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Padova – 50 rifugiati occupano una palazzo abbandonato:nasce la Casa dei diritti Don Gallo

Senza tetto da mesi riaprono uno stabile finito in asta giudiziaria: sarà la loro nuova casa

Fuggono da guerre e persecuzioni ma una volta giunti in Italia solo il 32,4% di loro trova un luogo dove stare.
Sono i rifugiati. Riconosciuti come tali dalle istituzioni italiane ma poi confinati nella periferia dei diritti. Ma c’è chi non si arrende.
E’ successo anche stamane in via Tommaseo 90, a Padova, quando circa cinquanta rifugiati hanno occupato la vecchia sede di Meeting Service Spa, un palazzo vuoto da anni e finito all’asta dopo il fallimento della società.

Vengono dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Ghana, dal Mali, dal Senegal, dal Togo, dalla Nigeria. I loro lineamenti richiamano i volti che abbiamo visto scorrere nelle immagini girate all’interno del cpsa di Lampedusa negli scorsi giorni. I loro passaporti non sono diversi da quelli di altre migliaia di persone inghiottite dal Mar Mediterraneo in questi anni e che riescono a suscitare tanto cordoglio e indignazione.
Loro, che invece hanno avuto la fortuna di approdare vivi sulle nostre coste, sono poi stati abbandonati dalle istituzioni, come accade ad altre migliaia di titolari della protezione internazionale in Italia.
Hanno vissuto per mesi nei CARA o nel circuito dell’emergenza nordafrica, alcuni sono arrivati a Lampedusa solo poche settimane fa, altri hanno cercato di raggiungere il Nordeuropa rimanendo ingabbiati nelle incomprensibili leggi che limitano la circolazione interna all’Unione, altri ancora hanno trovato rifugio gratuito per mesi nei locali di via Gradenigo 8, l’Associazione Razzismo Stop.
Per troppo tempo sono stati dimenticati, celati agli occhi dei più, ignorati dalle amministrazioni e ricacciati, e oggi hanno scelto di non fuggire più.

Non chiedono assistenza, ma la possibilità di provarci, di costruirsi un futuro degno dopo che il loro passato è stato cancellato da conflitti e persecuzioni.

Intorno alle undici hanno raggiunto lo stabile insieme agli attivisti di Razzismo Stop, di Asc e del Centro Sociale Pedro e hanno riaperto uno dei tanti palazzi abbandonato al degrado dalla rendita speculativa. Uno tra i tanti immobili lasciati colpevolmente vuoti a fronte di centinaia, migliaia di persone, condannate alla precarietà abitativa.

Tra loro c’è Hassan, somalo, non più di diciannove anni, sul volto da bambino i segni di un percorso tortuoso alla ricerca di un fratello che prima di lui ha attraversato mezzo continente africano per raggiungere la Germania. E’ approdato a Lampedusa dopo essere passato per la Libia post-gheddafiana dove la violenza e la compravendita di esseri umani è all’ordine del giorno. Laciata Mogadisio ha raggiunto Nairobi, da dove è ripartito.Lì ha lasciato il padre. La madre non c’è più. Dopo aver attraversato il Sudan è entrato in territorio libico. Lì ha aspettato uno dei tanti taxi che traghettano le persone nel deserto del Sahara. Ha avuto la fortuna di non incappare nelle bande che “presidiano” la frontiera a caccia di corpi umani da barattare con le milize libiche. Ma una volta raggiunta Bengasi tutto è diventato più difficile. Ha pagato centianaia di euro per rimanere un uomo libero. Lui che ancora uomo non è. I suoi occhi hanno avuto la sfortuna di vedere le violenze delle milizie, il suo corpo la fortuna di non esserne oggetto. E poi, ancora pagando, è riuscito a partire in uno di quei barconi che le immagini dei telegiornali proiettano ciclicamente al tg della sera.
Il viaggio estenuante, gli sos, i compagni di viaggio che non ce la fanno e poi Lampedusa. Il Centro di prima accoglienza e soccorso salito alla ribalta delle cronache per le immagini shock di questi giorni, il trasferimento al Cara di Mineo, la voglia di abbandonare quell’inferno in cui le palazzine tirate a lustro fanno da sfondo ad una vita di attesa disperata. Poi, dopo mesi di attesa arriva la tanto attesa decisione della Commissione. Allora riparte, insieme al fratello che lo raggiunge a Napoli per portarlo con sé. Ma il loro progetto si ferma di fronte alle norme che impediscono di lavorare in un paese diverso da quello che ti ha rilasciato il permesso di soggiorno. Torna in Italia e raggiunge Padova, dove si unisce ad altre storie come la sua che oggi però, nella giornata di azione globale per i diritti dei migranti, hanno scelto di alzare la testa.

A via Trieste e via Salandra, si aggiunge così l’esperienza del terzo palazzo occupato a Padova, quello di via Tommaseo ribattezzato “Casa dei diritti Don Gallo”.
Chissà che questa volta qualcuno si accorga di loro.