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Messina – Una tendopoli è per sempre

Visite ai Centri di Accoglienza Temporanei Ex Caserma di Bisconte - Tendopoli Pala Nebiolo

Report del 21 maggio 2015

A quasi un anno dall’invio delle nostre prime richieste alla Prefettura di Messina, finalmente ci vengono concordati tre accessi, e una delegazione della Campagna LasciateCIEntrare riesce a visitare i due centri “temporanei” ex Caserma di Bisconte e Pala Nebiolo. Entrambi i centri sono gestiti dalla cooperativa sociale Arca che ha sede legale a Marsala.

L’Arca è subentrata nel maggio 2015 alla vecchia gestione del consorzio Senis Hospes. A quanto sembra, gli stessi dipendenti che abbiamo incontrato lo confermano, quasi niente è cambiato con la nuova gestione. Anche il vecchio personale è stato quasi tutto riassorbito dalla nuova amministrazione.

Mentre aspettiamo l’arrivo del responsabile, lo stesso per entrambe le strutture, nello spiazzale della ex Caserma di Bisconte incontriamo gli ospiti del centro e alcuni dipendenti.

Al momento della visita, nella popolazione del centro, sembrano distinguersi due gruppi: uno arrivato intorno al 17 maggio e l’altro a fine aprile. Prevalgono le nazionalità provenienti dall’Africa nord occidentale. Gli ospiti, arrivati da poco, raccontano di essere stati fotosegnalati al porto e poi spostati al Pala Nebiolo, dove sono rimasti per breve tempo, forse ventiquattro ore, per il rilevo delle impronte e infine trasferiti all’ex Caserma Bisconte. Il quadro degli spostamenti, dal porto verso le strutture, però non è del tutto chiaro. Dalle testimonianze emerge che, quando ci sono nuovi sbarchi a Messina, gli ospiti del Pala Nebiolo vengono trasferiti nell’ex caserma Gasparro e i nuovi arrivati prendono il loro posto nella tendopoli dell’Annunziata Pala Nebiolo, dove gli vengono prese le impronte. Alla fine di queste operazioni il nuovo gruppo viene trasferito all’ex caserma e il vecchio gruppo di ospiti viene ritrasferito al Pala Nebiolo, in attesa di essere smistato in altri centri italiani. Dalle informazioni che abbiamo dallo stesso ente gestore, l’ex caserma ospita i giovani ospiti del centro per minori “Casa Ahmed”. Dai dati chiesti al responsabile di questo centro Benny Bonaffini, durante una riunione della commissione comunale politiche sociali, i giovani trasferiti per il raggiungimento della maggiore età sono tra i dieci e i quindici al mese.

Rileviamo che nella caserma Gasparro il gruppo di ospiti con cui abbiamo parlato non ha lamentato l’uso della forza nel prelievo delle impronte e nessuno di loro sembra aver formalizzato la richiesta d’asilo. Al Pala Nebiolo invece abbiamo riscontrato una situazione più complessa.

Agli ospiti arrivati da poco, si aggiungono numerosi testimoni di giustizia. Ne incontriamo quattro, arrivati più o meno un mese fa.

Il responsabile che ci accompagna lamenta il proprio disagio per quest’ultimi, che permangono nel centro per mesi senza avere nessuna notizia in merito al loro processo. Molti di loro non sono mai stati convocati dal tribunale, nonostante la segnalazione del problema sia all’ufficio immigrazione che all’autorità giudiziaria. Secondo l’articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione, i testimoni contro i presunti scafisti dovrebbero essere accolti in un luogo protetto.

Lo stesso responsabile ci spiega che, sia l’ex Caserma che, il Pala Nebiolo sono centri di primissima accoglienza, in cui migranti dovrebbero rimanere 72 ore. Il tempo di permanenza, a suo dire è in media di circa 15 giorni. Lui stesso dichiara che nel periodo invernale gli ospiti rimangono fino a tre mesi, in particolare nell’ex caserma Gasparro. A noi sembra, che tutti gli ospiti in realtà trascorrano anche lunghi periodi all’interno dei due centri, nei quali non svolgono nessuna attività e saltuariamente incontrano “una volontaria” che insegna la lingua italiana. Al Pala Nebiolo incontrano l’imam, mentre all’ex caserma Gasparro i giovani ospiti pregano in uno spazio che è di passaggio a tutte le altre stanze, ai bagni e alla mensa. Nel tempo libero i giovani ospiti giocano al pallone o escono per raggiungere a piedi il centro di Messina. Il trasferimento verso i centri di seconda accoglienza dipende dalla disponibilità di posti lungo tutto il territorio italiano e di frequente i tempi possono dilungarsi.

Alcuni dei ragazzi, dopo la prima mezz’ora passata insieme nel cortile dell’ex caserma Gasparro, ci hanno detto di essere minori ma di non volerlo dichiarare.

Ci vengono incontro anche due ragazzi che dicono di essere minorenni e ad occhio sembrano che ce ne siano più di due. Il responsabile però afferma che al Bisconte non sono presenti minori. Ci spiega che all’arrivo in struttura, gli ospiti incontrano un informatore legale e un mediatore culturale,che chiedono ai nuovi arrivati di dichiarare l’età. Può capitare che durante la fase della prima accoglienza al porto o in struttura, i ragazzi non dichiarino la minore età. I naufraghi durante la prima fase dell’accoglienza al porto,vengono sottoposti alle pratiche previste dalla legge ma, ancora troppo stanchi e disorientati, non riescono ad avere consapevolezza della situazione.

Al loro arrivo in entrambi i centri viene fornito loro 1 kit igiene e 1 kit accoglienza, rinnovati ogni mese o al bisogno.

I mediatori che lavorano nei due centri sono all’incirca dieci e di varie nazionalità. Durante il giorno ce ne sono due per struttura e si alternano mattina e pomeriggio. Lo stesso vale per i medici. Nel corso della giornata in ognuno dei centri è presente anche un avvocato della cooperativa.

Incontriamo il medico di turno, che chiarisce di non essere un dipendente della cooperativa, ma di usufruire di una sorta di contratto di collaborazione.Egli non rileva particolari problemi nel rapporto con i ragazzi, anzi mette in evidenza la loro educazione e gratitudine.La patologia che gli capita di riscontrare in prevalenza è la scabbia. Al porto avvengono i primi controlli sanitari. Se arrivano dei casi urgenti avviene subito il trasferimento in ospedale. Il medico e tutti gli operatori ritengono che agli ospiti nei due centri viene data un’accoglienza degna. Rimaniamo tuttavia impressionati quando visitiamo l’interno dei dormitori in cui vivono 188 persone in tre stanze, visibilmente non adeguate per superficie e volumetria. I letti sono a castello e così vicini da non lasciare spazio per i movimenti. Anche nei corridoi riscontriamo la presenza di materassi ammucchiati e seminascosti. Verosimilmente di notte le precarie condizioni di vivibilità all’interno delle camere spingono alcuni a trasferirsi nei corridoi. Per il rispetto degli ospiti cerchiamo di non fare trasparire nessun giudizio e nessuna emozione nel vedere i letti tutti ammassati e nel sentire gli odori forti. Il centro ufficialmente può contenere fino a 200 persone. Come negli anni scorsi il sovraffollamento è una delle criticità di questo posto. L’aspetto di queste stanze ci ricorda un lager. Non basta dare un vestito, per affermare che agli ospiti non manca niente. Al Bisconte ci sono 20 -24 docce. Alcuni bagni sono nei container sistemati nello spiazzale all’ingresso della ex caserma.

Chiediamo delle informazioni sulle voci che riguardano l’apertura di un hotspot proprio nei locali adiacenti alla ex Caserma.

Da circa un anno si sa che verrà fatto un bando di gara per ristrutturare un’altra ala dell’ex caserma. Nel mese di febbraio è stata bandita la gara per le attività di rilievo e progettazione esecutiva per adeguare le strutture dell’immobile da destinare, in base alla dicitura ministeriale, a “centro di accoglienza per migranti presso Messina”. La gara è stata espletata lo scorso 14 aprile con un importo di circa 138.000 mila euro. La società aggiudicatrice è INVITALIA S.P.A., partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia.

Al momento della visita, il gestore afferma di non avere notizie particolari riguardo la realizzazione dell’Hotspot, se non quelle che si apprendono dai giornali. Ci racconta che negli ultimi mesi sia la prefettura che i vigili del fuoco hanno eseguito diverse visite nell’ala da ristrutturare ed adeguare per aggiungere altri posti. Nelle ore successive allo sbarco rileviamo anche il passaggio degli agenti Frontex e degli operatori che fanno parte delle ONG più importanti come OIM .

Usciamo dal vecchio casermone con l’amaro in bocca per spostarci al Pala Nebiolo.

Arriviamo alla tendopoli dopo una mattinata d’intense piogge. Tutto è allagato. Si può camminare solo in alcuni punti attorno alle tende solo grazie alle passerelle di legno. Qui gli ospiti sono in tutto 151. Rileviamo la presenza di 22 donne e 4 nuclei familiari con bambini piccoli. Il resto della popolazione del campo è di sesso maschile. Vi è anche un ipovedente. Quasi tutti i profughi presenti sono arrivati con lo sbarco del 17 maggio e provengono dall’Africa nord occidentale e dal Corno d’Africa.

Notiamo la presenza di alcune ragazze nigeriane che non hanno tanta voglia di parlare con noi. In generale qui percepiamo un clima non troppo rilassato, soprattutto in presenza di alcuni mediatori culturali, anche questi di poche parole. Un gruppo di ospiti si avvicina.Alcuni ci dicono di essere di nazionalità eritrea.Fra di loro è presente anche una ragazza incinta al settimo mese di gravidanza. Ci dicono esplicitamente che non vogliono parlare ma sono disposti ad incontrarci fuori. Nel frattempo il responsabile del centro ci indica l’ufficio immigrazione, il luogo dei bagni e quello della mensa. Per il prelievo delle impronte, lo stesso ammette qualche difficoltà, che viene subito risolta una volta chiarita la necessità dell’azione. Chiediamo se e come viene affrontata la questione della tratta che riguarda in modo particolare le donne nigeriane. Non sembra tuttavia, che al Pala Nebiolo si conosca l’esistenza del piano nazionale antitratta. Il tutto si risolve con una visita al consultorio di Messina.

Gli ospiti di nazionalità eritrea e siriana che rientrano nel piano della relocation previsto dall’unione Europea,vengono spostati da qui in piccoli gruppi a Villa Sikania e a Roma. Gli spostamenti ai fini della relocation sono stati solo poco più di un centinaio.

Sono le prime ore del pomeriggio il caldo si fa soffocante e ci affrettiamo ad uscire per incontrare il gruppo degli eritrei che aveva chiesto di vederci fuori.

Una volta seduti tutti insieme al bar inizia un racconto doloroso. Il gruppo è composto da 9 uomini e una donna, che dichiarano di essere eritrei ma 9 sono stati registrati come etiopi e 1 come sudanese. Parla l’unica donna del gruppo. La giovane è al settimo mese di gravidanza. Il marito è stato respinto in Sudan e lei arrivata da sola in Sicilia. I ragazzi ci raccontano di aver ricevuto il numero identificativo e di essere stati foto segnalati subito dopo lo sbarco al molo Marconi. Contemporaneamente hanno compilato anche il cosiddetto foglio notizie, in cui hanno dichiarato di essere eritrei. Dopo aver consegnato il foglio notizie, i ragazzi ed anche la donna, ci dicono di essersi resi conto che la polizia aveva cambiato la nazionalità da eritrea ad etiope e che a nulla sono servite le loro proteste. Ribadiscono ancora che per la polizia loro sono etiopi! Il racconto di queste persone era davvero angosciante, soprattutto quando hanno raccontato dell’uso della forza per il prelievo delle impronte. Il rilievo comunque è stato fatto solo per un dito della mano.

Affermano ancora che la coercizione e la violenza è stata usata anche nei confronti della donna in gravidanza e nonostante il suo evidente stato di sofferenza dopo il viaggio. La nostra amica ci racconta anche di un’altra ragazza incinta di nazionalità eritrea, portata subito in ospedale e di cui non hanno più avuto nessuna notizia. Lei invece è stata visitata una sola volta dal medico dell’ospedale (dal suo racconto dovrebbe essere il Papardo) e nella struttura del Pala Nebiolo non ha più ricevuto altre visite.

Abbiamo avuto la sensazione che alcuni di questi ragazzi forse avrebbero voluto denunciare le violenze e fare in modo di essere riconosciuti, attraverso un legale, come eritrei, perché non volevano accettare di essere stati registrati con una nazionalità che non è la loro. Avevamo stabilito insieme al gruppo di rivederci insieme ad un avvocato per dare loro supporto legale.

Dopo qualche giorno un componente la delegazione ha incontrato fuori dal centro alcuni di loro, che hanno detto di non aver ancora ricevuto informazioni né dal legale né dall’ente gestore e di non aver avuto alcuna notizia sul loro trasferimento. Erano molto spaventati.

Fra il 26 e il 27 maggio, proprio quando era stata autorizzata la nostra seconda visita, a Messina c’è stato un altro sbarco, e la visita viene revocata. Velocemente sono state eseguite le operazioni di smistamento e trasferimento verso altre strutture degli ospiti. E quando il 3 giugno ci siamo recati di nuovo al Pala Nebiolo per la visita ispettiva, del gruppo dei sedicenti eritrei registrati come etiopi, non siamo più riusciti ad avere notizia. Segnaliamo infine, il trasferimento della ragazza incinta a seguito dell’interessamento del senatore Manconi su nostra comunicazione.

Report del 3 giugno 2016

Il 3 giugno torniamo a Messina per un’altra visita nei centri temporanei Pala Nebiolo e Caserma Gasparro. Iniziamo il nostro percorso dalla tendopoli, dove immediatamente ci accorgiamo di un gruppo numeroso di minorenni, provenienti dal Mali, Gambia e Senegal. Insieme a loro anche gli adulti, tutti arrivati a fine maggio. Nel gruppo tra l’ex caserma Gasparro e la tendopoli dell’Annunziata sono presenti anche 11 dei 19 testimoni di giustizia passati nell’ultimo anno a Messina e 1 giunto nello sbarco del 29 maggio 2016. Alcuni di questi in attesa di essere spostati da diversi mesi. Uno di questi giovani addirittura si trova all’ex caserma Gasparro dallo scorso autunno ed è seguito da un’associazione, “Penelope”, ma lui lamenta il fatto di non essere ancora stato chiamato da nessun giudice. Cosa confermata dall’ente gestore, che ci fa notare che nonostante loro stessi chiedano informazioni all’ufficio immigrazione sullo stato del processo, spesso i c.d. scafisti vengono scarcerati prima per assenza di prove.

Ancora una volta riscontriamo il totale disorientamento dei testimoni di giustizia: non sanno nulla dei loro diritti e del loro ruolo di teste. Sono spaventati perché pensano di essere condannati e sono consapevoli di non avere nessuna prospettiva futura. Non hanno informazioni legali adeguate da parte di nessuno. Alla tendopoli del Pala Nebiolo un testimone di giustizia era arrivato con l’ultimo sbarco del 29 maggio 2016 ed era insieme alla moglie. Abbiamo chiesto all’ente gestore se ci possono essere dei pericoli di ritorsione da parte di parenti o amici delle persone denunciate come scafisti, e ci è stato assicurato che tutto questo viene valutato.

Inoltre abbiamo conosciuto tre giovani ragazze senegalesi, una delle quali ci ha impressionato in modo particolare perché riportava delle gravi ustioni che si era procurata nel viaggio sul barcone a causa della benzina che fuoriesce e che finisce sui corpi delle persone ad ogni ricarico del pieno. Anche le altre due donne stavano sotto terapia medica. Ci chiediamo perché una tendopoli sia diventata il luogo adatto per ospitare una persona ustionata e altri casi gravi dal punto di vista medico, date le evidenti ferite causate da scottature sul corpo della donna. Lo stesso ente gestore ci ha dichiarato che da quest’ultimo sbarco sono arrivate persone fisicamente provate e ci sono stati molti casi di dissenteria.

Ritorniamo al centro temporaneo caserma Gasparro dopo aver appreso la notizia ufficiale dell’apertura dell’Hotspot negli stessi locali. Oltre ai nuovi ospiti, naturalmente riconosciamo anche alcuni testimoni di giustizia incontrati nella visita precedente. Discutendo con i ragazzi apprendiamo che nessuno di loro ha formalizzato la richiesta d’asilo e ancora una volta avvertiamo una sensazione generale di smarrimento, dovuta alla mancanza adeguata di informazioni legali. L’informativa legale, infatti, non viene svolta mai in modo individuale ma in maniera collettiva e sempre nelle ore successive allo sbarco, forse nel momento in cui non si è abbastanza lucidi per capire le numerose informazioni che vengono date in quel momento.

L’ente gestore spiega che la richiesta d’asilo non viene formalizzata perché tutti sono destinati ad essere spostati entro breve tempo. Agli ospiti viene somministrato solo il cosiddetto foglio notizie. Veniamo a conoscenza attraverso la visione di uno di questi documenti che nessuna delle caselle del foglio notizie viene barrata dagli ospiti nel momento della compilazione. Ciò dunque lascia la possibilità che successivamente possano venir redatte notizie errate, che incideranno in maniera negativa per l’accoglimento della richiesta di asilo e al colloquio con la commissione.

Tutte le volte che facciamo le visite abbiamo assistito ad un atteggiamento di controllo da parte di alcuni mediatori/traduttori dei centri. In maniera del tutto evidente gli ospiti ci fanno delle domande su questioni a loro non chiare sui loro diritti, e l’intervento tempestivo di alcuni di questi mediatori evidenzia lo stato di tensione vissuto dagli ospiti. Da quello che abbiamo potuto trarre dalle varie testimonianze, alcuni dei mediatori presenti già allo sbarco hanno mostrato un atteggiamento che non aiuta chi arriva stanco e provato psicologicamente da questi viaggi. In particolare la situazione degli eritrei che sono stati forzatamente dichiarati etiopi ci ha messo in evidenza che è necessario chiarire il ruolo dei mediatori dei centri prefettizi e il ruolo che dovrebbero svolgere quelle associazioni che dovrebbero garantire con la loro presenza ammessa dalla prefettura il massimo della trasparenza.

Campagna LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte contro la detenzione amministrativa dei migranti continua »