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MSF impegnata a salvare vite nel Mediterraneo ma non firma il “Codice di Condotta”

31 Luglio 2017 – Medici Senza Frontiere ha formalmente informato il Ministero dell’Interno che non può firmare il Codice di Condotta per le navi delle ONG impegnate in attività di soccorso nel Mediterraneo.

Anche se non siamo nelle condizioni di poter firmare questo Codice di Condotta nella sua forma attuale, MSF rispetta già molte delle disposizioni che non rientrano tra le nostre preoccupazioni principali, tra cui la trasparenza finanziaria”, dichiara Gabriele Eminente, Direttore Generale di MSF. “MSF continuerà a condurre le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento della guardia costiera italiana (MRCC) e in conformità con tutte le leggi internazionali e marittime pertinenti”.

Per MSF, alcuni degli impegni presentati nel Codice di Condotta potrebbero ridurre l’efficienza e la capacità dell’attuale risposta di ricerca e soccorso (SAR) con gravi conseguenze umanitarie. Alcune proposte – in particolare quella secondo cui di regola le navi impegnate in un soccorso devono sbarcare i sopravvissuti in un posto sicuro invece di trasferirli su altre navi – rappresentano limitazioni non necessarie ai mezzi che sono oggi a disposizione. Sin dall’inizio delle proprie operazioni in mare, MSF ha accettato, e a volte direttamente effettuato, trasbordi da altre imbarcazioni sulle proprie navi, sempre su richiesta o sotto il coordinamento del Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma.

Un sistema di andata e ritorno di tutte le navi di soccorso verso i punti di sbarco comporterebbe una riduzione delle navi di soccorso presenti nella zona SAR, e questo indebolirebbe la già insufficiente capacità di ricerca e soccorso, con un conseguente aumento di morti in mare. Inoltre, elementi che introducono una non necessaria mancanza di chiarezza su chi contattare e quando, potrebbero rallentare le operazioni di soccorso, quando i minuti possono fare la differenza tra la vita e la morte.

La versione definitiva del Codice chiarifica che la polizia giudiziaria agirà “senza pregiudicare l’attività umanitaria in corso”, ma questa nozione resta soggetta a interpretazione e la richiesta che la polizia non sia armata non è stata adottata. La presenza di funzionari di polizia armati a bordo e l’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle attività di investigazione sarebbero una violazione dei principi umanitari fondamentali di indipendenza, neutralità e imparzialità. Questo sottometterebbe le organizzazioni umanitarie agli interessi politici e militari di uno Stato membro dell’Unione Europea e come MSF non possiamo accettarlo perché avrebbe un impatto sull’accesso alle popolazioni in pericolo, così come sulla sicurezza delle nostre équipe, ovunque nel mondo.

La responsabilità di condurre operazioni di ricerca e soccorso in mare risiede sugli Stati. Le attività di soccorso da parte di attori non governativi come MSF sono solo una misura temporanea finalizzata a riempire il “vuoto di responsabilità” lasciato dagli Stati. Gli Stati membri dell’UE devono avviare un meccanismo di ricerca e soccorso dedicato e proattivo per supportare l’Italia e riconoscere i suoi lodevoli sforzi nel salvare vite in mare, a dispetto di una risposta insufficiente da parte degli altri Stati Membri europei.

MSF ha inviato una lettera formale in cui spiega con maggiori dettagli le ragioni della decisione di non firmare.
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Nei primi 6 mesi del 2017, le ONG hanno effettuato il 35% del totale delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale. MSF da sola ha salvato e portato in sicurezza più di 16.000 persone. Da quando abbiamo iniziato le operazioni di ricerca e soccorso nel 2015, MSF ha strettamente rispettato tutte le leggi internazionali, nazionali e marittime applicabili nel Mar Mediterraneo, così come il proprio codice di condotta, la Carta dei Principi di MSF, che si basa sull’etica medica e i principi umanitari (disponibile qui).