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Nuovo anno, la crisi dei rifugiati in Europa peggiora ancora

Kristy Siegfried, Irin, 11 gennaio 2016

Foto: © Dimitris Tosidis/IRIN

Oxford, 11 gen 2016 (IRIN) – L’inizio del 2016 ha segnato un ulteriore peggioramento della risposta europea alla crisi dei rifugiati. L’anno prossimo sarà un’ulteriore corsa verso il basso? O gli stati membri impareranno finalmente la lezione del 2015 e si metteranno d’accordo per gestire umanamente l’arrivo di altre centinaia di migliaia di profughi?

Gli eventi di Colonia, a Capodanno, non potevano arrivare in un momento peggiore per i profughi che speravano di trovare protezione ed una nuova vita in Europa: appena è emerso che, tra gli autori delle aggressioni sessuali e delle rapine, comparivano richiedenti asilo e migranti, è partita una violenta, quanto prevedibile, reazione. La Cancelliera Angela Merkel ha risposto proponendo una nuova normativa che semplifica l’espulsione di chi delinque, ma ha finora resistito alle richieste crescenti di imporre un limite al numero di richiedenti asilo che verranno ammessi in Germania nel 2016.

Dalla scorsa settimana, la Germania è rimasta praticamente da sola, in Europa, con la sua politica fondamentalmente accogliente nei confronti dei rifugiati. La Svezia, che insieme alla Germania e un paio di altri paesi ha accolto la maggioranza dei più di un milione di richiedenti asilo arrivati in Europa nel 2015, ha iniziato il nuovo anno con l’introduzione di controlli delle frontiere che hanno rispedito indietro le persone che arrivavano dalla Danimarca senza documenti di identità validi. La Danimarca ha subito fatto altrettanto, introducendo restrizioni simili sul confine meridionale con la Germania.

Altri stati membri hanno mostrato poco interesse a prendere la loro parte di richiedenti asilo. Molti hanno introdotto normative che limitano il tipo e la durata dei permessi ed ostacola il ricongiungimento familiare dei rifugiati.

La cosa forse più scioccante è che il governo danese sta valutando l’approvazione di una legge che permetterebbe alle autorità di confiscare gioielli e altri oggetti di valore ai richiedenti asilo al fine di coprire le spese di accoglienza.

C’è una tendenza crescente di peggioramento delle politiche di asilo a livello nazionale”, ha commentato Kris Pollet, consigliere giuridico e politico per il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli, con sede a Bruxelles. “Sembra quasi di essere tornati a 15 anni fa, quando ancora l’idea di un sistema europeo comune di asilo non esisteva. Invece di affrontare la situazione attuale, dicono piuttosto: ‘Non venire nel mio paese’.

Lo stesso messaggio viene ribadito dai funzionari dell’UE, che giovedì scorso hanno annunciato che la priorità, nei prossimi sei mesi, sarà quella di diminuire il numero di richiedenti asilo che arrivano in Europa.

Finora, però, nessuno ha capito come fare, al di là di giocare a scaricabarile con gli altri paesi. Tuttavia, è stata proposta una serie di misure di cui sapremo di più con l’arrivo della primavera, e con essa della prospettiva che il numero di nuovi arrivi – ostinatamente alto anche ora, in pieno inverno – raggiunga nuovamente i livelli record che abbiamo visto in settembre e ottobre.

Il rafforzamento delle frontiere esterne dell’Unione europea

Svezia e Danimarca sono le ultime di una serie di paesi che hanno adottato controlli alle frontiere, una misura di emergenza consentita fino a sei mesi, secondo il Codice Frontiere Schengen. La Germania ha introdotto i controlli di frontiera con l’Austria lo scorso settembre, principalmente per gestire l’arrivo caotico di circa 10.000 richiedenti asilo al giorno provenienti dalla Grecia attraverso la rotta balcanica. Le preoccupazioni per la sicurezza a seguito degli attacchi terroristici a Parigi in novembre hanno portato la Francia a imporre i propri controlli di frontiera, mentre vari paesi lungo la rotta dei Balcani – tra cui Macedonia, Serbia, Croazia e Slovenia – da metà novembre permettono il passaggio solo alle persone provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan.

Fintanto che le frontiere esterne dell’Europa non sono sigillate, queste misure hanno un’efficacia limitata. Inoltre, hanno grosse ripercussioni sulla libera circolazione dei cittadini europei, molti dei quali attraversano, quotidianamente, confini nazionali precedentemente invisibili. Per questi motivi, la Commissione Europea ha proposto l’introduzione di un’agenzia europea di controllo delle coste e delle frontiere – in pratica Frontex, l’attuale agenzia dell’UE per le frontiere, ma più agguerrita. Attualmente, Frontex ha un mandato limitato, e può perciò fare poco, a parte assistere gli stati membri quando appositamente chiamata. La nuova agenzia, che assorbirebbe Frontex e disporrebbe di maggiori risorse, avrebbe l’autorità di intervenire nel controllo delle frontiere, anche senza il consenso degli stati membri. Rimane da vedere se paesi come la Grecia accetteranno l’idea di cedere il controllo di frontiera a un’agenzia dell’UE.

Le pressioni sulla Turchia

A fine novembre, l’Europa ha ufficializzato un accordo che offre alla Turchia un finanziamento iniziale di tre miliardi di euro per aiutarla a gestire i suoi 2,2 milioni di rifugiati siriani, insieme a vari altri incentivi, in cambio di azioni concrete per arginare il flusso di migranti e rifugiati che usano il paese come un trampolino di lancio verso l’Europa.

Tuttavia, a parte un’iniziale valanga di arresti ai danni dei rifugiati che cercavano di imbarcarsi dalla costa turca sulle barche dei contrabbandieri, l’accordo non ha dato, finora, i risultati che i funzionari dell’UE speravano. Una media giornaliera di 3.300 migranti e rifugiati ha continuato ad arrivare in Grecia nel mese di dicembre, nonostante le rigide condizioni climatiche.

Siamo molto lontani da essere soddisfatti”, ha dichiarato la scorsa settimana Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea.

Se il progetto fallisce, Merkel, che ha fortemente sostenuto l’accordo con la Turchia, sarà lasciata ancora più sola nel suo approccio alla crisi dei rifugiati.

Ormai tutti dichiarano ufficialmente di voler ridurre i numeri, quest’anno”, ha dichiarato Karl Kopp, dell’organizzazione tedesca per i diritti umani PRO ASYL.

“L’approccio Merkel è quello di lavorare con la Turchia, il che è davvero un terribile sbaglio”, ha detto a IRIN, citando gli incentivi che l’accordo dà alla Turchia per intercettare e “respingere” le barche che trasportano i rifugiati.

Reinsediamento dei rifugiati su larga scala

Merkel sta anche spingendo gli altri Stati membri ad unirsi alla Germania nell’accettare numeri molto più grandi di rifugiati direttamente dalla Turchia in cambio della sua assistenza nel rallentare il flusso irregolare dei richiedenti asilo verso l’Europa. Tuttavia, i primi segnali sembrano indicare che gli stati non sottoscriveranno il programma di reinsediamento volontario finché non avranno le prove che la Turchia terrà fede al patto.

Elizabeth Collett, direttrice del Migration Policy Institute Europe, prevede, tuttavia, che nel 2016 verrà posta una crescente attenzione su come reinsediare un maggior numero di rifugiati.

“Le sfide principali sono scalabilità e volontà politica”, ha dichiarato a IRIN.

La riforma del regolamento di Dublino

A marzo, la Commissione europea pubblicherà la sua proposta di riforma del regolamento di Dublino, il quale determina quale stato membro è responsabile del trattamento di una domanda di asilo. Nella pratica, gli stati dell’Europa settentrionale hanno spesso usato Dublino per abdicare alle responsabilità verso i richiedenti asilo che vengono inizialmente registrati in stati in prima linea come Italia e Grecia.

Il regolamento è già stato revisionato tre volte, e la versione più recente – Dublino III – è entrata in vigore nel gennaio 2014. Nella sua forma attuale, contiua a permettere ai paesi in gran parte non colpiti dalla crisi dei profughi, come il Regno Unito, di rimandare indietro i richiedenti asilo a paesi come l’Italia, la Bulgaria e l’Ungheria, già sovraccarichi e con risorse insufficienti (la Grecia è esentata dai rimpatri Dublino dal 2011 a causa delle preoccupazioni circa le sue possibilità di ricezione).

La riforma proposta dalla Commissione incorporerà, probabilmente, alcuni elementi del piano di trasferimento adottato a settembre dagli stati membri – l’obiettivo principale è quello di alleviare la pressione su Italia e Grecia con il trasferimento di 160.000 richiedenti asilo verso altri stati.

Finora, il piano ha portato al trasferimento di soli 272 richiedenti asilo, e gli stati membri hanno offerto solo 4.207 posti per il ricollocamento.

Chiunque abbia osservato la legislazione dell’UE negli ultimi dieci anni sa che non c’era alcuna speranza nell’efficacia di questo piano di ricollocamento nel contesto di una crisi”, ha detto Collett. “È difficile vedere come si possa sostituire il principio di Dublino quando si guardano i numeri dei trasferimenti attuati finora.”

D’ora in avanti”, ha aggiunto, “la questione più delicata sarà … quella del mantenimento di un sistema di solidarietà a cui tutti possano prendere parte e dove ci siano meno parassiti possibile.

L’ingrediente mancante

Finora, la solidarietà dell’UE è l’ingrediente mancante da praticamente ogni tentativo di risoluzione della crisi dei rifugiati. Alle soglie del 2016, appare più sfuggente che mai, ora che governi populisti di destra dominano in gran parte dell’Europa centrale, e ovunque i capi di stato cedono alla pressione elettorale prendendo decisioni politiche basate sulla paura e la xenofobia.

Un compromesso nei prossimi mesi sembra improbabile“, ha detto Collett. “Per l’UE, questa non è una semplice crisi, è una crisi delle istituzioni e delle direttive europee.”

La soluzione si trova a Berlino piuttosto che a Bruxelles”, ha dichiarato Kopp.

È evidente che arriveranno altri rifugiati – è inverno e continuano ad arrivare”, ha detto a IRIN. “Questo significa che se Merkel non è in grado di tenere le porte aperte in Germania e di coinvolgere più stati in Europa, l’intera situazione collasserà”.