Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Melilla – La Guardia Civil respinge illegalmente più di 100 migranti alla frontiera con Marocco

di Martina Bernabai

Melilla, enclave spagnola di circa 12 chilometri quadrati, costituisce l’unico punto di passaggio via terra tra Africa e Europa. La frontiera, protetta da una tripla barriera alta 6 metri che si estende per un perimetro di circa 10 chilometri, costituisce solo uno dei molti ostacoli che i migranti devono affrontare all’interno del proprio processo migratorio: la barriera fisica e simbolica che sovrasta la città è, in molte occasioni, lo strumento che permette alla reale frontiera, quella operativa-poliziale, di entrare in azione.

Durante la notte del 14 ottobre circa 200 migranti, provenienti in maggior parte dal Camerun, hanno tentato di superare la valla, l’altissimo muro metallico che separa il Marocco dalla città autonoma spagnola, presso la zona conosciuta come Villa Pilar, portando così a sette il numero dei tentativi di entrata irregolare effettuati nel corso del mese di ottobre.

Anche questo tentativo di “salto”, come viene comunemente chiamato in Spagna, si è caratterizzato per la forte tensione che ha portato, secondo fonti della Delegazione del governo, a 5 feriti tra le forze dell’ordine e 5 feriti tra i migranti. La Delegazione ha inoltre denunciato “l’inusuale violenza” esercitata dai migranti nel tentativo di oltrepassare il dispositivo di contenzione, e ha manifestato l’intenzione di sporgere denuncia nei confronti di tre dei dieci migranti che sono riusciti a raggiungere il CETI (Centro de Estancia Temporal para Inmigrantes) per attentato e resistenza all’autorità.

Allo stesso tempo non sono mancati episodi di violenta repressione da parte di alcuni agenti della Guardia Civil, che non hanno esitato a impedire l’entrata dei migranti a colpi di manganello: in un video diffuso da PRODEIN, si osserva chiaramente la violenza esercitata da un gruppo di agenti nei confronti di un migrante camerunense di 23 anni che, dopo essere stato brutalmente colpito quando si trovava ancora sulla rete della valla, è stato trascinato e respinto forzosamente in evidente stato di incoscienza presso il territorio marocchino, dove i migranti africani soffrono molto spesso ulteriori rappresaglie violente da parte della FSA, le forze marocchine di sicurezza ausiliare. Secondo quanto riferito dall’organizzazione il ragazzo, in seguito agli eventi dello scorso mercoledì, ha perso un rene e si trova al momento con una paralisi che interessa circa la metà del corpo.

Así defiende “ESPAÑA” el Ministerio del Interior (2) from Asociación Pro.De.In. Melilla on Vimeo.

Sempre secondo quanto viene riportato dall’organizzazione Proden si è assistito a numerosi altri respingimenti illegali, le cosiddette devoluciones en caliente: solo 12 dei 200 migranti sono infatti riusciti a superare la barriera e a rifugiarsi nel corso della giornata presso il CETI di Melilla; il resto dei migranti camerunensi, alcuni dei quali sono riusciti a resistere issati a svariati metri di altezza della valla fino a tardo pomeriggio, sono stati respinti e deportati in Marocco uno ad uno attraverso le porte che permettono la comunicazione tra i diversi corridoi creati dalla tripla barriera e che infine conducono alle entrate posizionate in territorio marocchino.

Tale pratica di respingimento risulta ancora più grave considerando la tensione e le polemiche in costante aumento in seguito alla recente imputazione, avvenuta il 14 settembre, del colonnello capo della Guardia Civil di Melilla, Ambrosio Martín Villaseñor, conseguente a due querele presentate dalle associazioni Andalucía Acoge, SOS Racismo e Prodein-Mellilla, le quali hanno denunciato molteplici devoluciones en caliente avvenute durante le operazioni di respingimento del 16 giugno e del 13 agosto.

Il comandante è stato imputato dalla sezione istruttoria numero 2 del tribunale di Melilla con l’accusa di presunto reato di prevaricazione per aver firmato l’ordine di servizio 6/2014 riguardo la vigilanza delle frontiere. L’ordine avalla le devoluzioni immediate alla frontiera per tutte le persone che non hanno superato l’ultima recinzione, affermando che lo spazio tra le differenti barriere del perimetro della frontiera non forma parte del territorio spagnolo, che inizierebbe invece a partire dalla terza barriera esterna posizionata in direzione della città autonoma.

Il giudice, ricordando che -secondo un trattato stipulato con la monarchia marocchina- la sovranità spagnola riguarda tutto il perimetro di frontiera, considera che tale argomento, difeso anche dal Ministero degli Interni Jorge Fernández Díaz, non adempie né alla legislazione nazionale né ai trattati internazionali.

Le devoluzioni immediate impediscono difatti qualsiasi tipo di trattamento personale ed individualizzato nel corso dei procedimenti previsti per la devoluzione secondo la normativa spagnola, che prevede l’invio dei migranti ai centri di soggiorno temporaneo (CETI), per l’identificazione e il successivo rimpatrio nei paesi d’origine, così come non permette che i migranti possano procedere, quando possibile, alla richiesta di asilo violando tra gli altri l’art. 33 della Convenzione di Ginevra relativo allo status dei rifugiati, il quale stabilisce, secondo il principio di non-refoulment, il divieto che il richiedente asilo o il rifugiato sia respinto verso luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati.

Durante il salto del 14 ottobre, come nei due precedenti casi che sono serviti ad imputare il colonnello Ambrosio Martín Villaseñor, si sono verificate numerose devoluzioni di migranti che trovandosi sull’ultima valla in direzione Melilla sarebbero dovute essere accolti dalle autorità in quanto inequivocabilmente in suolo spagnolo.

Da anni l’associazione Prodein denuncia la pratica delle devoluciones en caliente, tuttavia il tema ha iniziato ad acquisire maggiore rilevanza a partire dalla tragedia del Tarajal avvenuta a Ceuta lo scorso 6 febbraio, quando, durante un tentativo di entrata illegale in Spagna via mare, hanno perso la vita almeno 15 migranti a causa del violento intervento della Guardia Civil. Nel corso di tale respingimento le autorità spagnole oltre a sparare sul gruppo di migranti che tentava di portarsi in salvo nuotando verso la costa spagnola, ha respinto immediatamente coloro che erano riusciti finalmente a ripararsi sulla spiaggia dell’enclave, riconsegnandoli immediatamente alle autorità marocchine.
In questa occasione il governo ha apertamente rifiutato qualsiasi tipo di responsabilità rispetto alle morti dei 15 migranti, così come ha respinto – nonostante i molteplici video pubblicati sul web da vari mezzi d’informazione e girati dalla stessa Guardia Civil nel corso dell’operazione- qualsiasi accusa riguardo la pratica delle devoluzioni, affermando che in migranti non si trovavano in suolo spagnolo, nonostante si osservino chiaramente più persone arrivare esauste sulla costa dell’enclave. I video della tragedia, inoltre, in un primo momento vennero diffusi in maniera parziale, fatto che ha ulteriormente rallentato la ricostruzione dei fatti avvenuti il 6 febbraio.

In risposta alla tragedia il governo aveva deciso di ampliare il tramo della frontiera che si estende fino alla costa, manifestando inoltre l’intenzione di negoziare con il governo marocchino un sistema che permetta le devoluzioni immediate, anche tramite un cambio all’interno della Legge sull’immigrazione, in realtà mai avvenuta, in quanto contraddirebbe la regolamentazione già esistente in materia di devoluzione.

Nel frattempo, lo scorso 6 ottobre, attraverso l’aiuto del collettivo Caminando Fronteras e dell’organizzazione Coordinadora de Barrios, sei delle famiglie dei 15 morti del Tarajal si sono personificate davanti al Tribunale spagnolo come parte lesa nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla città autonoma. I familiari chiedono che sia fatta giustizia, che vengano finalmente condannati i colpevoli di quanto successo a febbraio e che vengano accelerati i procedimenti di identificazione e restituzione dei corpi.

Davanti alla violenza degli episodi della scorsa settimana, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha criticato fortemente l’intervento della Guardia Civil spagnola e ha richiesto che venga effettuata un’inchiesta a riguardo, in modo tale da chiarire le responsabilità di questa pratica illegale, sottolineandone l’incompatibilità con le norme nazionali ed internazionali a tutela dei diritti in materia d’asilo.