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Pakistan. L’evidente conflitto armato in Kashmir genera il diritto alla protezione internazionale

Corte d'Appello di Trieste, sentenza n. 620 del 18 ottobre 2016

Con la sentenza epigrafata il Collegio ha riconosciuto lo status di rifugiato a cittadino pachistano per motivi politici.

Il richiedente proveniente dalla Regione del Kashmir e dichiaratosi appartenente ad uno dei partiti per la liberazione del Kashmir ha ottenuto la richiesta protezione, avendo provato la militanza nel Jammu Kashmir Liberation Front attraverso la produzione – anche – di denuncia e mandato d’arresto a suo carico.

La Corte, avvalendosi – tra le altre fonti – delle informazioni richieste alla Commissione Nazionale Asilo ex art. 8 co. 3 d.lgs 25/2008 ha evidenziato anzitutto che la zona di provenienza dell’appellante è zona di guerra: “con una costante situazione di conflitto armato tale da esporre a pericolo anche i civili (l’ultimo episodio in cui hanno perso la vita dei civili risale all’agosto 2015), in un clima di generale violenza ed in un contesto di assoluta carenza delle condizioni minime di sicurezza, come risulta dalla cronaca giornalistica reperibile sui siti il sole24.it, repubblica.it, ilmanifesto.it, ansa.it, adnkronos.it“.

In secondo luogo il Collegio ha appurato che il JKLF è un partito nazionalista non violento per la liberazione del Kashmir sia dal Pakistan che dall’India; ha accertato che le manifestazioni indipendentiste sono normalmente represse sia dalle forze di polizia indiane che pachistane (così conferma anche il rapporto EASO). Il Collegio, inoltre, attraverso un’analisi puntuale e specifica della documentazione di parte dimessa, ha ricostruito la normativa pachistana richiamata nella denuncia ed ha constatato che la stessa è altamente lesiva del diritto alla libertà di espressione di pensiero e di opinione politica, in quanto prevede una serie di pene comportanti la carcerazione; la Corte adita ha altresì ricordato come le carcerazioni di attivisti politici siano regolarmente accompagnate da torture e maltrattamenti.

Il Collegio dunque ha ritenuto che: “non v’è dubbio che la situazione di conflitto armato peculiare dell’area di provenienza dell’appellante (Kashmir pachistano, distretto di Poonch) giustifica la protezione sussidiaria indipendentemente da un diretto coinvolgimento individuale nella situazione di pericolo… nel caso in esame l’esistenza di una denuncia e di un possibile mandato di arresto a seguito di pacifica manifestazione, nonché il rischio di sottoposizione a torture in attesa dei tempi del processo, peraltro “giustificato” dalla esternazione di opinioni politiche non gradite al governo sia tale da necessitare di una maggiore tutela, rappresentata dalla concessione dello status di rifugiato, in conformità ai criteri individuati dagli artt. 2, 3, 7 e 8 del d.lgs 251/2007“.

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Corte d’Appello di Trieste, sentenza n. 620 del 18 ottobre 2016