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Naufragio a Lampedusa – Centinaia i morti. Ci sono corpi ovunque. Ora basta!

Diritto d'asilo europeo per non morire. Canale umanitario per chi chiede asilo

Il volto dei soccorritori che approdano a riva racconta le dimensioni della tragedia. Il viso segnato, le lacrime agli occhi, la voce tremante. “Ci sono cadaveri ovunque” dicono.

Un barcone di quindici metri, con a bordo circa cinquecento persone si è rovesciato dopo un incendio provocato probabilmente da un cortocircuito. In soccorso ai naufraghi, oltre alla Guardia Costiera, sono arrivati quattro pescherecci. I primi 120 superstiti hanno raggiunto Lampedusa ma un pò più in là, al largo dell’isola, ancora un centinaio di persone si trova in acqua.

Il primo bilancio dopo poche ore è drammatico: Un centinaio di cadaveri raccolti in mare, altri cento incastrati nel relitto. Tra loro donne e bambini. La più grande tragedia di sempre. Ma circa quaranta persone non ce l’hanno fatta. I loro corpi sono stati recuperati. Tra loro quelli di una donna e due bambini.
A pochi giorni dalla tragedia di Ragusa la frontiera Sud inghiotte altre vite umane, vittime della Fortezza Europa, del mare che la circonda, del confine che lo rende mortale.
Ma davvero questa rotta della morte è inarrestabile? Davvero non esiste altra possibilità che quella di respingere, pattugliare, o raccogliere cadaveri?

Eppure l’Europa nel corso dell’ultimo decennio ha saputo e voluto proiettare all’occorenze la sua sovranità all’interno del continente africano. In Libia, lì dove ha finanziato i centri di detenzione, nel Sahara, dove con Finmeccanica ha progettato un confine controllato elettronicamente, nelle acque africane con i pattugliamenti congiunti.
Eppure i viaggi della speranza non si fermano, perché la fuga dalla guerra, dalle persecuzioni e dalle torture non ha prezzo.

Si tratta di una sfida non più rinviabile che mette di fronte l’Europa alla necessità di ripensare il quadro complessivo del sistema asilo almeno su due fronti.
Il primo, quello di assumerne la dimensione europea, laddove centinaia di migranti in fuga ambiscono a raggiungere soprattutto Stati Membri che non si trovano in zona di confine.
Il secondo, quello della necessità di intervenire in forma comune, non delegata ad uno Stato Membro, direttamente all’interno dei confini africani. Attraverso i consolati, in collaborazione con le organizzazioni internazionali, per costruire un canale umanitario che permetta di raggiungere l’Europa costruendo un’alternativa all’offerta dei trafficanti di uomini.
Si tratta insomma di offrire una nuova idea di Europa. Un’ Europa dei diritti.

da DinamoPress
La notizia esplode lungo la mattinata: appena quattro giorni dopo i tredici migranti arrivati morti sulla spiaggia si Scicli, un naufragio al largo di Lampedusa, ultimo scampolo di Europa, testimone del Mediteranneo che diventa un cimitero. Il bilancio dei morti potrebbe arrivare a trecento persone, poco più di centocinquanta sono state tratte in salto e più di ottanta al momento i corpi recuperati.

DINAMOpress ha raggiunto al telefono Giacomo Sferlazzo dell’associazione antirazzista lampedusana Askavusa: “Che vi devo dire? Siamo qua a raccogliere i morti, a contarli. Il barcone si è ribaltato non lontano dall’isola, dal lato della Tabaccara, cinquecento persone circa da quello che riusciamo a capire, purtroppo i sacchi non basteranno. La maggior parte di loro, a differenza di quello che dicono i media, non sono siriani ma provengono dall’Africa subsahariana”.

Una tragedia è quella ci descrive Giacomo, certo, ma che ha responsabilità precise: “Le storie ormai le conosciamo, le conoscono tutti. I viaggi disumani dei migranti, gli scafisti e il ruolo delle organizzazioni criminali, ma allora perché non si fa nulla? Gli sbarchi e i naufragi sono iniziati oramai trent’anni fa. Non succede nulla perché queste tragedie sono responsabilità delle politiche migratorie europee, perché l’accoglienza è un business e i migranti clandestini sono manodopera da schiavizzare”.

Raccontiamo a Giacomo che Angelino Alfano e Laura Boldrini stanno per arrivare a Lampedusa: “Noi siamo per portarli prima qua, tra i morti, e poi per mandarli via e ributtarli a mare. Siamo stanchi delle ipocrisie e le lacrime di coccodrillo delle istituzioni. Se vogliono veramente fare qualcosa, aprano un corridoio umanitario dalla Libia, invece di spendere milioni di euro per missioni di pattugliamento e per Frontex. Soldi che alla fine servono per raccogliere cadaveri”.