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Protezione sussidiaria – Il conflitto esistente in Pakistan e la grave situazione di instabilità permettono un sistema di vendette private

Tribunale di Salerno, ordinanza del 27 marzo 2017

Il Tribunale di Salerno riconosce la protezione sussidiaria ad un richiedente protezione internazionale pakistano.
La commissione territoriale aveva respinto le richieste del ricorrente, dubitando velatamente della sua credibilità e, peraltro, affermando che, comunque, non sussisterebbero i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di una vicenda di carattere personale.
Il giudice, invece, ha considerato il racconto del richiedente adeguatamente articolato e preciso e che lo stesso abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda e fornire tutti gli elementi pertinenti in suo possesso: egli infatti ha depositato alcuni documenti a supporto delle sue dichiarazioni e, in particolare, come i referti medico legali, rapporti della polizia, la denuncia di rapimento di un familiare, fotografie, articoli di giornale con narrate la vicenda della sua famiglia.
Tali documenti sono elencati nel verbale di audizione e questo giudice ne ha ordinato l’esibizione, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., alla commissione territoriale di Salerno, senza che tale ordine sia stato adempiuto. Da ciò consegue che non possono valutarsi i dubbi di autenticità di tali documenti sollevati dalla commissione nel provvedimento impugnato.
Per il Giudice risultano, in definitiva, rispettati gli elementi che determinano la presunzione di credibilità di cui all’art. 3 del D. Leg.vo n. 251/2007.

Quanto alla situazione oggettiva del Paese e, in particolare della zona di provenienza del richiedente, sulla scorta delle informazioni disponibili tramite le fonti di conoscenza indicate dall’art. 8 del d.lgs. n. 252008 (EASO, UNHCR) nonchè attraverso la consultazione dei siti internet di organizzazioni umanitarie di riconosciuta attendibilità (Refworld, ecoi.net humanrightswatch.org; rapportoannuale.amnesty.it) emerge come il quadro di sicurezza complessivo del Pakistan risulta particolarmente precario. Gli elementi raccolti inducono a ritenere che il paese viva situazioni d’ordine generale che si traducono necessariamente in potenziali gravi rischi all’incolumità dei cittadini od alla loro esposizione a comportamenti gravemente degradanti, stante il perdurare ed il diffondersi di numerosi conflitti locali, a sfondo politico, etnico e religioso, e di un clima generale di violenza, in un conteso di assoluta carenza delle condizioni minime di sicurezza.
La protezione sussidiaria può dirsi già provata qualora, come nella specie, il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso raggiunge un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile, entrato nel paese in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.
Peraltro il richiedente ha subito concrete minacce, ed i suoi familiari sono stati uccisi, da parte di soggetti che, ancorché privati (e non statuali) non hanno subito, apparentemente, alcuna conseguenza per la loro azioni. Va considerato, al riguardo, che da ciò può evidentemente inferirsi che il conflitto esistente in Pakistan e la grave situazione di instabilità interna, possono consentire la tolleranza di un sistema di vendette private al quale non sembra che l’apparato statale riesca a porre un reale argine.

Ciò coerenza con quanto precisato anche dalla Suprema Corte, laddove ha affermato che “quando viene esposta una situazione intrinsecamente credibile, di reiterata esposizione ad attentati alla vita, alla già intervenuta uccisione di un familiare e caratterizzata dal sostanziale disinteresse delle autorità statuali per tali forme di soluzione violenta di liti private è necessario verificare se, come esposto dal cittadino straniero, tale situazione si sia consumata in una situazione caratterizzata allo stesso tempo da endemica violenza interna e dal mancato contrasto della diffusione di tali metodi da parte dei poteri statuali. Tale accertamento ha natura doverosa sia per la verifica delle condizioni per l’applicazione della misura della protezione sussidiaria ex art. 14 lettera c) del d.lgs n. 251 del 2007, sia per la valutazione dell’esistenza di una situazione di vulnerabilità meritevole di protezione umanitaria, qualora si riscontrasse alla luce della richiesta d’informazioni sulle condizioni generali del paese d’origine del cittadino straniero che, pur non sussistendo una totale inefficacia dei poteri statuali di contrasto dei descritti fenomeni di grave violenza familiare, si riscontrano gravi insufficienze e deficit di tutela dei diritti umani quanto meno nella situazione attuale” (cfr. Cassazione ordinanza n. 26887 del 29 novembre 2013).

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Tribunale di Salerno, ordinanza del 27 marzo 2017