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di Lodovica Bulian, Messagero Veneto - Edizione di Udine, 1 ottobre 2015

Noi accogliamo i profughi, il Veneto li respinge

Dalla Commissione di Gorizia ok al 70 % delle richieste di protezione. La vicina regione ne prende solo il 40%

Udine. Friuli Venezia Giulia di “manica larga” nel concedere la protezione internazionale ai profughi. La Commissione territoriale per le richieste di asilo di Gorizia dà l’ok al 70 per cento circa delle domande presentate.

In Veneto invece situazione del tutto opposta: i dinieghi, finora, sono stati pari al 62 per cento. Ciò vuole dire che meno di 4 richiedenti su 10 ottiene una qualsiasi forma di protezione.

Negli ultimi nove mesi, dal primo gennaio a ieri, infatti, i quattro funzionari insediati nell’organismo isontino hanno esaminato complessivamente 1.677 richieste di asilo depositate: solo 61 migranti hanno ottenuto l’effettivo status di rifugiato, ma ben 952 hanno intascato la protezione sussidiaria e 123 quella umanitaria. I rigettati, in tutto, sono stati 395. Si contano invece 65 profughi che a oggi risultano irreperibili.

Agli appuntamenti fissati per le audizioni con i mediatori e i commissari non si sono mai presentati. Scomparsi nel nulla, di loro si sono completamente perse le tracce. Forse hanno tentato la fuga in altri Paesi, anche se resta l’ombra della rete criminale, un pericolo più volte sollevato dal sindacato di polizia.
Eccoli, gli ultimi numeri dell’emergenza, finiti nel mirino di un’interrogazione in Consiglio regionale della leghista Barbara Zilli, a cui ha risposto l’assessore Gianni Torrenti.
Solamente al 4 per cento circa dunque dei migranti – quelli che arrivano in Friuli Venezia Giulia dalla rotta balcanica sono soprattutto afghani e pakistani, mentre i siriani si contano sulle dita di una mano – è stato riconosciuto il diritto all’asilo.

Ma la maggior parte, comunque, anche se non è stata concessa l’identificazione di profugo di guerra, è riuscita a ottenere la protezione sussidiaria, quella che viene rilasciata dai funzionari nel caso in cui il richiedente dimostri una possibile persecuzione personale, ovvero l’esistenza di un concreto rischio nel caso di un rientro nel proprio Paese. E che dà diritto, a un permesso di soggiorno di cinque anni, che equivale, nei fatti, al tempo di permanenza concesso per i rifugiati.
Un altro 8 per cento, invece, ha ottenuto sul nostro territorio la protezione umanitaria, una forma di tutela che non prevista dall’ordinamento europeo, ma solo da quello italiano, che rilascia un permesso di soggiorno di dodici mesi e vale nei casi in cui la commissione non accolga la domanda di protezione internazionale ma ritenga che possano sussistere «gravi motivi di carattere umanitario».

Percentuali che finora ricalcano circa quelle dell’anno scorso, quando su 1.961 decreti emessi da gennaio a dicembre 2014, la commissione isontina aveva riconosciuto lo status di rifugiato a 120 migranti, l’8 per cento, la protezione sussidiaria a 728, il 48 per cento, e quella umanitaria a 274 richiedenti asilo, il 18 per cento, mentre aveva rigettato il 26 per cento delle pratiche, 416.

Per non intasare i centri di accoglienza, con tempi di permanenza che si dilatano e strutture che puntualmente arrivano al limite del collasso, la commissione ha accelerato il ritmo di lavoro portando le pratiche esaminate, come disposto da una recente circolare del ministro dell’Interno Angelino Alfano, a 16 richieste al giorno, quattro per funzionario. Restano, però, tempi lunghi, perché la morsa dei flussi non si allenta.

Ma nonostante gli sforzi, prima di sapere se otterranno lo status di rifugiato, i migranti attendono – e nel mentre l’assistenza è a carico dell’Italia – in media quasi un anno.
Senza contare i ricorsi, che possono far allungare il soggiorno a fino anche a quattro anni, che ha lo stesso effetto del bollino di protezione internazionale, mentre l’istanza con cui i profughi impugnano il diniego all’asilo attraversa i tre gradi di giudizio ordinario.

Una strada, quella giudiziaria, facile da intraprendere anche per i migranti, visto che paga lo Stato grazie al patrocino gratuito, quello dedicato all’assistenza legale per i cittadini indigenti. In media circa il 65 per cento di chi riceve il niet alla domanda dello status di rifugiato, ricorre.