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Mauritania – Tra confini e migrazioni interne africane

di Chiara Barison, dottoranda in politiche transfrontaliere all’Università di Trieste

Incontro Josephine dopo un lungo viaggio che mi ha portato ad attraversare tutto il Senegal, da Dakar fino al Nord, passando per il confine con la Mauritania, fino ad arrivare a Nouakchott, la capitale.
Il paesaggio è inquietante, un viaggio attraverso villaggi sperduti in mezzo al nulla, il deserto che pian piano prende forma, il caldo soffocante, la gente avvolta in grandi veli bianchi, a coprire il viso.
Arrivo di sera, dopo essermi goduta un tramonto fantastico ed aver bevuto latte di cammello tra le dune del deserto.
Josephine è una signora di mezza età, robusta e dalla carnagione chiarissima. Ha i capelli biondi, raccolti a coda di cavallo, l’aria simpatica, ma riservata. E’ lei che gestisce il centro culturale francese della capitale mauritana.

Il CCF è una piccola oasi in una città fantasma, inquietante e misteriosa, aggettivi a doc per descrivere l’intero paese e la sua gente.
Josephine è la tuttofare del centro, è lei che dirige tutti ma, al tempo stesso, non si sottrae ai mille piccoli lavoretti, compreso il servizio di ristorazione.
Quando riesce a liberarsi ha l’aria stanca, di chi è in piedi da tutto il giorno, le gocce di sudore che scendono lungo il viso. Mi fa accomodare in una sedia vicino l’entrata della biblioteca per i bambini.

Mi hanno riferito che lei è uno dei punti di riferimento della capitale, da 29 anni in Mauritania, per questo sono certa che il suo punto di vista sul paese e sui problemi legati alla migrazione clandestina sarà molto interessante.
Francese di nascita, ma italiana d’origine, mi racconta della sua infanzia passata in un piccolo paesino del Nord della Francia, della sua vita difficile come figlia di migranti, come mi dice “gli italiani erano decisamente malvisti ed emarginati dalla popolazione”.
Ascolto con interesse e rifletto. Mi trovo in mezzo al deserto a parlare con una donna che ha vissuto sulla propria pelle cosa voglia dire ‘migrazione’, nel senso sofferto del suo significato. Mi racconta triste di come i bambini della sua età la prendessero in giro per le origini dei suoi genitori, della fatica di lavorare in un paese che li relegava ai margini della società, della fatica di sopravvivere, di quando gli ispettori sanitari piombavano in classe per ispezionare ‘gli italiani’, controllando se avessero o meno le pulci, se si fossero lavati i denti e spiegando loro come avere una corretta igiene personale.
La ascolto e nelle mia mente le immagini dei documentari degli immigrati italiani che arrivavano negli Stati Uniti, come sfondo la statua della libertà, e i medici americani che aprivano le bocche dei nostri nonni, parenti, concittadini, per esaminarli, come bestie al macello.
Mezzo secolo o poco più ci separa da quella triste realtà, eppure noi italiani abbiamo completamente perso la memoria storica e ci ritroviamo adesso da vittime a carnefici, dimenticando cosa hanno dovuto subire gli italiani che ci hanno preceduto. Josephine è lì, davanti a me e rappresenta questa storia così vicina, eppure così lontana dalle nostre coscienze.

Continua poi nel suo racconto, mi parla sorridente dell’incontro con suo marito, un ragazzo mauritano conosciuto in Francia, del suo viaggio in Mauritania, del suo innamoramento con questa terra sperduta, della decisione di trasferirsi, della sua vita, spartana, semplice, ma felice.
La cultura mauritana è completamente differente rispetto ad altri paesi vicini, come il Senegal o il Mali. Basta guardare la storia del paese. La Mauritania non ha mai conosciuto una vera colonizzazione, così come non ha mai conosciuto la presenza del colonizzatore. Non c’è mai stato dunque quella relazione di conflitto con i paesi europei, come invece si registra in quasi tutti gli altri stati africani. Questo paese è nato perché fortemente voluto dal governo francese di De Gaulle, una sorta di zona tampone tra Marocco e Senegal. E’ un paese misterioso dove le persone sono estremamente gentili, dove è forte l’idea di rispetto dell’altro, della differenza culturale, dovuto in parte al fatto che sia un paese del deserto. I mauritani e i tuareg si somigliano, per modi e maniere.
Il clima duro rende la vita difficile ed è proprio da questa durezza delle condizioni di vita che nascono la solidarietà, la gentilezza, l’ospitalità.
La gente del posto ti tratterà sempre con rispetto, nessuno verrà mai a disturbarti o ti avvicinerà per rivolgerti la parola e non è questione di chiusura, i mauritani sono molto aperti, ma la loro apertura andrà di pari passo con la tua disponibilità a creare un contatto, un dialogo.

In effetti Josephine ha ragione, la differenza tra Nouakchott e Dakar è enorme. A Dakar le persone sono estremamente invadenti; non esiste il concetto di rispetto dello spazio e della persona, al contrario, è un ‘sommergere’ lo straniero di attenzioni. Tutti gli stranieri che arrivano in Senegal, dopo poco, cominciano ad essere stanchi di questa invadenza pesante e costante. A Nouakchott si nota questa libertà di movimento, nessuno infatti ha osato avvicinarmi o rivolgermi la parola, perfino girando per il mercato nessuno mi aveva inseguito cercando di vendermi la propria merce, come invece succede normalmente a Dakar e dintorni. Concordo dunque con quanto Josephine mi dice.
Userei la parola semplicità, per descrivere la Mauritania. La vita qui è completamente depauperata del superfluo, delle comodità. Questa austerità la si può notare nella vita di tutti i giorni, la gente è abituata a vivere con poco. Non esiste, per esempio, una cucina tipica mauritana; ogni regione ha sì un piatto tipico, ma fatto con cose molto semplici. Il riso stesso è stato introdotto da poche decine d’anni, come l’olio d’altronde. I mauritani si sono nutriti per anni solo di lait caillé (una specie di yogurt fatto a base di latte in polvere), carne secca, latte di cammello e datteri. Essendo la loro una vita nomade, mangiavano tutto ciò che poteva essere trasportato e che poteva resistere al clima torrido. Non esisteva sedentarizzazione. Questa è cominciata con la costruzione della capitale. Prima di allora esistevano solo qualche base militare francese, sparse lungo i confini, soprattutto al sud, lungo il fiume che fa da frontiera con il Senegal. In tutto il paese non esiste traccia del colonizzatore, nessun edificio né costruzione pubblica. In Mauritania tutto è stato creato dopo l’indipendenza avvenuta nel 1960.
Chiedo a Josephine qual è la situazione politica del paese ed essendo un paese multiculturale, qual’è la cultura dominante.
Qui in Mauritania c’è un cultura che io definirei ‘arabo-berbera-negro-africana’. Nel paese coesistono da anni culture ed etnie differenti, solo di recente capaci di convivere in modo pacifico.
Sicuramente chi domina sono i mauritani di origine araba, per intenderci, quelli di pelle bianca. Essendo minoritari, sono riusciti a mantenere il potere attraverso la violenza e la repressione. Bisogna rendersi conto che chi vuole essere al potere, ‘dominare l’altro’, non può che riuscirci attraverso la forza, se in numero minoritario. Il fatto che gli arabi siano coloro che dirigono non stupisce, essi sono sempre stati dei colonizzatori e dei colonizzatori duri; sono loro che gestivano il business degli schiavi in questa zona. Inoltre molti sono stati i problemi legati ai confini. Il più importante sicuramente quello con il Senegal, che ha portato alla rottura dei rapporti diplomatici e alla chiusura delle frontiere per 3 anni, nel 1989. I problemi erano nati per un mix di piccole tensioni accumulate: battibecchi tra i due presidenti, quello senegalese e quello mauritano; problemi a livello di confine, tra pastori che invadevano i pascoli dei pastori vicini, ma non solo. La Mauritania è sempre stato un paese poco conosciuto e, se conosciuto, male; un paese che ha faticato ad aprirsi e che a partire dalla sua indipendenza, si è richiuso sempre più su se stesso, creando in questo modo rapporti tesi e difficili con i paese vicini. Il fatto poi che siano i mauritani di origine araba a dominare credo abbia influito e non poco, forse anche a causa del passato schiavista di questi ultimi. C’è ancora un’immagine dei negro-africani come schiavi che si perpetua e che ha creato e che crea tutt’ora asti difficili da superare. Il 1989 è stato un anno difficile, di odio tra senegalesi e mauritani, con morti e feriti da entrambe le parti.
Le chiedo se è vero che è stato compiuto un vero e proprio genocidio sui senegalesi che abitavano all’epoca in Mauritania.
No, non è corretto parlare di genocidio riferendoci ai senegalesi. Si è fatta erroneamente confusione tra fatti e accadimenti succedutisi gli uni di seguito agli altri. Effettivamente è stato compiuto un genocidio, ma nei confronti dei negro-mauritani e non è avvenuto in concomitanza dei problemi di confine con il Senegal nel 1989, bensì negli anni ’90-’91. La causa scatenante è da ricercarsi in un colpo di stato tentato proprio in quegli anni da un gruppo di negro-mauritani. I militari dell’epoca, per dare una lezione a tutta la popolazione si vendicarono sulla popolazione nera presente in Mauritania, compresi i senegalesi. Come accennavo prima, è una regola del potere, specie se questo stesso potere è detenuto con la forza, se si vuole dominare, bisogna essere il più forte per esserlo bisogna essere duri, violenti. D’altronde i mauritani di origine araba sono molto duri anche con loro stessi, la vita del deserto è difficile e richiede forza e durezza, se si vuole sopravvivere. I mauritani sono i soli che potrai trovare nelle zone più sperdute dell’Africa, dove non potresti mai immaginare che un uomo possa vivere. Questo perché sono persone abituate a vivere con poco, ma al tempo stesso possono riuscire ad accumulare fortune colossali. Ci sono mauritani rientrati dal Gabon o dal Congo immensamente ricchi.

Le chiedo che legame c’è tra il popolo mauritano e l’emigrazione. I mauritani non sono un popolo di emigranti; non è questione di fierezza, come potrebbe apparire a chi non li conosce in profondità, è solo una questione di praticità e di convenienza. Preferiscono emigrare lì dove sanno si sentiranno liberi, a loro agio, ma non cercano l’El Dorado dell’Europa. Al contrario è un paese di passaggio per gli immigrati clandestini, senegalesi, sierra lionesi, del Ghana; tutti questi migranti africani hanno creato non pochi problemi, per il semplice fatto che non essendo la Mauritania un paese dove possiamo trovare imprese, non c’è possibilità di assorbire tutte queste persone, a livello lavorativo; tutti questi migranti che non riescono a passare il confine con il Marocco e a prender la via dell’Europa si troveranno dunque a delinquere, non avendo altre possibilità di sussistenza. Se si guardano alle statistiche c’è un aumento notevole dei casi di omicidi commessi da stranieri. Fino agli anni ’90 non ho mai sentito parlare di omicidio in questo paese, forse una volta in vent’anni, ma oggi è diventato quasi all’ordine del giorno e sono sempre stranieri che uccidono stranieri. Questo problema di violenza è legato all’aumentare negli anni della presenza di migranti clandestini. Sono ormai otto anni che il paese fronteggia questa emergenza. Il punto è che i confini in Africa sono molto fluidi e che la Mauritania è diventata il punto di passaggio strategico e di attraversamento più facile verso il Marocco. C’è stato un momento in cui anche i confini con il Marocco erano facilmente attraversabili, sono solo quattro anni infatti che il paese ha militarizzato le frontiere, da quando sono arrivati i soldi dai paesi europei. Il problema è che tutti i migranti che non riescono a passare il confine con il Marocco rimangono in Mauritania in una sorta di limbo, trovandosi alla ricerca di un’alternativa che possa permettere loro di sopravvivere e, spesso, questa alternativa vuol dire la delinquenza. Molti di questi cercheranno poi il modo di comprare documenti falsi mauritani, con i quali diventa molto più facile ottenere un visto per l’Europa. Perfino tanti marocchini attraversano il confine per venire in Mauritania e fare i documenti.

Le chiedo infine se esiste un problema reale di terrorismo in Mauritania, dopo l’uccisione di un gruppo di turisti francesi avvenuta il 24 dicembre 2007 e rivendicata da un gruppo di fondamentalisti musulmani.
Il fondamentalismo islamico è presente da anni, ma era sempre rimasto in uno stato di dormi-veglia. E’ esploso negli ultimi due anni. E’ vero che esistono reti di Al Qaeda, per intenderci i salafisti che possiamo trovare in Algeria, non tanto quelli presenti in Afghanistan e Pakistan. Queste cellule si sono andate espandendo grazie alla presa di potere in Mauritania di un governo militare. La Mauritania è un paese islamico che vive però solo ora il lato estremista della religione, basti pensare che ci sono stati tre attentati terroristici in 15 mesi, in un paese che storicamente e culturalmente è sempre stato un paese pacifico e ospitale..
Le chiedo come vede il futuro per questo paese. Il futuro? Credo che la Mauritania sia un paese destinato ad emergere perché ricco di materie prime e con un popolo piccolo ma straordinariamente laborioso. Ciò che serve è solamente l’educazione e una formazione adeguata della futura élite del paese.
Quando si parla di progresso e di modernità riferendosi ai paesi africani bisogna chiedersi veramente che cosa intendiamo per progresso e modernità.
Qui, per esempio, molti dicono che il Mali è un paese evoluto rispetto alla Mauritania perché ci sono più locali dove poter fare festa. Se per sviluppo intendiamo la possibilità di andare a a bere con gli amici, allora il quadro è incredibilmente desolante. L’idea di sviluppo per un paese come la Mauritania deve necessariamente riferirsi ad un miglioramento nell’ambito dell’educazione, dell’alfabetizzazione, della sanità. E’ solamente partendo da qui che si può sperare in uno sviluppo concreto del paese.

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