sociale Django di Treviso è una di queste. Coraggiosamente, e, ripeto, coraggiosamente, Gaia ha raccolto qualcuno dei commenti che le vengono vomitati addosso da quando, qualche giorno fa, ha condotto una protesta a base di letame (quello vero, quello da cui “nascono i fior”. Ben diverso dalla merda che si raccoglie sul web) alla sede della lega di Quinto. Uno sputo di paese della Marca, salito all’onor delle cronache per aver alzato barricate tutt’altro che eroiche contro un pulmino con a bordo una spaventata donna migrante che era attesa al centro di accoglienza gestito dalle suore.

“Subito dopo la nostra iniziativa, sul mio profilo Facebook e su quello del Django sono apparsi pesanti insulti, quasi tutti a sfondo sessuale, nei miei confronti – racconta Gaia -. Molti profili erano chiaramente fake, altri di persone mai conosciute che vivono nel Lazio o in Regioni distanti. Il che mi fa supporre che ci sia stata una regia comune dietro questi attacchi. Poi ovviamente la cosa si è ingigantita con i commenti apparsi sotto gli articoli dei giornali locali e nella pagine Fb ufficiali della lega e di Matteo Salvini. Per non parlare dei messaggi privati che mi sono arrivati tramite i social”.

Possono delle semplici parole essere considerate “violenze inaudite”, per dirla con la Boldrini? Chi dice di no, o è in malafede o non ha riflettuto abbastanza sul ruolo della parola che è il laccio con il quali stringiamo quell’insieme di relazioni che costituisce la nostra realtà. E’ sulle parole che dio ha costruito l’universo. Poi è arrivato Mark Zuckerberg che le ha infilate tutte dentro il suo social.

Ma più che la filosofia, parlano gli esempi. Eccovene qualcuno.
Come vedrete, non faremo i nomi, ma i nomi e i cognomi, pure.
Se non ce la fate a reggerli, saltate alla fine del corsivo e non perderete la mia stima. Attenzione che è tutta merda tirata su col “copia e incolla”. Gli errori e le sgrammaticature sono tutti loro.

Alessandro Nalli Questa ragazza spero che venga stuprata un giorno da qualche immigrato!!!!!
Marco Sara’ mica che il troppo sesso anale le abbia spinto la cacca su su fino al cervello?
Marco Cavendon Ha bisogno di una bella penetrazione islamica sta ragazza, di quelle che facevano i pirati barbareschi o gli ottomani alle schiave cristiane.
Mimma D. Maspero non voglio traumattizzarti Giiorgio ma pensa piuttosto cosa si può nascondere tra le cosce di certe filoimmigrazioniste…
Giorgio Manuli Spero di non provare certe esperienze preferirei un abbondante inalazione di gas lacrimogeno
Mimma D. Maspero mah, dipende se è avezza all’ingoio mi sa di no
Giorgio Manuli ingoia ingoia di tutto e di più fidati
Fabio Massimo Mascolo datele un bel negrone … in fondo è quel che queste donzelle cercano
Rossella Ceriali Righetto vai a far da mediatrice a quelle mille bestie che stanno mettendo a ferro e fuoco un intero quartiere di Torino… Vediamo come celebrano con te la giornata della violenza contro le donne.

Letto tutto? Bravi! E sono solo degli esempi, e neppure i più infami. Scusate la brutalità di quanto pubblicato, ma come per i bambini di Aleppo smembrati dalle bombe, certe cosa bisogna proprio farle vedere. Se no, si rischia di non credersi.
Ora torniamo alla parte razionale dell’articolo.

Dicevo in apertura che gli ho mandato una lettera, ad alcuni di questi “odiatori”, chiedendo loro una intervista. L’ho fatto perché volevo capire, prima di raccontare.
Così ho scritto:

Buongiorno a lei,
sono un giornalista e sto conducendo una inchiesta sugli insulti verbali a sfondo sessista nei social. Sul genere di quanto denunciato dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, tanto per capirci.
La contatto perché ho trovato alcuni suoi commenti su Fb riguardanti una ragazza, Gaia Righetto, attivista di uno spazio sociale di Treviso.
Non vorrei entrare nei termini della questione sulle tematiche dei migranti (che esulano dalla mia inchiesta) ma focalizzarmi sull’insulto sessuale in sé.
Mi sarebbe utile concordare con lei una breve intervista che le ruberà dieci minuti al massimo. Se fosse disponibile mi contatti al 347 *.
In alternativa, le chiedo la gentilezza di rispondere, anche brevemente, alle seguenti domande.
1 Cosa ne pensa della differenza di genere? Ritiene la posizione delle donne paritaria nella nostra società?
2 Come colloca l’insulto sessuale all’interno del suo pensiero sul genere? Mi spiego meglio. Se dovesse insultare me, che sono maschio ed etero, preferirebbe adoperare un normale turpiloquio oppure cavalcherebbe lo stesso “streaming” sessista, accusandomi di essere un prostituto che si concede a troppe donne a fini lucrativi o che considera le tematiche migratorie solo un fine per ottenere i favori espliciti di tante donne nere? Oppure, pur sapendo che sono etero, userebbe ugualmente il consolidato vocabolario bullistico che si adopera nei confronti dei gay?
3 L’offesa sessista le regale un senso di gratificazione? In altre parole, la fa “sentire meglio” sotto il profilo dell’auto gratificazione? La considera più un palliativo per una supposta impotenza argomentativa, una sorta di terapia psicologica di sfogo oppure è davvero convinto che possa essere confinato nella mera facezia?
4 La presidente Laura Boldrini ha sottolineato come molte donne siano costrette a rinunciare al dibattito politico per timore della gogna mediatica. I suoi insulti sono consapevolmente una tentativo per tacitare un avversario politico, sia pure tramite una metodologia discutibile, oppure li considera solo uno sfogo? Nel primo caso, non ritiene che questo possa costituire un impedimento al raggiungimento di una società paritetica? Nel secondo, non ritiene che il problema sia più suo che dell’oggetto dei suoi insulti?
5 Per ultimo, qualche domanda personale per le quali mi scuso e, se preferisce, può omettere nelle sue risposte. Quale è il suo grado di istruzione? Quali libri sta leggendo in questo momento? Che lavoro fa? Si sente frustrato nella suo occupazione o nella sua vita affettiva?Verifica puntualmente le notizie che rilancia? Se sì, come? Alcuni psicologi mettono in relazione gli insulti sessisti a deficienze in un corretto approccio alla sfera sessuale. Che ne pensa?

Grazie mille e mille cordialità
riccardo bottazzo

Più gentile e professionale di così, proprio non saprei! Così, credeteci, son rimasto male nel constatare che nessuno mi abbia risposto. In compenso, mi hanno bannato tutti in meno di 24 ore.

Allora ho capito che non c’è niente da fare. Sotto quella montagna di merda c’è solo altra merda. Paura, livore, ignoranza e odio che generano altra paura, altro livore, altra ignoranza, altro odio. Sfottere questi miserabile per la meschina ignoranza nella quale conducono le loro vite sarebbe più facile che pigliare per il culo Lapo. Ma non voglio farlo.
Il punto piuttosto, è che questa merda non si può spalare e neppure arginare. Semplicemente, non bisogna permetterle di impestare il web. Come quel fascismo di cui si nutre, non ha diritto di cittadinanza in una società che aspira a definirsi civile.

Questi commenti non possono stare sotto le pagine web dei giornali. Non possono perché sono spazi giornalistici e la deontologia professionale obbliga, ripeto, obbliga i colleghi a bannarle. L’Ordine deve vigilare e sanzionare. Già lo fa sui quotidiani cartacei, ma il web, chissà perché, è ancora considerato un giornalismo con regole tutte sue.

Non possono nemmeno comparire sui social. Facebook periodicamente promette più controlli. Puntualmente, non lo fa mai. Neppure la presidente di Camera è riuscita a farsi bannare un post in cui veniva definita “troia pompinara”.
Il fatto è che per il social di Zuckerberg noi non siamo clienti. Siamo lavoratori. E della migliore qualità! Quelli che lavorano con passione, senza guardare a festività o ferie, e non pretendono neppure essere retribuiti! Il sessismo, la xenofobia, il bullismo… per chi tira i profitti di Fb è solo ottima merce che fa reddito.

E poi ci sono i siti. Quelli farlocchi, taroccati, bugiardi che si inventano infamate per i tre centesimi di un click e le cui notizie vengono puntualmente rilanciate da quelle miserie umane sopracitate.
A lavorare per smentirli gli si fa un favore, perché è tutta pubblicità. E poi, come sanno tutti i giornalisti, si fa prima ad inventarsi una balla che a scrivere un articolo. Anzi, la bufala è sempre più cliccata, più letta, più creduta. Insomma, più “social”.

Ma tutta questa merda non può navigare sul web. Non invochiamo una censura. Censura che, per come stanno andando le cose – scendi in piazza per contestare il Governo e ti ritrovi licenziato e manganellato – alla fin fine colpirebbe soltanto chi lavora, inevitabilmente anche tramite i social, per costruire un movimento di opposizione al liberalismo. Persone assai più pericolose di quei leoni da tastiera che tremano per la paura di accogliere anche una sola profuga.

Ma bisogna capire che in una società non tutto è ammissibile. In questi casi, la censura non c’entra niente. Invocare lo stupro castigatore per chi la pensa diversamente da te, non ha nulla a che fare con la libertà di espressione. Va punito come chi dà un pugno nello stomaco. E, se lo si fa a una donna, ci vuole l’aggravante come per il femminicidio.

Ci vorrebbe la volontà politica di intervenire seriamente. Una volontà determinata, comune e trasversale perché non riguarda l’ideologia politica ma il vivere civile.
Volontà, purtroppo, ben lontana dai nostri orizzonti. Troppe fortune politiche sono state costruite e consolidate proprio attraverso quei disgustosi messaggi di odio che andiamo a combattere.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.