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Oltre il filo spinato europeo: politicizzare la solidarietà

Dai margini al centro

L’estate appena trascorsa rappresenta uno spartiacque nel rapporto tra migrazioni ed Europa. Le tragiche morti collettive, via mare e via terra, nel tentativo di raggiungere le coste europee, e la tendenziale chiusura degli stati del continente davanti alle istanze di migranti e profughi non rappresentano certo una novità. Ciò nonostante, una serie di elementi nuovi ha modificato l’immagine e la sostanza delle migrazioni che abbiamo conosciuto negli ultimi anni.

Innanzi tutto, accanto alla rotta marittima in direzione di Lampedusa, altre traiettorie e altri percorsi si sono sovrapposti al consolidato e terribile viaggio via mare. In questo nuovo contesto, la rotta balcanica ha assunto in particolare una chiara centralità. Il lungo corridoio che dal medio oriente conduce al cuore dell’Europa continua ad essere, anche in queste ore, un ampio campo di tensione tra forze contrapposte. Un insieme eterogeneo di dispositivi militari, polizieschi, giuridici, insieme al preoccupante ritorno della costruzione di muri, barriere di filo spinato e recinzioni, segnano il passo del percorso dei migranti e delle migranti, dalla Grecia fino alla frontiera austriaca, nel tentativo di selezionare e governare la mobilità. Siamo davanti ad un fenomeno di medio e lungo periodo: i nuovi scenari di guerra che si affacciano, proprio in queste ore, alle frontiere meridionali e orientali dell’Europa contribuiscono ad aumentare la portata dei flussi migratori verso lo spazio politico europeo.

Gli eventi che abbiamo vissuto in tema di respingimenti, trattenimenti forzati e le conseguenti disobbedienze e resistenze lungo la rotta balcanica e altrove, da Ventimiglia a Calais, segnano un netto passaggio di fase, con la quale è urgente fare i conti, anche alla luce del carattere strutturale dei fenomeni descritti.
La nuova fase si caratterizza inoltre per un’ampia visibilità mediatica delle operazioni condotte dai rappresentanti delle agenzie europee per il diritto di asilo (Easo), per il controllo delle frontiere (Frontex), di cooperazione di polizia (Europol) e giudiziaria (Eurojust) che, in collaborazione con le autorità nazionali, comprese quelle italiane, lavorano con crescente intensità per ottimizzare il meccanismo di selezione tra rifugiati e cosiddetti migranti economici, con l’obiettivo dichiarato di aumentare le percentuali di respingimenti e rimpatri.
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Resistenze

L’immagine di un’Europa che alza muri, contiene e confina, è la definitiva forma dello spazio politico dell’Unione? L’inasprimento delle politiche di controllo e governo dei processi migratori rappresenta l’inevitabile destino del territorio europeo? Un potente antidoto nei confronti di questo rischio è rappresentato proprio dalle pratiche di resistenza e violazione dei confini attuate in massa dalle migranti e dai migranti che in questi mesi hanno attraversato le frontiere dell’Europa meridionali, orientali e centrali. Si tratta di un movimento politico nel senso pieno del termine: le rivendicazioni dei movimenti migratori e le pratiche dirette di azione e disobbedienza hanno accompagnato ogni tentativo di contenimento e detenzione, e rappresentano una sfida diretta ai caratteri escludenti della cittadinanza europea e alla chiusura dei confini.

Non si tratta di richieste umanitarie che necessitano di traduzione che ne evidenzi i caratteri di politicità. Si tratta, viceversa, di istanze e pratiche così politicamente strutturate da segnare essere stesse uno spartiacque e un dispositivo di critica politica, circostanziata e potente, dello spazio europeo che finora abbiamo conosciuto.
In questa nuova fase, segnata dal prepotente ritorno delle barriere e degli egoismi nazionali e, allo stesso tempo, da inedite rivendicazioni contro i dispositivi di controllo dei confini e per l’accesso integrale alla cittadinanza europea, nuove e decisive sfide politiche si aprono all’orizzonte.
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Politicizzare la solidarietà

Come si modificano, quindi, i nostri sguardi sullo spazio politico europeo alla luce delle novità che abbiamo registrato negli ultimi mesi in relazione all’esercizio del diritto di fuga dei migranti ai margini e dentro l’Europa? I movimenti di (ri)connessione dello spazio politico europeo, scanditi dalle marce, dagli sconfinamenti e dalle resistenze dei migranti nel tentativo, ad alterne fortune, di opporsi alla frammentazione dei territori europei, indicano la necessità di immaginare e costruire un’Europa aperta verso l’esterno, ma anche al suo interno. Una risposta politica alla crisi migratoria di questi mesi, nel segno di una solidarietà politicamente determinata, non può che lavorare per la costruzione di uno spazio politico trasnazionale ampio e accessibile, contro ogni ipotesi di ritorno a forme più marcate di sovranità nazionale, evidentemente incompatibili con le rivendicazioni e le pratiche dei migranti.
Le numerose esperienze di resistenza e disobbedienza, dalle isole greche ai confini austriaci passando per tutta la rotta balcanica fino all’Europa centrale che, con trasporto ed empatia, abbiamo seguito in questi mesi, rappresentano anche un antidoto nei confronti di una certa retorica, per altro molto diffusa, che tende a descrivere i migranti come soggettivi votati alla marginalità, da trattare con il linguaggio dell’assistenzialismo e del paternalismo.

Il cambiamento di fase e le novità politiche degli ultimi mesi ci spingono ad aggiornare, dal punto di vista politico e culturale, gli strumenti con i quali abbiamo interpretato finora i movimenti migratori. Lo spettacolo del confine e il fascino del suo superamento rappresentano, indubbiamente, immagini suggestive e politicamente dense, che coinvolgono ed emozionano. Allo stesso tempo, proprio in questa nuova fase, durante la quale si combatte una battaglia simbolica e materiale dentro e contro le frontiere, è opportuno tener ben presente che i flussi migratori sono oggetto di forme di controllo che più che all’esclusione totale puntano a regolare e selezionare i flussi, in relazione alle esigenze lavorative, economiche, culturali e demografiche dei paesi di destinazione.

Da questo punto di vista, la diffusa solidarietà nei confronti dei migranti che abbiamo registrato e sostenuto nelle ultime settimane, in un contesto europeo che continua ad essere animato da vecchi e nuovi razzismi, deve saper cogliere gli elementi di evidente politicità rappresentati dai movimenti transnazionali dei migranti, per una radicale messa in discussione dei confini della cittadinanza, del welfare, delle forme di lavoro e di vita, per una connessione di spazi e territori ora frammentati, per immaginare e costruire uno spazio politico europeo nel segno dell’apertura, della libertà e dell’uguaglianza.

Francesco Ferri

Sono nato a Taranto e vivo a Roma. Mi occupo di diritto d'asilo, politiche migratorie e strategie di resistenza sia come attivista sia professionalmente. Ho partecipato a movimenti solidali e a ricerche collettive in Italia e in altri paesi europei. Sono migration advisor per l’ONG ActionAid Italia.