Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Permesso umanitario – Il rigetto del rinnovo per una mera denuncia contrasta con la Costituzione

a cura dell'Avv Andrea Callaioli

Con l’ordinanza del 7 gennaio 2013, depositata il successivo giorno 9 nell’ambito del procedimento n° 1323/2012, il Tribunale civile di Pisa, giudice Dr.ssa Polidori, ha accolto il ricorso proposto da un cittadino tunisino che nel gennaio del 2012 si era visto respingere la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta ai sensi del D.P.C.M. 5 aprile 2011 (e successive proroghe) in quanto denunciato per un reato di cui all’art. 381 c.p.p.. Difatti la Questura di Pisa, in applicazione del disposto dell’art. 2, co. 2 lett. d) del citato D.P.C.M., preso atto che il ricorrente era stato denunciato per furto e ricettazione, aveva negato il rinnovo del titolo di soggiorno.

Il Giudice, accogliendo il ricorso, lo ha ritenuto fondato sotto un duplice profilo:

(1) la mancata traduzione del decreto di diniego del rinnovo in una lingua comprensibile allo straniero, così come disposto dall’art. 13, co. 7, T.U. Imm.; difatti il decreto era stato notificato nella sola lingua italiana, senza alcuna traduzione né in lingua araba né in lingua francese. A tal proposito il Giudice ha richiamato quanto stabilito dalla Suprema Corte di cassazione con la pronuncia del giorno 8 marzo 2012 n° 3676, sottolineando come la Questura avesse omesso di fornire una qualsivoglia spiegazione in ordine alla mancata traduzione;

(2) il contrasto fra la disposizione amministrativa applicata ed il dettato costituzionale, di cui agli artt. 3 e 27 Cost., dal momento che il diritto dello straniero a permanere sul territorio italiano per motivi umanitari viene negato sulla base di una mera denuncia di reato, cioè senza che vi sia stata alcuna verifica giurisdizionale in merito alla fondatezza della denuncia stessa; a tal proposito il Giudice osserva che “stando al tenore letterale della disposizione basterebbe una mera denuncia di reato tra quelli previsti degli artt. 380 e 381 c.p.p. ad opera anche di un soggetto privato ed anche del tutto pretestuosa o comunque priva di fondamento e di riscontri di sorta, per precludere allo straniero l’ottenimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, mentre la circostanza che poi la denuncia possa rivelarsi in seguito del tutto infondata non gioverebbe allo straniero ormai rientrato nel paese di origine nonostante le rilevanti esigenze umanitarie”.
Nell’ambito della propria decisione il Giudice, inoltre, richiama quanto recentemente ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza 172/2012 che, a proposito della discrezionalità del legislatore in materia di politiche migratorie, ha evidenziato l’esistenza del limite di intrinseca ragionevolezza segnato dal precetto costituzionale di cui all’art. 3, “poiché la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata – per quanto riguarda la tutela dei diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi”. Pertanto, trattandosi di un limite previsto da una disposizione di natura amministrativa, questa non può essere oggetto di un procedimento incidentale di verifica di legittimità costituzionale, ai sensi della L. 87/1953, ma solo di una sua disapplicazione, cui consegue l’accoglimento della richiesta del ricorrente e l’affermazione del suo diritto ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.

Ordinanza del Tribunale di Pisa del 7 gennaio 2013