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Nuovi elementi di prova indeboliscono il report dell’UE con cui si sostiene la collusione tra le organizzazioni che prestano soccorso ai rifugiati e i trafficanti

Zach Campbell, The Intercept - 2 aprile 2017

Photo: Andreas Solaro/AFP/Getty Images

Lo scorso mese un procuratore italiano ha aperto un’inchiesta per stabilire se le ONG che soccorrono i migranti nel mediterraneo siano collegate ad operazioni di tratta di esseri umani.

Vogliamo capire chi ci sia dietro tutte queste organizzazioni umanitarie che sono proliferate negli ultimi anni e da dove provengano tutti i fondi che hanno a disposizione” ha affermato il procuratore.

L’insinuazione alla base dell’indagine è provocatoria: per quale motivo i gruppi umanitari vorrebbero avere a che fare con i trafficanti?

Tuttavia, l’idea che le ONG siano direttamente coinvolte nella trasporto di persone verso l’Europa si è diffusa tra i media conservatori negli ultimi mesi, alimentata da un report in cui l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, Frontex, aveva “accusato le organizzazioni che operano nel Mediterraneo di essere in collusione con i trafficanti di esseri umani”. Il report, che è apparso nel Financial Times in Dicembre, non ha fatto il nome di nessuna ONG in particolare e ha da subito iniziato a mostrare dei punti deboli; nello spazio di una settimana il documento è stato corretto e Frontex ha preso le distanze dalle accuse.

Nonostante il passo indietro, la storia è rimasta e nell’annunciare la sua inchiesta il procuratore italiano ha citato le preoccupazioni espresse da Frontex per quanto riguarda “la collusione con i trafficanti”.

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Frontex Triton Analytical Report December 2016

The Intercept ha ottenuto una copia completa del report di Frontex sul quale l’articolo del Financial Times si è basato. Il report, insieme ai video e alle interviste ai soccorritori che testimoniano l’accaduto descritto nell’articolo, indebolisce ulteriormente le accuse di collusione. Nel report Frontex afferma sì che le persone sono state condotte clandestinamente in Europa attraverso una nave ONG, ma il report fornisce poche prove per l’accusa e ciò che contiene viene contraddetto dall’equipaggio di salvataggio.

La confusione mostra le condizioni faticose del lavoro di salvataggio nel Mediterraneo, dove trafficanti ed opportunisti approfittano sì dei profughi e dei loro soccorritori, ma in cui la situazione non è sempre così chiara e semplice. In caso di salvataggi in situazioni difficoltose, se una ONG accetta l’aiuto delle barche libiche vicine potrebbe non avere idea di con chi stanno lavorando.

Non siamo noi a costringere le persone a imbarcarsi e a farli stare lì fuori. Ma una volta che sono in mare dobbiamo tutti applicare il diritto marittimo” ha detto Ruben Naugebauer, che lavora con il gruppo Sea-Watch. “Se c’è una barca in difficoltà siamo obbligati ad aiutarla, ma anche un potenziale trafficante è obbligato a prestare aiuto”.

Naugebauer, facendo eco ad altri che non sono stati disposti a rilasciare informazioni per paura di compromettere il proprio rapporto con Frontex, ha dichiarato di ritenere che la fuga di notizie al Financial Times faccia parte di uno sforzo intenzionale per rimuovere le ONG dalla zona di ricerca e soccorso vicino alla Libia.

L’accusa proveniente da Frontex non è una coincidenza” ha detto Neugebauer. “Pensiamo che sia l’inizio di una nuova strategia mirata a criminalizzare le ONG e a creare un’immagine pubblica delle ONG come collaboratori dei trafficanti”.

Frontex ha pubblicamente affermato che le pattuglie di salvataggio vicino alla costa libica incoraggiano il business dell’introduzione clandestina di esseri umani, ma un portavoce dell’Agenzia ha negato che essa abbia accusato le ONG di lavorare con i trafficanti. “No, noi non crediamo ciò e non l’abbiamo mai detto” ha affermato Ewa Monclure, una portavoce dell’Agenzia, quando le è stato chiesto del report trapelato.

I pescatori di motori

Il report riservato prodotto del braccio di raccolta informazioni di Frontex, l’Unità di Analisi dei Rischi, è datato al 9 Dicembre 2016.

Esso menziona solo una ONG: LifeBoat, una ONG tedesca specializzata nel salvataggio di migranti nel mare tra Libia e Italia. Il report descrive un episodio in cui due persone sono state trasferite su una nave di salvataggio di LifeBoat, Minden, da “persone che si fingevano pescatori” i quali si trovavano a bordo di una piccola imbarcazione battente la bandiera libica. Il report afferma inoltre che i due migranti soccorsi abbiano dichiarato che l’equipaggio della barca libica fosse di “trafficanti di esseri umani”. A partire da ciò, Frontex afferma che questo costituisca “il primo caso segnalato in cui le reti criminali si sono avvicinate direttamente ad una nave europea e hanno trasporando i migranti direttamente in Europa utilizzando una nave appartenente ad una ONG“. (La relazione non accusa mai apertamente LifeBoat di collusione con i trafficanti).

La fonte è vaga; a un certo punto il report cita “le autorità Italiane”, ma non risulta chiaro chi, se Frontex o gli investigatori italiani, o entrambi, abbia effettivamente interrogato i migranti e quando. Alcuni portavoce si sono lamentati del fatto che gli interrogatori in questione avvengono a volte in situazioni di coercizione e che i rifugiati si sentano costretti a dover nominare i trafficanti o fornire informazioni su altri rifugiati credendo che ciò sia d’aiuto per la loro richiesta di asilo.

Alcuni membri dell’equipaggio di LifeBoat hanno detto a The Intercept che gli uomini Libici in questione siano più facilmente abitanti del luogo, conosciuti come “pescatori di motori”, che si guadagnano da vivere appropriandosi dei motori dei barconi di fortuna con cui vengono trasportati i migranti.

Susanna Salm-Hain, direttrice di LifeBoat, ha affermato che l’avere intorno i pescatori di motori duranti i salvataggi, la maggior parte dei quali avvengono tra le 12 e 24 miglia dalle coste libiche, sia “una cosa abbastanza normale”. I pescatori di motori aspettano che le barche cariche di profughi arrivino nelle acque internazionali per poi rubare i loro motori e rivenderli sulla terraferma (i trafficanti non guidano, infatti, le barche; generalmente a guidare è uno dei passeggeri in cambio del viaggio gratis). Secondo gli equipaggi di LifeBoat, Medici Senza Frontiere, Sea-Watch e altre ONG che operano nell’area interessata, laddove non ci siano barche di migranti da cui ‘pescare’ i motori, gli stessi pescatori di motori rimangono comunque al largo per pescare.

Quando una barca di migranti sta affondando, ha affermato Christian Brensing, il capitano di Minden, i pescatori di motori generalmente arrivano più velocemente delle grandi navi. Aiutano a distribuire i giubbotti di salvataggio e, in alcuni casi, hanno anche contribuito a tirare le persone fuori dall’acqua trasferendole sulle navi di soccorso.

Non si tratta di collaborare con i pescatori di motori, ma si tratta di accettare l’idea che ci stiano aiutando”, spiega Brensing, “dal momento che essi ci aiutano solamente quando le persone in mare si trovano in situazioni di difficoltà – quando sono già in acqua”.

Adam Marlatt, un membro dell’equipaggio di LifeBoat, ricorda chiaramente l’evento descritto nel report di Frontex. Era il 22 Novembre e LifeBoat aveva appena finito il suo sesto salvataggio del giorno. Marlatt si trovava in un gommone utilizzato per trasferire le persone dalle barche che stanno affondando ad una nave di soccorso principale, come la Minden, quando si è imbattuto in una piccola barca con cinque persone a bordo, battente la bandiera libica. Marlatt ha dichiarato al The Intercept di aver riconosciuto da precedenti salvataggi le tre persone a bordo della barca libica e di ritenere che essi fossero pescatori di motori.

Nel video registrato con la telecamera montata sul casco di Marlatt, l’equipaggio della barca libica lo ferma e il conducente indica due persone sedute in barca con lui, fradici e dall’aspetto indifeso. In un inglese stentato, il conducente dice che di averli trovati in acqua. Nel video, Marlatt contatta poi via radio la barca Minden per istruzioni e poi prende i due uomini a bordo della sua barca. Marlatt si dirige poi verso il Topaz Responder, nave di un’altra ONG, la Migrant Offshore Aid Station (o MOAS). Più avanti nel video, i due uomini si vedono a bordo del Topaz Responder – e non del Minden, come afferma la relazione Frontex (non è chiaro come Frontex abbia errato rispetto a questa informazione dal momento che il MOAS sembra aver fornito all’Agenzia alcune informazioni, come una foto che appare nel rapporto.

Alla richiesta di un commento in merito, un portavoce del MOAS ha dichiarato di non avere alcuna informazione in merito all’incidente descritto o sul rapporto).
Marlatt ha dichiarato che chiaramente in questa occasione i pescatori di motori abbiano soltanto tirato fuori due persone dall’acqua. “Si può dedurre ciò per due motivi: primo perché i due migranti erano fradici e, inoltre, uno dei ragazzi presentava una grave lussazione della spalla. Avevano cercato di nuotare per un po’.

Alleati ambigui

Qualunque cosa sia accaduta in questo particolare incidente, le ONG sono in difficoltà. Alcune organizzazioni umanitarie, insieme alla guardia costiera italiana, ricevono regolarmente chiamate provenienti dalla costa libica, presumibilmente dai trafficanti, per annunciare la partenza delle barche di migranti e le Organizzazioni basano le loro operazioni di salvataggio su queste informazioni.
Anche i ‘pescatori di motori’, i pescatori ed altre persone del luogo avvisano spesso le ONG che operano in mare rispetto alle barche di rifugiati in arrivo dalla Libia.

Nel mare intorno alla Libia non è sempre chiaro chi è chi. Martlett ha visto pescatori di motori armati di fucili automatici e la sua collega Salm-Hain ricorda di aver visto uno di questi con indosso l’uniforme della guardia costiera libica. Neugebauer, di Sea-Watch, ha ricordato un incidente-evento in cui membri armati della guardia costiera libica gli hanno ordinato di prendere due uomini libici a bordo. In quel caso il trasferimento era stato approvato dalla guardia costiera italiana; Neugebauer ha definito questo episodio “la linea di lusso verso l’Europa” della guardia costiera libica. Il report di Frontex dichiara anche che “le autorità locali libiche sono coinvolte nell’ attività d’introduzione clandestina di esseri umani”, citando le testimonianze di migranti, guardia costiera Italiana e forze militari Europee, che descrivono i trafficanti in uniformi di polizia.

Nel caso di trasferimento diretto da una barca libica, le ONG sostengono che è loro dovere raccogliere tutti i casi che necessitano di soccorso che incontrano e ciò potrebbe significare lavorare con chiunque si trovi nell’area interessata.
Neugebauer ha fatto un’ipotesi: “[Frontex] potrebbe poi filmare noi, o una barca di trafficanti, mentre mettiamo le persone a bordo del Sea-Watch e chiaramente si noterebbe la collaborazione con un contrabbandiere. Ma nello stesso momento avremmo infranto la legge se non li avessimo salvati“.

Gli obiettivi di Frontex e quelli delle organizzazioni umanitarie che operano al largo della costa libica sono in disaccordo. Come The Intercept ha riportato, Frontex mantiene le sue pattuglie vicine alla costa italiana, distanti dalla zona in cui effettivamente si verificano i naufragi. Frontex sostiene che le operazioni di soccorso umanitarie nei pressi della Libia incoraggino i contrabbandieri a inviarli in imbarcazioni non sicure, contando sul fatto che esse verranno soccorse in fretta.
Ewa Monclure, la portavoce di Frontex, ha affermato che la presenza delle ONG intensifica i flussi migratori.

Non ci sono mai state così tante barche delle ONG così vicine alla Libia,” ha detto, “e il numero di morti sono aumentati quest’anno, di migliaia”. Allo stesso tempo, Monclure non sembra voler dire se Frontex voglia che le ONG smettano di pattugliare la costa libica.

Nelle proprie operazioni, Frontex sembra affrontare lo stesso problema delle ONG. A dicembre, Frontex ha annunciato che avrebbe iniziato a formare la guardia costiera libica per metterli nelle condizioni di perseguire i trafficanti. Allo stesso tempo, nella relazione interna di pochi giorni prima, Frontex accusava le autorità libiche di collaborare con gli stessi trafficanti che essi dovrebbero perseguire grazie alla formazione ricevuta dall’Agenzia.

Senza dubbio, in mare è difficile sapere con chi stai lavorando.