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La violenza sessuale, l’arma contro le donne rohingya in Myanmar

Icíar Gutiérrez, Desalambre (El Diario) - 17 ottobre 2017

Photo credit: Human Rights Watch.

Quando Shakila è arrivata a Cox’s Bazar, un distretto del Bangladesh sud-orientale, i medici hanno dovuto assisterla con urgenza a causa degli abusi sessuali subiti nello Stato di Rakhine, in Myanmar (Birmania). Sfinita, questa rifugiata rohingya ha raccontato al personale umanitario di aver anche assistito all’assassinio di suo marito e di sua figlia.

Fatima, 30 anni, ha attraversato la frontiera con il Bangladesh dopo aver visto come alcuni uomini abbiano violentato e ucciso sua sorella. “È stata assassinata dopo uno stupro di gruppo, davanti a miei occhi. Mi hanno buttato acqua bollente sul corpo. Non riesco a dormire, la mia vita è un incubo, non riesco a sopportare il dolore di aver perso mia sorella”, racconta questa donna rohingya in una testimonianza 1 raccolta dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA).

Shakila e Fatima sono un’eccezione. La maggioranza, dice lo UNFPA, non cerca assistenza medica né racconta l’inferno che ha vissuto, per paura, vergogna o per lo stigma di aver subito una violenza sessuale. Per questa ragione, è molto difficile conoscere la portata reale delle violenze sessuali presumibilmente perpetrate dall’Esercito birmano, stando alle testimonianze individuali delle rohingya. Le poche cifre che offrono, assicurano, “sono solo la punta di un iceberg”.

La sofferenza è diffusa talmente su larga scala che è difficile comprenderne la reale portata”, osserva in un’intervista con eldiario.es Roy Wadia, dell’ufficio regionale Asia-Pacifico dello UNFPA. La direttrice esecutiva dell’organismo, Natalia Kanem, chiede di non “sottostimare” i livelli di violenza ai danni delle rohingya, che arrivano nei campi profughi del Bangladesh praticamente solo con quanto hanno indosso.

A Cox’s Bazar centinaia di donne e bambine hanno ricevuto assistenza per violenza di genere dallo scorso 25 agosto, quando gli insorti del cosiddetto Esercito di Salvezza Rohingya di Arakan (ARSA) assaltarono una ventina di stazioni di polizia. La rappresaglia militare scatenatasi da quel giorno ha costretto alla fuga 537.000 persone di questa etnia musulmana verso il territorio bengalese. Più di 120.000, stimano allo UNFPA, sono donne in età fertile.

Livelli “eccezionalmente elevati” di violenza sessuale

Pur non potendo verificare in modo autonomo ogni storia di aggressione sessuale o di altre violenze, dato che stiamo operando in Bangladesh e i rifugiati raccontano ciò che affermano di aver vissuto in Myanmar, ci sono molte testimonianze che raccontano di abusi e altre violenze, o di aver visto altre persone subire un’aggressione a sfondo sessuale”, spiega il responsabile dello UNFPA.

Oltre la metà delle rifugiate rohingya assistite in Bangladesh hanno subito un abuso sessuale, “una percentuale eccezionalmente elevata”, a giudizio dell’Agenzia delle Nazioni Unite. “Ciò segnala un’evoluzione piuttosto preoccupante”, affermano.

A fine settembre, anche il direttore generale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, William Lacy Swing, ha lanciato un grido di allarme, assicurando in un comunicato di essere “estremamente impressionato e preoccupato” per le “sempre più frequenti segnalazioni” dei rohingya – soprattutto donne e giovani – che sono stati vittima di violenza sessuale o di genere.

Allora i medici dell’OIM avevano curato “dozzine” di donne che avevano subito questo tipo di soprusi. Alcuni di essi si espressero pubblicamente sulle violenze, mostrando referti medici riportanti evidenze di penetrazione forzata, percosse, tentativi di violenza “con la canna della pistola”, come anche tracce di mutilazione genitale, secondo quanto ha pubblicato l’agenzia Reuters 2 . Un fatto piuttosto inusuale, dato che il personale delle agenzie delle Nazioni Unite raramente si esprime riguardo le aggressioni sessuali apparentemente commesse da forze armate statali.

Non possiamo confermarlo”, ribadisce la Wadia alludendo al fatto che sostanzialmente l’ONU non ha accesso alle aree interessate in Myanmar. “Tutto quello che possiamo fare è raccontare le esperienze delle donne e delle altre persone che arrivano in Bangladesh, che affermano che i militari birmani hanno perpetrato molte di queste atrocità”, spiega.

Esistono diverse segnalazioni di militari che, in Birmania, hanno compiuto abusi – inclusi stupri di gruppo – a danno delle donne rohingya, sia nel corso della repressione securitaria delle ultime settimane, sia nel 2016”, sostiene Human Rights Watch (HRW) 3 .

L’ONU segnala possibili crimini contro l’umanità

Non è la prima volta che le organizzazioni per i diritti umani denunciano questo tipo di soprusi da parte delle forze militari birmane. Nell’ottobre 2016 Amnesty International ha documentato 4 una lunga serie di abusi – tra essi la violenza sessuale a danno di donne e bambine rohingya – commessi durante un’altra violenta operazione dell’Esercito birmano seguita a diversi attacchi ai commissariati nello Stato di Rakhine.

Il ricorso alla violenza sessuale contro le rohingya registrato nelle ultime settimane, così come le esecuzioni e il trasferimento forzoso, possono costituire dei crimini contro l’umanità, stando a quanto riferito dalle ONG e dalla stessa ONU 5 . Questi abusi sono già sotto indagine da parte del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che ha istituito una missione d’indagine indipendente sulle “presunte violazioni dei diritti da parte dei militari e delle forze di sicurezza e relativi abusi” nello Stato di Rakhine.

Lì, in un paese che è a maggioranza buddista, contro i rohingya potrebbe essere in corso una pulizia etnica da manuale, come dichiarato dall’Alto Commissario per i Diritti Umani.

Condanniamo tutte le violazioni dei diritti umani. Ci impegniamo al rispetto della legge e dell’ordine”, ha affermato qualche giorno dopo quelle parole la leader birmana e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Ad ogni modo la Suu Kyi, che è stata oggetto di dure critiche per il suo silenzio sui rohingya, ha omesso di segnalare i responsabili degli abusi. Per il momento, gli esperti dell’ONU possono approfondire la questione solo dai campi del Bangladesh, poiché il Governo birmano rifiuta di autorizzare loro l’accesso nel paese.

I rohingya, considerati una delle etnie più perseguitate al mondo, sono vittima di una discriminazione di vecchia data da parte delle autorità birmane. Queste ritengono si tratti di immigrati bengalesi arrivati decenni addietro dall’attuale Bangladesh, altro paese che non li riconosce come propri cittadini.

Molte delle donne riportano traumi profondi

Malak se la portarono via assieme ad altre quattro donne, in una capanna. I soldati le fecero dei tagli con i pugnali, la violentarono, poi diedero fuoco alla baracca. Malak fu la sola a uscirne viva. Sul corpo di Nabila sono ancora visibili le ferite delle coltellate e delle percosse che seguirono alla violenza che subì.

Ahmed vide un militare violentare tre donne nel villaggio di Maung Nu. Lì, i soldati denudarono le donne, e quelle che, nude, cercavano di sottrarsi ai loro occhi, furono “toccate ovunque”, secondo altre due donne dello stesso villaggio. Tutte le loro storie sono state raccolte da HRW.

Molte dicono di aver visto uccidere membri della loro famiglia davanti ai propri occhi. Molte, delle donne che vengono nei nostri spazi protetti, hanno storie orribili e riportano traumi profondi. All’inizio è difficile che siano in molte ad aprirsi ma, con l’aiuto del nostro personale, alla fine diverse donne condividono l’accaduto e iniziano il lungo e difficile percorso di recupero”, racconta la Wadia.

Lo UNFPA fornisce sostegno e servizi alle sopravvissute alla violenza di genere e alle aggressioni sessuali, tra cui l’assistenza sanitaria d’urgenza e la terapia psico-sociale. Alcune delle donne hanno subito aggressioni sessuali anche nel percorso migratorio, o subiscono violenza di genere all’interno del campo profughi.

In contesti come questo la violenza contro le donne si acuisce ; questo, in linea generale, è un aspetto che si riscontra ripetutamente nei contesti di crisi umanitaria. Stavolta non è diverso. Come in qualsiasi situazione d’emergenza, a Cox’s Bazar le organizzazioni umanitarie lavorano affinché le donne e le bambine possano sentirsi al sicuro”, precisa Priya Marwah, coordinatrice dell’intervento umanitario dello UNFPA Asia-Pacifico.
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(*) I nomi delle vittime e dei testimoni utilizzati in questo reportage sono fittizi, al fine di preservare la loro privacy.

  1. Horrific stories, urgent action: Addressing gender-based violence amid the Rohingya refugee crisis, UNFPA, September 28, 2017.
  2. U.N. medics see evidence of rape in Myanmar army ‘cleansing’ campaign, Reuters, September 24, 2017.
  3. Crimes against Humanity by Burmese Security Forces Against the Rohingya Muslim Population in Northern Rakhine State since August 25, 2017, Human Rights Watch, September 26, 2017.
  4. Myanmar: ‘We are at breaking point’ – Rohingya: persecuted in Myanmar, neglected in Bangladesh, Amnesty International, December 19, 2016.
  5. Myanmar Rohingya abuses may be crimes against humanity, UN rights experts warn, OHCHR, October 4, 2017.