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Lampedusa – 540 migranti sull’isola. Ma 31 di loro non ce l’hanno fatta

Naufragati e dispersi davanti alle coste libiche. Tra loro 9 donne

Foto di Stefano Naidero

540 migranti sull’isola di Lampedusa, 22 superstiti per il ribaltamento di un gommone davanti alle coste libiche, 31 dispersi, tra loro 9 donne. Sono i numeri dell’ultima tragedia consumatasi al largo di Lampedusa, lì dove l’Europa ha costruito il suo confine liquido che conntinua a mietere vittime.
Ma l’ennesima tragedia, ancora una volta, non sembra in grado di aprire una vera discussione sulle capacità dell’Europa ed in particolare dell’Italia, di dare reali garanzie all’applicazione della Convenzione di Ginevra.
Eppure tutti i migranti in arrivo provengono da Paesi attraversati da conflitti più o meno intensi per poi passare dalla Libia, dove l’ingovernabilità ed i rischi continuano ad essere altissimi.
L’unica possibilità di rifugio rimane quella dell’Europa ma per raggiungerla non vi è altra strada possibile che quella rotta tracciata nel Mar Mediterraneo che nel corso dell’ultimo decennio ha inghiottito migliaia di vite.

Intanto invece è la retorica a prendere il sopravvento con il Ministro dell’interno Alfano impegnato in dichiarazioni strappalacrime che richiamano l’attenzione sulla tragedia legandola a doppio filo con le vicende dei “trafficanti di uomini”.
Ma loro, gli spietati scafisti che in cambio del sogno chiedono denaro e rischi, non avrebbero senso di esistere se per bussare alle porte dell’Europa e presentare quella legittima richiesta d’asilo stabilita da ogni norma nazionale ed internazionale vi fossero altre strade.

Intanto in italia si discute di caschi di banane e pelle nera.
Sembra quasi che la nomina dall’altissimo valore simbolico del Ministro di origini congolesi Cecile Kyenge abbia avuto l’unico risultato di coprire ogni altra discussione sulla questione immigrazione. Per il momento niente ius soli, un documento operativo raccapricciante sui Centri di Identificazione ed Espulsione, nessun accenno di modifica alla Bossi Fini e ancora morti in mare: un pessimo risultato.