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Matrimonio e rilascio del visto d’ingresso per ricongiungimento familiare. Un caso di annullamento del diniego

Tribunale di Roma, ordinanza del 27 aprile 2017

Photocredit: Angelo Aprile, manifestazione Syde by Syde, Venezia 19 marzo 2017

L’ambasciata d’Italia in Addis Abeba aveva negato il rilascio del visto per l’Italia nei confronti della moglie del richiedente, residente sul territorio nazionale, malgrado quest’ultimo avesse ottenuto dalla prefettura il nulla osta al ricongiungimento con la propria coniuge.

Due i motivi del diniego: aver presentato la domanda di nulla osta sulla base del solo matrimonio tradizionale e presunta fittizietà del matrimonio.

Il primo motivo costituisce una novità e merita di essere esaminato con cura.

La domanda di nulla osta è un procedimento amministrativo a formazione complessa; difatti la domanda si propone on line con la semplice compilazione dei dati delle parti. Successivamente il richiedente viene convocato in prefettura per la consegna dei documenti (tradotti e legalizzati) giustificanti il rapporto di parentela con il familiare da ricongiungere.

Ebbene nel caso di specie, l’assistito aveva presentato l’istanza di ricongiungimento sulla base di un semplice matrimonio tradizionale (privo di valore giuridico in Italia), salvo contrarre successivamente il matrimonio civile sanando la sua situazione, tant’è che al momento della consegna dei documenti in prefettura risultava coniugato regolarmente.

L’ambasciata d’Italia aveva negato il visto sul presupposto che, al momento della domanda di nulla osta, il richiedente non avesse i requisiti previsti dall’art. 29 t.u. 286/98 essendo coniugato con il solo rito tradizionale ed a nulla rilevando il successivo matrimonio civile che, anzi, sarebbe stato interpretato come un ulteriore indice di matrimonio contratto in frode alla legge.

Il Tribunale di Roma, rifacendosi al Regolamento (CE) N. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti e che all’art. 32 stabilisce che “qualora vi siano ragionevoli dubbi sull’autenticità dei documenti giustificativi presentati dal richiedente o sulla veridicità del loro contenuto, il visto viene negato“, precisa che la celebrazione del matrimonio con rito civile (circostanza non contestata dalla parte convenuta), rende superflua ogni indagine sulla rilevanza, ai fini dell’ottenimento del visto di ingresso, del matrimonio celebrato con rito tradizionale, in quanto i presupposti legittimanti la richiesta dovevano essere verificati al momento del provvedimento amministrativo finale e, quindi, al momento dell’emissione della decisione sulla concessione del visto.

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Tribunale di Roma, ordinanza del 27 aprile 2017