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Permesso di soggiorno per motivi umanitari va riconosciuto in caso di violazione dei diritti umani

Il caso di un cittadino proveniente dal Bangladesh

H., cittadino bengalese è giunto in Italia nel 2004 attraverso la frontiera di Lampedusa, fuggendo da un contesto di grave crisi politica, violenza indiscriminata e generale impunità. Costretto a compiere la pericolosa traversata del Mediterraneo, ha richiesto come suo diritto la protezione internazionale ottenendo, in data 12 febbraio 2004, un regolare permesso di soggiorno per richiesta asilo – attività lavorativa alla Questura di Crotone, sempre rinnovato.
In data 10 gennaio 2008 la Commissione nazionale per il diritto di asilo dichiarava sussistenti nei suoi confronti le esigenze di protezione umanitaria di cui all’articolo 5, c. 6 del D.lvo 286/1998 a seguito della quale otteneva il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari dalla Questura di Ancona e lo rinnovava regolarmente.
H. si integrava perfettamente nel nostro Paese, ove svolgeva attività lavorativa regolare.
Nonostante ciò, in data 28 maggio 2012, la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta esprimeva parere contrario al rinnovo del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria di H., ritenendo che la situazione del Paese di origine del richiedente non fosse tale da rendere necessaria l’adozione di misure di protezione internazionale e che, dalla documentazione in atti, il richiedente non risultasse inserito nel contesto socio-lavorativo, nonostante il tempo trascorso nel territorio nazionale
Nella perdurante notoria grave situazione del Bangladesh, paese di provenienza del sig. H., al quale diversi organismi indipendenti internazionali hanno dedicato, anche recentemente, la propria attenzione per via del generale clima di violazione di diritti umani, unita al diffuso regime di impunità e di esecuzioni extragiudiziali si è quindi deciso di presentare ricorso avverso il provvedimento della Commissione Territoriale, sottolineando inoltre che il sig. H. ha vissuto e risieduto regolarmente da ormai quasi dieci anni in Italia, ove ha svolto con grande impegno un’attività lavorativa che gli ha permesso di essere indipendente e di mantenersi dignitosamente; in specie, inserito dal 2009 come socio-lavoratore nell’organico di una cooperativa che si occupa di fornire prestazioni d’opera in subappalto alla Fincantieri di Genova, e ivi stabilmente residente, non ha, per altro, riportato alcun precedente penale né tantomeno procedimenti a suo carico.
Instaurato il procedimento il Ministero dell’Interno rimaneva contumace nonostante la ritualità della sua evocazione in giudizio. Il tribunale di Napoli, in persona del G.O.T., dott.ssa Carleo, ha ritenuto, dopo un attento esame del quadro normativo e giurisprudenziale presentato dalla difesa di H., che il ricorso potesse trovare accoglimento per ciò che concerne la protezione umanitaria.
“Va esaminata la domanda sotto il profilo della richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari che, a parere di questo Giudicante, merita accoglimento. Ed infatti, come risulta dai siti del Ministero degli Esteri, la violenza politica in Bangladesh non accenna a fermarsi: gli ultimi scontri tra polizia e sostenitori di governo e opposizione hanno già provocato otto morti e almeno 300 feriti. Come accade ormai da mesi, i disordini sono degenerati durante l’hartal (sciopero) di 48 ore lanciato dal Bangladesh Nationalist Party (BNP, partito nazionalista leader dell’opposizione) con il sostegno del Jamat – e – Islami (partito fondamentalista islamico). Le vittime sono per lo più sostenitori del Bnp e Jamat. Almeno 50 macchine sono state bruciate, mentre alcuni manifestanti lanciavano bombe artigianali e molotov. Molti civili sono rimasti ustionati. Oltre ai sabotaggi, in varie zone del Paese, vi sono stati veri e propri scontri tra i sostenitori dell’Awami League (governo) e del Bnp – Jamat (opposizione). Per sedare le rivolte, la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti.
Altri manifestanti hanno dato fuoco ai propri documenti di identità e ad alcune suppellettili dell’ufficio della Commissione elettorale di Bogra. Ovviamente, le vere vittime della situazione sono i comuni cittadini: nessuno può uscire per andare in ufficio; ogni attività minima è ferma; i prezzi dei beni di base aumentano in modo esponenziale.
Attesa la situazione tuttora sussistente nel Paese, si ritene sussistente il diritto del ricorrente ad ottenere, sia pure per un periodo limitato, un permesso di soggiorno”.

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Tribunale di Napoli, ordinanza del 12/01/2015