Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Non solo Lampedusa – Nuovi muri intorno all’Europa

Dalla Tuchia alla Bulgaria, nuovi muri per selezioanre i migranti

Non servono per esludere ma per selezionare. Non per tenere fuori, ma per differenziare le modalità di ingresso e lo status riconosciuto. Sono le frontiere dell’Europa. Non solo Lampedusa, teatro dello spettacolo del confine Sud, ma anche quelle imposte dall’UE agli stati che si affacciano all’esterno del vecchio continente. Lì dove cadono le frontiere del mercato e si ergono invece quelle che lavorano sui corpi di chi si muove, come in una chiururgica operazione selettiva che divide chi entra in maniera autorizzata da chi lo fa senza autorizzazione, rischiando la morte, attribuendogli una posizione subordinata nella scala gerarchica della cittadinanza europea.
Vi proponiamo di seguito alcuni focus su nuovi muri che stanno sorgento intorno all”Europa dopo che poco più di qualche settimana fa si ha avuto notizia della morte dell’ennesimo migrante alla barriera di Melilla.

Turchia – Il muro della vergogna
di Sara Montinaro
La complessità e il conflitto in continua evoluzione nelle terre siriane determinano nuovi perimetri
Nel corso degli ultimi giorni in Turchia si sono susseguite una serie di affermazioni che hanno scatenato differenti scenari, sempre più pericolosi.
Le ultime dichiarazioni di Erdogan hanno determinato infatti una nuova ondata di indignazione nel popolo turco.
La pianificazione di tale progetto consiste nella costruzione di una barriera, alta 2 metri e delimitata da filo spinato sul confine turco-siriano al fine di limitare l’accesso di “illegali e contrabbandieri”.
La notizia ha riscontrato un immediato rifiuto da parte della cittadinanza turca, vedendo in primo piano lo sciopero della fame iniziato il 30 Ottobre dal sindaco di Nusaybin, Ayşe Gökkan, esponente del partito filo-curdo BDP ( il partito della Pace e della Democrazia) governatore della prima cittadina ad esser luogo strategico per la costruzione di tale frontiera.
“E’ un muro della vergogna che divide il popolo curdo” ha dichiarato in una intervista rilasciata poche ore fa; asserzione seguita da altre dichiarazioni di esponenti del partito BDP i quali sottolineano di come il reale proposito di tutto ciò sia di impedire agli attivisti curdi del PKK la possibilità di rifugiarsi nel territorio turco.
Per questi motivi la reazione è stata immediata e questo pomeriggio un corteo determinato ad esprimere il proprio dissenso ha invaso i terreni circostanti la frontiera.
Violenti scontri con le forze dell’ordine si sono prolungati nel pomeriggio ed una nuova manifestazione si è data a Sanliurfa.
Gli scontri di Gezi Park e le recenti manifestazioni degli studenti dell’ università di Ankara OTDU (Middle East Technical University) delineano una cornice all’ interno della quale le forma di controllo si insinuano in modo sempre più invasivo.

Bulgaria: una “barriera tecnica” per fermare i migranti
di Francesco Martino da Osservatorio balcani e caucaso
Nuovi minacciosi muri si alzano a guardia dei confini dell’Unione europea. Questa volta è la Bulgaria, sotto crescente pressione a causa dell’ondata di arrivi di rifugiati e richiedenti asilo – in fuga soprattutto dalle rovine della guerra civile siriana – a ricorrere a reti e fili spinati per “mettere in sicurezza” le proprie frontiere, divenute dal 2007 anche il limes esterno dell’UE.

Da inizio 2013 sono quasi novemila i richiedenti asilo arrivati in territorio bulgaro, tutti o quasi dopo aver attraversato il confine che divide il paese balcanico dalla Turchia. Numeri molto al di sopra della capacità di gestione della Bulgaria, paese di dimensioni ridotte e capacità economiche limitate: secondo le stime del ministro degli Interni Tzvetlin Yovchev, il tetto massimo di accoglienza di Sofia si ferma infatti a cinquemila arrivi l’anno.

In un clima di tensione crescente, il governo bulgaro ha deciso nelle scorse settimane di affrontare la questione con una serie di misure d’emergenza. La più discussa: un muro (o “barriera tecnica”, nel linguaggio asettico della burocrazia) lungo più di 30 chilometri nel tratto più difficile da pattugliare della frontiera, quello segnato da alture e fitti boschi intorno alla cittadina di Elhovo.

La costruzione del muro, una rete alta circa tre metri – ispirata a quella innalzata nel 2012 dal governo greco, sempre sul confine con la Turchia – dovrebbe cominciare nella seconda metà di novembre, ed essere terminata entro il febbraio 2014. Secondo le dichiarazioni del governo di Sofia, la barriera non servirebbe però a respingere chi vuole attraversare il confine. “Non vogliamo rigettare i migranti, ma indirizzarli verso aree meno impervie e più controllabili. Vogliamo sapere chi entra sul nostro territorio, e cosa porta con se”, ha dichiarato nelle scorse settimane il vice-ministro degli Interni Vasil Marinov.

Nel frattempo però, dopo lo spiegamento lungo il confine di 1200 agenti di rinforzo deciso lo scorso 9 novembre, nel giro di sole 24 ore sono stati respinte in Turchia almeno cento persone, dopo aver impedito loro fisicamente di attraversare la frontiera.

Insieme alle misure lungo il confine, sono state accelerate anche le procedure sulle richieste di asilo politico. Se fino a poco tempo fa per avere una risposta bisognava aspettare almeno cinque mesi, la polizia ha annunciato che ora l’obiettivo è quello chiudere le pratiche entro tre giorni, per poter poi procedere in fretta all’espulsione di chi non risponde ai criteri di rifugiato.

E mentre trincera le proprie frontiere esterne, la Bulgaria fa i conti ogni giorno di più con un clima di crescente tensione politica. Il paese si trova di fronte ad una questione delicata e del tutto nuova, e le istituzioni sono in evidente affanno. Secondo un recente sondaggio, il 62% dei cittadini ritiene che il governo di Sofia non sia affatto preparato a rispondere ai problemi creati dall’attuale emergenza.

Come già visto in altre parti del Vecchio continente, le formazioni nazionaliste e xenofobe tentano di cavalcare politicamente ansie e confusione, attizzando la paura nei confronti dell’altro. Particolarmente attiva in questo senso la formazione ultranazionalista “Ataka”, decisiva oggi nel parlamento di Sofia per tenere in piedi con il suo supporto esterno il governo di centrosinistra del premier Plamen Oresharski.

Per la deputata di “Ataka” Magdalena Tasheva, portavoce delle frange più intolleranti, ad attraversare il confine bulgaro sarebbero “assassini di massa”, “cannibali”, “selvaggi”, “scimmie miserevoli”, arrivati nel paese per “stuprare e tagliare teste”. Atteggiamento rimbalzato pericolosamente anche fuori dalle stanze della politica. In una recente trasferta, gli ultrà del “Levski” – squadra della capitale e club più titolato di Bulgaria – hanno esposto in curva striscioni come “Morte ai rifugiati” e “Scorrerà il sangue”.

Una minaccia trasformatasi presto in tragica realtà. Nelle ultime settimane, una serie di brutali aggressioni ha visto come vittime stranieri. In una di queste, avvenuta nel pieno centro di Sofia, un uomo è stato picchiato a sangue da un gruppo di skinhead. Il malcapitato, si è scoperto in seguito, era in realtà un cittadino bulgaro: colpevole solo di avere la carnagione scura, e di passeggiare ignaro nei pressi di un albergo dove alloggiano richiedenti asilo.