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Migranti: un’emergenza Made in Italy

Tratto da Belluno Più del 29 marzo 2015

Stop speculazione, prima le persone
Stop speculazione, prima le persone

A nemmeno un mese dall’iniziativa costruita dagli attivisti de La Comune Bellunese, cso Django (TV) e Razzismo Stop (TV) che aveva come obbiettivo il sanzionamento del CEIS, simbolo negativo di speculazione e malagestione sulla pelle dei richiedenti asilo, ieri è arrivata un’altra conferma rispetto a quanto, da quasi un anno, movimenti, associazioni e qualche illuminato amministratore vanno dicendo.

La notizia dei 5 indagati (tra cui Don Gigetto) per maltrattamenti all’interno della struttura di Seravalle gestita dal CEIS non può non essere letta dentro un ragionamento più ampio sulle modalità di gestione dei Richiedenti Asilo, almeno nel nostro territorio. Nonostante le inchieste, le iniziative pubbliche e le numerose parole scritte e dette su questo tema, si sta assistendo all’ennesima prova di impermeabilità delle istituzioni rispetto alle proposte e alle critiche che provengono da chi sta cercando di affrontare la questione dei Richiedenti Asilo fuori da ragionamenti di utilità politica o peggio di pura speculazione.

Brescia, 28 marzo 2015 - La primavera dei diritti sociali (Foto Marco Foglia)
Brescia, 28 marzo 2015 – La primavera dei diritti sociali (Foto Marco Foglia)

Per dare un esempio tangibile di questo atteggiamento basterebbe il caso di Belluno dove, nonostante il lavoro di proposta prodotto dai movimenti bellunesi e dagli stessi volontari presenti nelle strutture, sembra che Prefettura e Comuni interessati (salvo qualche virtuosa eccezione) siano troppo occupati a difendere il proprio lavoro e quello delle cooperative, rispetto all’affrontare in maniera critica e partecipativa il tema dell’accoglienza, delegittimando in questo modo anche gli operatori e le cooperative che stanno costruendo di fatto ottimi esempi di integrazione e di investimento di denaro pubblico.

I risultati di questa scelta però sono sul piatto e la cronaca di questi mesi ci sembra dare indicazioni abbastanza chiare su dove risiedano le vere criticità rispetto al tema dell’immigrazione. Un sistema che sta alimentando le storture di un accoglienza che troppo spesso si trasforma in business sulla pelle dei migranti e degli stessi territori che li ospitano, non facendo altro che alimentare un’isteria sociale basata esclusivamente sulla percezione, più che sulle reali dimensioni di un fenomeno storico col quale, volenti o nolenti, dovremo fare i conti a lungo.

Questa strada può essere cambiata, a patto di essere in grado di costruire percorsi di partecipazione e di trasparenza che siano in grado anche di mettere in discussione gli aspetti critici visti fino ad ora e che sappiano andare oltre l’emergenzialità. In questo senso è necessario rilanciare con forza e dal basso la proposta fatta dagli attivisti trevisani e bellunesi dalla sede del CEIS qualche settimana fa: trasformare i Tavoli di Sicurezza provinciali che si svolgono in Prefettura per la gestione dei Richiedenti Asilo, in Tavoli dell’Accoglienza e Partecipazione pubblici aperti alle associazioni, alla società civile e soprattutto alla componente migrante ospitata nelle strutture.
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Ci sembra incredibile infatti che a quei tavoli per mesi si sia parlato, tra le altre cose, di come tenere fuori dalle strutture gli attivisti e i volontari che volevano interagire coi ragazzi e le ragazze arrivati da Lampedusa, mentre nelle stesse strutture le persone vivevano nella muffa, nel disagio e perfino, scopriamo oggi, dovendo fare i conti con operatori non qualificati che li maltrattavano.

Ora è tempo di dare a queste persone la dignità che meritano, in quanto uomini e donne, in quanto Richiedenti Asilo e come cittadini dei nostri territori. E’ tempo di ragionare non di “emergenza migranti” ma di accoglienza ed autodeterminazione, per questo crediamo che sia fondamentale che la componente migrante diventi parte attiva nel processo di gestione del sistema di accoglienza e soprattutto che si trovi una soluzione politica per dare una risposta dignitosa alla situazione indegna in cui si trovano ancora oggi.

Queste persone arrivano nel nostro paese in cerca di un domani, ma finiscono strette tra la morsa dell’illegalità e della clandestinità dovuta dalla penosa Legge Bossi-Fini e rimango incastrati in un paese nel quale raramente vogliono fermarsi a causa dell’ottuso regolamento di Dublino sottoscritto anche dal nostro Paese.

Brescia, Pordenone, Belluno e Treviso (solo per citare gli ultimi casi) ci parlano della necessità di agire subito, per togliere il fiato alla destra xenofoba che non perde occasione per banchettare sui corpi di chi questa crisi la sta pagando sulla carne viva e per costruire territori aperti, solidali e meticci, unica risposta possibile alla sfida dell’estremismo islamico e dei vecchi e nuovi fascisti.