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Nigeria – Status di rifugiata alla donna vittima di tratta: il rimpatrio nel Paese la esporrebbe a nuove violenze

Tribunale di L’Aquila, ordinanza del 10 maggio 2018

Foto di Jason Tanne

Con una recente sentenza del Tribunale di L’Aquila viene riconosciuto lo status di rifugiata ad una cittadina nigeriana vittima di tratta in quanto “il racconto si delinea sufficientemente chiaro quanto alla sua riconduzione al fenomeno della tratta di ragazze destinate al meretricio, presidiata una donna che fa da tramite previo pagamento di una somma di danaro per aiutare la vittima ad espatriare“.

Nella sentenza si riporta che “la ricorrente narra di una connection house dove si prostituiva e dove ha patito violenze ed è stata costretta ad abortire e costretta ad esercitare il meretricio con la minaccia delle conseguenze della mancata restituzione della somma investita per il suo viaggio.
La narrazione della ragazza nonché la coerenza rispetto alla comune conoscenza e ai fatti notori circa la situazione nigeriana nel traffico di esseri umani (si veda in particolare le conclusioni del rapporto nazionale della Commissione diritto di asilo del luglio 2014 sul traffico illegale di esseri umani verso, da e all’interno della Nigeria ai fini della prostituzione e le fonti in esso citate Minority Rights Group Intemational – Rapporto annuale sulla situazione delle minoranze (http://www.ecoi.net); Agence France Presse : “More than 60 women, girls escape abductors in Nigeria”, 07/07/2014 in Reliefweb; Freedom House: Freedom in the World 2014 Nigeria, 23 January 2014 (available at ecoi.net) http://www.ecoi.net/local_link/280220/397094_en.html citata in Trib Salerno, 2.2.2017, estensore Tringali).

Nel caso di specie emergono tutti gli elementi identificativi della tratta, ossia il reclutamento previa intermediazione, il trasporto, il lavoro forzato e la violenza di gruppo.
Ne deriva che, in concreto, ricorrono tutti i presupposti previsti dal menzionato art. 2 D .Lgs.251/2007 .
Infatti, possono essere considerate persecuzioni le gravi violazioni dei diritti umani, ove la richiedente è stata sostanzialmente privata della libertà e costretta al lavoro forzato, poi venduta ad un arabo che, prima di imbarcarla verso l’Italia, l’ha sottoposta ad uno stupro di gruppo.

Su queste premesse il ritorno in Nigeria dove il sodalizio criminale l’ha reclutata la esporrebbe a nuove violenze in un Paese ove le autorità mostrano di non essere capaci di proteggere una propria cittadina contrastando il fenomeno dello sfruttamento violento della tratta di donne destinate allo sfruttamento sessuale, come viene confermato dalle relazione EASO il 05.06.2017 e nel mese di ottobre 2015.
Alla stregua del racconto e delle fonti documentali non emergendo condizioni ostative, va riconosciuto alla ricorrente lo status di rifugiata
“.

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Tribunale di L’Aquila, ordinanza del 10 maggio 2018