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Padova, via Anelli: i tanti significati dello svuotamento

Appunti e riflessioni per uscire dal ghetto

“Prosegue lo svuotamento di via Anelli, un’altra palazzina sta per essere chiusa”, si legge nelle cronache dei quotidiani locali padovani.
Il primo pensiero torna a sbattere contro il muro, quello che ha fatto salire Padova alla ribalta nelle cronache di tutto il mondo, un muro, così veniva detto, che doveva avere la funzione di deterrente contro lo spaccio, ma che già dopo pochi mesi si disvelava, grazie alle parole del Sindaco Zanonato e dalla sua Giunta, come simbolo di un nuovo modo di intendere l’integrazione.
Quel muro è ancora lì, insieme allo spaccio, ma quel che è peggio è che la sua ombra si è pesantemente allungata sull’intera città.

Intorno alla vicenda di Via Anelli, la politica padovana ha costruito l’ultimo decennio di strategie di controllo e sicurezza e di politiche di gestione delle migrazioni.
Via Anelli, fin dalla sua nascita, è stata un grande centro di accoglienza in grado di contenere la presenza in città e la domanda abitativa di centinaia di migranti, regolari e non, da subito integrati invece nelle reti economiche del territorio.
Ma Via Anelli è stata anche il luogo in cui spingere progressivamente il mercato nero della droga così da “liberare” altre zone della città che fino ad allora ospitavano il circuito dello spaccio.
E’ diventata un centro di accoglienza per la mancanza di strutture alternative a questa “zona franca”, e contemporaneamente si è affermata come luogo principale del mercato delle sostanze per la mancanza di ogni alternativa politica di sperimentazione legata alle droghe che non parlasse il linguaggio del proibizionismo.
Il ghetto però, per Padova, è stato anche una voce dissonante, una possibilità, un’ occasione continua di misurare il suo grado di emancipazione.
Le battaglie che l’Associazione Razzismo Stop ed il Comitato per il Superamento del Ghetto, in Via Anelli con Via Anelli e da Via Anelli hanno costruito, sono state spinte di liberazione, di nuova democrazia, lotte per la dignità e per la cittadinanza che hanno messo tutti davanti ad una situazione tanto estrema quanto inaggirabile.
Gli abitanti di via Anelli, in gran parte regolari, hanno lottato per liberarsene, quelli clandestini perché il riconoscimento della loro presenza potesse significare la conquista di diritti di cittadinanza e non l’ingabbiamento in un Cpt.
Come spesso accade la politica non è stata a guardare, o meglio, lo ha fatto nel passato come scelta, ma non ha potuto farlo ancora a lungo sotto le spinte ormai incontenibili di una città intera che non poteva più aspettare.
Svuotare il ghetto è diventato allora possibile, necessario.
Ma quello della politica è sempre uno specchio deformato, e quando tenta di recuperare a sé le spinte sociali che lo incalzano, lo fa in maniera posticcia e approssimativa.
Così, in poco tempo, quella per il superamento del ghetto di Via Anelli, è diventata questione di polizia e mezzi blindati, di video-sorveglianza e dichiarazioni allarmistiche, un permanente stato di eccezione da affrontare con operazioni speciali.
Svuotare via Anelli ha significato in primis svuotare le battaglie che l’hanno attraversata dal carico di libertà e nuova democrazia che esprimevano, per rendere lo svuotamento del ghetto strumentale a nuovi livelli di inclusione e marginalità.
Il muro, i check point, i blitz contro i clandestini, le retate, hanno cominciato con il ridefinire un nuovo piano del controllo della vita che ha avvolto la città, mentre con l’istituzione di un portavoce delle comunità, senza diritto di voto, e competente solo per le questioni relative all’immigrazione, la giunta pensava di aver offerto una accettabile contropartita in termini di inclusione, all’esclusione imposta dal nuovo assetto delle politiche della sicurezza.
Il ghetto insomma si è dissolto in città riproducendo sull’intero tessuto urbano l’esclusione che lo caratterizzava.

Svuotato del suo significato, il processo di emancipazione di via Anelli si è trasformato nella più grande operazione di controllo e repressione dei migranti che la città di Padova abbia mai conosciuto.

Tutta la questione dell’uscita dal ghetto, tutta la retorica sull’integrazione, tutte le soluzioni, speriamo finalmente dignitose, che il progetto di svuotamento prevede, si dissolvono in questo nuovo scenario.
Svuotata delle spinte di nuova democrazia che la caratterizzavano, la vicenda di Via Anelli, è diventata anche il terreno su cui giocare la spinosa partita della riqualificazione, lo scontro di diversi interessi rappresentati da differenti attori della politica che sul “Bronx svuotato” hanno scommesso tanto.
Regione e Comune al fianco di A.t.e.r. e Università, sono legate da un intreccio di cordate di interesse che sull’ area di via Anelli hanno da tempo allungato le mani.
A pochi giorni dallo svuotamento della penultima palazzina un nuovo blitz della polizia è andato in scena.
La riqualificazione non può attendere.

Quindici arresti con successive espulsioni, ancora altre storie di Via Anelli che cambia, storie di clandestini dipinti come criminali, vittime due volte, prima della legge che li ha costretti all’illegalità e poi della politica che li persegue come criminali; vittime ancora dello svuotamento del ghetto, dei rastrellamenti che lo accompagnano, dell’esodo forzato che impone, ad altri, ancora una volta dopo dieci anni, senza alternative, senza possibilità.
Nuove strategie del controllo, nuovi modelli di “integrazione addomesticata”, accompagnano uno svuotamento del ghetto che significa riqualificazione dell’area, finanziamenti, gruppi di pressione.
Se svuotare era ciò che la giunta voleva, ci è proprio riuscita….

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa