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A cura di di Lucia Sgueglia

Migreurop, l’europa dei campi

tratto dal sito http://www.lettera22.it/

Martedì 27 Gennaio 2004

In Francia li chiamano centres d’attente (centri d’attesa), e precedono i veri e propri centri di detenzione amministrativa (CRA) dove finiscono i condannati all’espulsione. In Germania prendono invece il nome suggestivo di Ausreisezentrum (“centri di partenza”), mentre in Grecia vengono improvvisati in baracche di fortuna piazzate su isole nei pressi dei luoghi di sbarco dei clandestini, lontano dalla costa. Ma molto spesso i posti letto scarseggiano, e si decide di sistemare i “trattenuti in attesa di giudizio” in hotel o ripari di fortuna.

La mappa dei centri di detenzione temporanea per richiedenti asilo in Europa disegna lo scenario inquietante di una “Europa dei campi”, che tendono oggi ad aumentare indiscriminatamente, spesso senza garanzie né rispetto dei diritti elementari degli “ospiti”. Dove talvolta si è costretti a scegliere tra una telefonata al proprio avvocato e una ai familiari. A presentarla oggi in Senato è stata Migreurop, una rete che riunisce le associazioni che nella UE si occupano di tutela e difesa dei diritti dei migranti e che da anni muove accuse contro le gravi violazioni e le violenze fisiche e psichiche commesse nei campi sparsi per l’Europa. È il primo monitoraggio su vasta scala del panorama europeo in materia di CPT, e non a caso a curarlo sono state soprattutto associazioni francesi, il paese che conta il maggior numero di campi (e di problemi).

La mappa prende in considerazione principalmente i “campi chiusi” (la maggioranza di quelli esistenti), dove gli stranieri sono totalmente privati della loro libertà di circolazione. Le “zone d’attesa” si trovano spesso in luoghi isolati, lontani dagli sguardi dei cittadini e del mondo, oppure nei pressi dei luoghi di frontiera come aeroporti e stazioni. Ma anche nel folto dei boschi, come il campo di Furth (Norimberga), o lo Yarl’s Wood di Bedford (GB). Dove nel 2002 la mano di un disperato ha appiccato il fuoco al “centro di custodia” più grande d’Europa (900 posti), fiore all’occhiello del governo Blair.

In Francia come in Italia, l’accesso ai cpt è interdetto ai giornalisti. Tutti i parlamentari possono accedervi, ma a titolo personale: non esiste infatti alcun organo di controllo a livello istituzionale. A occuparsi dei migranti rinchiusi nei cpt sono allora le organizzazioni come Anafe e Cimade, ad alcune delle quali è affidata anche la gestione di alcuni campi. In Germania invece non esiste alcuna organizzazione che si occupi esplicitamente di cpt. “In questi casi – ci dice Claire Rodier, coordinatrice di Migreurop – la raccolta dei dati è quasi impossibile, poiché nessuno può far ingresso nei centri”. Sempre in Germania, i richiedenti asilo sono spesso sistemati nelle prigioni comuni, come del resto in Irlanda.

“Il problema più grave – continua Rodier – è l’assenza di politiche comuni e di una legislazione omogenea sull’Asilo a livello europeo. Colpisce il fatto che l’Europa non riesca a mettersi d’accordo su una normativa comune, ma che trovi invece immediato accordo sulle pratiche e tecniche dell’espulsione. È il caso della recente proposta di organizzare dei charter “transnazionali” per “risparmiare” sui rimpatri, oppure dell’idea di inviare forze dell’esercito a pattugliare le acque del Mediterraneo per respingere i clandestini”. C’è poi la proposta – tutt’altro che caduta in sede europea – avanzata da Tony Blair di “delocalizzare” i cpt al di fuori dei confini europei. “Una concezione quantomeno curiosa dell’accoglienza – si scalda Rodier – che tradisce un approccio al problema immigrazione teso unicamente all’allontanamento, all’occultamento, all’avallo dell’equazione immigrato uguale criminale. Questa visione “difensiva” e respingente si è diffusa ancor più dopo l’11 settembre, facendo un tutt’uno con la lotta la terrorismo”.

Tutta l’Europa unita nella vergogna, dunque? Al termine dell’incontro Enrico Pianetta (FI), presidente della Commissione Diritti Umani al Senato, ha dichiarato che “è necessario varare al più presto una prima missione della Commissione nei cpt italiani a fini conoscitivi”.

Quel che è certo è che la mappa, oltre a disegnare uno scenario preoccupante dal punto di vista dei diritti dei migranti nella Ue, rivela anche l’esistenza di altri “luoghi della vergogna” per ora al di fuori della competenza europea: quelli situati nei paesi dell’Est Europa che presto entreranno a far parte dell’Unione, collocati perlopiù sui confini con i vicini dell’Est più poveri. Luoghi dove ancora non esiste alcun diritto né legge, e dove nessun ‘esterno’ è mai entrato.