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Nigeria, il “Re” vieta il juju e libera le ragazze

Terre des hommes - 5 aprile 2018

Lo stato di Edo, nel sud della Nigeria, è la regione da cui a partire dagli anni Ottanta ha avuto inizio la tratta delle giovani donne nigeriane: ingannate con la promessa di un lavoro come parrucchiera o baby sitter, ancora oggi decine di migliaia di donne e ragazze vengono invece costrette a prostituirsi sulle strade di mezza Europa.

All’interno di questo business, svolgono un ruolo importante i sacerdoti della religione tradizionale juju che, attraverso appositi riti, vincolano le ragazze a obbedire ai trafficanti e alle maman, a non tradirli mai. Pena la morte, la pazzia, o altre sventure che possono ricadere su di loro o sui loro familiari.

Questi riti hanno un forte potere di suggestione. Sono, di fatto, catene invisibili che pochissime ragazze hanno il coraggio di spezzare. Chi invece ha avuto il coraggio e il potere di spezzarle è stato l’Oba (il “re”) Ewuare II, la massima autorità religiosa del popolo Edo. Lo scorso marzo, l’Oba ha convocato tutti i sacerdoti juju della regione e ha formulato un solenne editto con cui ha revocato tutti i riti di giuramento pronunciati dalle ragazze. Inoltre, ha obbligato i sacerdoti juju a non praticarne più e ha lanciato una maledizione su coloro che favoriscono la tratta degli esseri umani attraverso l’uso di queste pratiche. “Non vogliamo contrastare le attività dei sacerdoti, ma coloro che usano il juju per perpetrare il male sulla terra, attraverso il favoreggiamento e il traffico di esseri umani”, ha dichiarato Ewuare II, che ha infine lanciato un appello a “unire le nostre forze” per lottare contro la tratta di esseri umani.

Ewuare II è una figura molto rispettata in Nigeria. “La sua presa di posizione è importantissima”, spiega Francesca De Massi, responsabile di una casa-rifugio della cooperativa Befree a Benin City, che era presente alla cerimonia. De Massi, ha ricevuto molte telefonate dall’Italia: “Le ragazze mi chiedono se è vero, sono felicissime e stanno festeggiando”. Libere dalle catene del juju, per le giovani e giovanissime nigeriane costrette a prostituirsi in Italia, potrebbe essere più facile trovare il coraggio per denunciare i propri sfruttatori.

Vittime di tratta sempre più giovani

Quasi tutte queste ragazze sono arrivate in Italia al termine di un lungo ed estenuante viaggio che dalla Nigeria le ha portate attraverso il deserto del Sahara fino alla Libia e all’Italia: di trafficante in trafficante, spesso abusate e costrette a vendersi già durante il viaggio per ripagare l’enorme debito contratto (dai 20 ai 50mila euro). “L’elevato numero di giovani donne nigeriane tra i migranti che raggiungono l’Italia su un gommone partito dalla Libia è un dato consolidato e in costante crescita, sia per quanto riguarda le donne (erano circa 5mila nel 2015, passate a 11mila nel 2016) sia per quanto riguarda i minori non accompagnati (in larga parte di sesso femminile, passati da 900 a 3.040)” si legge nell’ultima edizione del dossier “InDifesa” presentata lo scorso 10 ottobre in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze.

Oim (Organizzazione mondiale per le migrazioni) denuncia “il significativo e preoccupante aumento di vittime di tratta adolescenti”. Molte tra queste ragazzine al momento dello sbarco si dichiarano maggiorenni, seguendo le indicazioni dei trafficanti: “In questo modo infatti le ragazze verranno collocate in strutture di accoglienza per adulti, dove sarà più semplice contattare i loro trafficanti che andranno a prelevarle con maggiore facilità”.

Anche Save the Children ha evidenziato il progressivo abbassamento dell’età delle giovani nigeriane vittime di tratta: “Sono sempre più giovani, scarsamente scolarizzate e sempre più pe. Si tratta prevalentemente di ragazze tra i 15 e i 17 anni, con una quota crescente di bambine tra i 13 e i 14 anni”.