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Rubrica: Confini e barriere

Lettera aperta di Cédric Herrou sulle motivazioni politiche, etiche e antropologiche del “reato di solidarietà”

Il post originale in francese è su https://goo.gl/zbiAUR. Traduzione di Manuela Antonucci, tratta da WOTS Magazine che ringraziamo.

Vivo nella valle della Roya, all’estremo sud est francese, una valle che rispecchia l’immagine di un’Europa popolare, umana. La Bassa Roya è italiana e l’Alta è francese. Noi, gli abitanti della Roya, passiamo da un Paese all’altro senza prestare attenzione alla frontiera. Non sono né francese, né italiano, sono della valle della Roya.
Lo Stato d’urgenza ha avuto un impatto senza precedenti per la nostra valle. Una razza, dei popoli, una religione sono stati stigmatizzati da una politica populista, una politica che manipola la massa, usando la paura nei confronti dell’altro, la paura della differenza.
Cercando di ricongiungersi, mariti, zii, sorelle, cugine, amiche … donne, bambini, famiglie cacciate dal loro Paese d’origine a causa della dittatura, la guerra, intrappolati, torturati, schiavi in Libia, tutti si incontrano alla frontiera francese.
In maggioranza d’origine africana, pensano di trovarsi nel Paese dei “saggi”, il Paese dei Diritti dell’Uomo, lì dove ci si prende cura dei bambini perduti. Ebbene, no!
Giunti alla frontiera, esausti, spesso feriti dagli ostacoli incontrati lungo il cammino, si fanno cacciare come dei cani dall’esercito, la polizia. Secondo la legge francese, i bambini non accompagnati devono essere sostenuti dallo Stato francese ma non si rispetta nulla di tutto questo.
I “neri” sono privati di ogni diritto! La polizia francese riporta i bambini in Italia, o in treno senza titolo di viaggio, occultati alla polizia italiana, oppure all’interno di veicoli non identificati guidati da poliziotti in borghese, diretti verso la frontiera italiana.
Circa trecento testimoni di questi fatti hanno sporto denuncia contro il Prefetto delle Alpi Marittime, il Presidente del Consiglio della Prefettura e il Presidente della Regione. Ma nessun provvedimento è stato preso dalla procura di Nizza, dal signor Pretre, Procuratore della Repubblica, che si rifiuta di ammettere l’ingiustizia e a causa della sua inerzia si rende complice della messa in pericolo di questi bambini.
La nostra associazione “Roya Citoyenne” si sente disarmata dinanzi a questi uomini che detengono tutto il potere. Per questi alti funzionari, rappresentanti della più alta autorità, i migranti non sono che cifre, un flusso, delle quote. Invece, noi, gli abitanti della Roya, li incrociamo e dobbiamo fare i conti con i loro sguardi.
Loro sono lì, nella nostra valle, senza avere l’opportunità di nascondersi, se non con il nostro aiuto.
Non c’è bisogno di una stella gialla, non c’è bisogno di nessuna etichetta per riconoscerli. Loro sono neri, il loro colore indelebile fa di loro un bersaglio, Il Bersaglio!
Sono la “valvola di sfogo” per tutti, li si accusa di essere dei potenziali terroristi, di rubare il lavoro ai francesi e di essere lì solo per approfittare del sistema sociale. La frontiera è stata ristabilita contro il terrorismo, ciò nonostante è sufficiente pagare 250 euro a un gruppo di trafficanti per oltrepassarla.
I nostri politici mantengono uno stato di terrore, diffondendo l’idea che l’Europa sarebbe il bersaglio del terrorismo mentre la grande maggioranza degli attentati e delle morti avvengono in Paesi a predominanza religiosa musulmana, essendo i musulmani le prime vittime di questo abominio.
Il terrorismo si costruisce attraverso il terrore, la stigmatizzazione. Ed è contro questo che mi batto! Contro l’odio e la stigmatizzazione di una razza, di una religione, di un colore della pelle.
Rischio otto mesi di prigione per aiutare delle persone che sono diventate mie amiche.
Voglio precisare la mia provenienza: sono nato a Nizza, in un quartiere dove i miei compagni di classe erano neri, grigi, gialli, bianchi. Sono stato educato nell’indifferenza razziale ed è questo che mi si rimprovera oggi, di non fare la differenza, di non chiedere i documenti a un ragazzino prima di tendergli la mano.
Continuerò, fino al momento in cui non finirò in prigione, ad aiutare chi mi sembra una persona buona con o senza documenti perché amo la vita e la rispetto.
Non soccomberò alla minaccia, alla pressione, non sarò complice né del silenzio, né dell’inerzia.

- Pagina Facebook di Cédric Herrou

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[ 17 gennaio 2017 ]
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