Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da la Stampa del 18 novembre 2006

Olanda vieta il burqa

Proposta di sapore elettorale a 5 giorni dalle legislative

AMSTERDAM. «Una grossa legge per un problema piccolo»: così un leader musulmano in Olanda stigmatizza la proposta rivelata ieri dal governo di Jan Peter Balkenende, che vuole proibire il burqa per motivi di sicurezza. Problema piccolo, dice Ayhan Tonca, perché a suo parere in Olanda saranno forse una trentina di donne e non di più a portare il burqa, cioè l’abito che copre non solo il capo ma l’intero corpo e il viso, lasciando solo una fessura per gli occhi.

La notizia è piombata come un sasso fra le polemiche sul velo che agitano non solo nei paesi occidentali ma anche quelli islamici. La legge infatti sarebbe la prima di questo tipo in Europa anche se numerosi ministri e premier (anche Romano Prodi) si sono espressi contro l’uso del velo che copre anche la faccia. Il condizionale però è d’obbligo: il governo Balkenende ha tirato fuori dal cilindro la legge anti burqa dopo la sua ultima riunione di gabinetto, a meno di una settimana dalle legislative di mercoledì.

Primo, la proposta ha un forte sapore elettorale; secondo, sarà la nuova legislatura a doverla eventualmente trasformare in legge. Che il governo uscente voglia sollecitare l’elettorato di centrodestra a preoccuparsi e votare compatto per chi promette misure repressive pare ovvio. Secondo i sondaggi, l’immigrazione non sarebbe più percepita come una grave minaccia dalla popolazione. Ma questa è l’Olanda; un tempo terra di tutte le tolleranze, ormai da anni cruogiolo di tensioni. Qui alla vigilia delle elezioni, nel 2002, fu assassinato a Rotterdam Pym Fortuyn, leader apertamente gay di una lista apertamente xenofoba (l’assassino, Volkert Van der Graaf, un animalista, è stato condannato a 18 anni di carcere). E qui due anni fa, nel novembre 2004, un estremista islamico di origine marocchino ha ucciso Theo van Gogh, il regista colpevole di aver girato ‘Submission’, cortometraggio sulla sottomissione della donna nella famiglia musulmana.

Il governo uscente mira a consolidare l’alleanza fra i cristiano democratici di Balkenende e il partito Liberale (VVD), in prima fila nel propugnare l’irrigidimento delle misure d’immigrazione. «Il gabinetto considera indesiderabile che abiti che coprono il viso, incluso il burqa, siano indossati in pubblico, per questioni di ordine pubblico, sicurezza e protezione dei cittadini» ha detto ieri proprio il ministro dell’Immigrazione Rita Verdonk, che appartiene appunto al VVD.

Oltre al burqa, del resto, in uno sforzo di ampiezza si parla di mettere fuorilegge anche i passamontagna e i caschi integrali (salvo, si suppone, se in sella a una moto). «Una messa al bando generalizzata è assolutamente eccessiva» commenta il deputato dell’opposizione laburista Jeroen Dijsselbloem. E anche il sindaco di Amsterdam Job Cohen, che pure appartiene al VVD, critica il burqa ma ammette che «in pratica lo si vede di rado». E aggiunge: il rischio è che più se ne parla, più vada di moda. Il bando del burqa in realtà è da tempo nell’agenda politica, se ne è parlato un anno fa in parlamento e allora fu evidente che una maggioranza dei 150 deputati avrebbe sostenuto la misura; ma commissione parlamentare però ha dichiarato che una legge simile avrebbe violato le garanzie costituzionali di libertà di culto.

Negli ultimi tre anni l’Olanda ha reso più rigide le norme sull’immigrazione, ha deportato migliaia di richiedenti asilo, ha aperti centri di transito che sono in effetti centri di detenzione per coloro che sono in attesa di risposta. Inoltre i servizi di polizia e di intelligence hanno maggiore libertà d’azione contro i presunti estremisti. Gli immigrati devono imparare l’olandese, e i religiosi musulmani sono sotto scrutinio per verificare cosa dicono nelle prediche del venerdì.

Tuttavia, fino a ieri i temi dell’integrazione sono rimasti assenti dalla campagna, che si è concentrata invece su faccende di portafoglio: pensioni e mutui. Mercoledì, nel corso di un’ora intera di dibattito fra i sei principali candidati in tv all’ora di punta, la parola «musulmano» non è mai stata pronunciata. «Non se ne può più dell’integrazione» ha spiegato Famile Arslan. Avvocata, turca d’origine, in tribunale va con un fazzoletto che le copre il capo e un abito tradizionale. «Nessuno ne può più. E allora si sono concentrati su altri temi». Fino a ieri.