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da Il Manifesto del 22 dicembre 2006

Prodi: una tomba ai morti della Iohan

Il presidente del consiglio promette: la Marina militare ripescherà la piccola imbarcazione speronata dalla nave Iohan il 25 dicembre del 1996. Il relitto giace a 108 metri di profondità in acque internazionali.

Massimo Giannetti

Siracusa – Forse è la volta buona. Il presidente del consiglio Romano Prodi si è infatti detto disponibile al recupero del relitto che da dieci anni giace al largo di Portopalo con i resti dei 283 immigrati morti e nel naufragio della notte di Natale del ’96. Il premier, al quale ieri mattina due parlamentari dell’Ulivo, Tana De Zulueta e Nuccio Jovene, hanno consegnato un apposito appello sottoscritto da altri 96 deputati (alcuni anche della Cdl), ha detto sì anche alla richiesta, avanzata già in passato da vari premi Nobel, di realizzare un monumento in ricordo di quella immane tragedia. Un naufragio dimenticato per troppi anni, passato alla storia come il «naufragio fantasma».
«Per me è davvero una bella notizia», dice Tana De Zulueta, reduce da un viaggio in Pakistan dove ha incontrato madri e mogli di diversi immigrati morti nel naufragio: «E’ come se mi fossi tolta un peso enorme dalle spalle. Prodi ha detto che intende dare seguito in tempi brevi alla lettera che gli abbiamo consegnato e questo è un riconoscimento, seppure tardivo, che rende un po’ giustizia a tutte quelle famiglie che non hanno neppure un posto in cui pregare i propri figli».
E’ una richiesta ignorata per dieci anni, sia di governi di centrosinistra che da quelli del centrodestra. Ed è arrivata, casualmente, proprio mentre a Siracusa era in corso un’udienza del processo al proprietario del peschereccio della morte, lo scafista maltese Sheik Turab (l’altro processo è in corso presso la corte d’appello di Catania e vede imputato comandante della nave Iohan, l’egiziano Allal Youssef) che però è imputato in contumacia. Sono circa le tredici quando il «buon esito» dell’incontro a Palazzo Chigi piomba nell’aula affollata della corte d’assise. Ma la notizia è ancora un’indiscrezione che circola soltanto tra giornalisti e cineoperatori presenti. E’ una giornata importante anche qui a Siracusa perché per la prima volta sono presenti alcuni sopravvissuti al naufragio della notte di Natale del ’96, durante il primo governo Prodi. Uno di questi è un ragazzo pakistano, venuto in Italia insieme ad altri sei suoi connazionali, che racconta ai giudici con le lacrime agli occhi i momenti drammatici dell’affondamento del peschereccio. Un affondamento preceduto da due collisioni tra la barca maltese e la nave Iohan, dalla quale, dopo molti giorni di viaggio a «pane e acqua», gli immigrati furono costretti a trasbordare minacciati con le armi dall’equipaggio. Era la sera del 25 dicembre e nel canale di Sicilia, ricorda il sopravvissuto, c’era tempesta. La piccola imbarcazione con la quale gli immigrati avrebbero dovuto raggiunge l’Italia non poteva certo contenere tutte quelle persone, ma gli scafisti, in base anche alle testimonianze di altri superstiti che riuscirono a risalire per miracolo sulla Iohan – e da questa trasportati poi in Grecia – di quel carico umano interessavano ben poco. Complessivamente furono 283 gli immigrati che annegarono, ma nessuna autorità italiana, nonostante le molte testimonianze dei sopravvissuti raccolte dal manifesto, ha creduto a quel naufragio. Un naufragio fantasma, appunto. Fino a quando, tre anni fa, il relitto del peschereccio maltese venne individuato grazie a un’inchiesta del giornalista di Repubblica Giovanni Maria Bellu che, accompagnato da un pescatore di Portopalo sul luogo della strage, attraverso un computer subacqueo riportò «a galla» le immagini dell’orrore.
A recuperare il relitto, stando a quanto promesso da Prodi, potrebbe essere la Marina militare, la quale dovrà verificare la «fattibilità del progetto». Il processo allo scafista maltese, dopo la testimonianza di uno dei superstiti, ieri è stato intanto aggiornato al prossimo 17 gennaio, quando saranno interrogati altri due sopravvissuti pakistani (molti naufraghi erano cingalesi di etnia Tamil). E per quella data, è anche l’auspicio dell’avvocato Simonetta Crisci, che difende alcune famiglie dei naufraghi, «speriamo che le intenzioni espresse da Prodi siano diventate realtà». Intanto per il 26 dicembre, decimo anniversario del naufragio, a Portopalo è prevista una manifestazione «per non dimenticare» indetta dalle numerose associazioni che in questi anni non hanno mai smesso di chiedere giustizia per la strage.