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Basta CIE – Sabato 17 agosto. Mobilitazione a Gradisca d’Isonzo (GO)

Rivolte, violenze, lacrimogeni e supprusi. L'inferno di Gradisca torna a mietere vittime: un "ospite in gravi condizioni"

L’8 agosto c’è un gran caldo. È anche il Bayram, la festa della fine Ramadan. I “trattenuti” del CIE di Gradisca vogliono festeggiare all’aperto, insieme. Si fa per dire: in un CIE questo significa stare in gabbie completamente chiuse, in piccoli gruppi.
Invece no, nemmeno questo. Si rifiutano di essere chiusi all’interno delle camerate, interviene la polizia, lancia lacromogeni negli spazi chiusi in cui si trovano le persone, entra in assetto antisommossa.
Scoppia una protesta e da lì è un’escalation. Domenica sera vengono nuovamente usati i gas lacrimogeni, i detenuti salgono sul tetto del CIE dove rimangano per quasi venti ore, possono finalmente comunicare all’esterno e lo fanno ponendo richieste concrete.
A chi non sa nulla di CIE queste richieste possono sembrare campate in aria, invece no, perchè i veri esperti di CIE sono loro (che vi sono richiusi, alcuni quasi da un anno e mezzo) e pochi altri:
– chiedono che il trattenimento non venga portato avanti fino ai 18 mesi quando si sa già che i consolati non accetteranno il loro ritorno in patria. È il caso dei tanti che hanno fatto domanda di Rimpatrio Volontario, quelli che vogliono andarsene dall’Italia e invece rimangono intrappolati nel CIE di Gradisca;
– chiedono di poter usare gli spazi comuni interni, come la mensa, che è stata ristrutturata ed è pronta, invece di continuare a ricevere i pasti dentro alle camere;
– chiedono di poter leggere libri o giornali. Invece non hanno in mano nemmeno il regolamento del centro perchè essendo carta è infiammabile;
– chiedono i servizi per cui l’ente gestore, la Connecting People, riceve i soldi dallo Stato, come, banalmente, la lavanderia che non funziona da oltre un mese;
– chiedono di poter comunicare con l’esterno (diritto stabilito per tutti i CIE da una direttiva ministeriale) senza dover salire sul tetto per farlo;
– chiedono di essere trattati come esseri umani, non come bestie;
– chiedono, perchè sanno che tutto questo a Gradisca d’Isonzo non è possibile, di essere trasferiti in altri CIE d’Italia.
Per protesta, per comunicare e anche per tentare di andarsene da quell’inferno si sale sul tetto.
E dal tetto lunedì notte due giovani sono caduti, uno di loro è in fin di vita all’ospedale di Trieste.
Non si può pensare che tutto questo sia normale, non si può pensare che nessuno sia responsabile di ciò che accade.
Non si può pensare che per essere riconosciuti uomini e donne portatori di diritti, quelli universali che ci accomunano tutti, si debba morire.
Il CIE deve essere chiuso. Non c’è nessun compromesso possibile.

Oggi, 14 Agosto, a Gorizia, alle 17.30, assemblea di fronte alla prefettura per chiedere conto al Prefetto Marrosu di questa indecenza e per decidere come mobilitarsi sabato 17 agosto al CIE di Gradisca.