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da Il Manifesto del 22 febbraio 2008

Questure «intasate» dai bangladesi: «Vogliamo l’asilo». 6 mila a Roma

di Cinzia Gubbini

Sono arrivati lunedì notte alle quattro «come fantasmi», dicono alla questura di Roma. Erano 150 cittadini del Bangladesh. Ed era solo l’inizio. Martedì ne sono arrivati 1.400. Mercoledì 2.446. Ieri 2.354. Numeri da mandare in crisi qualsiasi struttura. In via Patini sono arrivate le ambulanze e la Protezione civile per portare acqua e panini, distribuiti dai poliziotti. Che, intanto, facevano domande: «Ma da dove vieni?» e chi rispondeva da Udine, chi da Bergamo.
Contemporaneamente l’«invasione» di bangladesi si verificava anche in altre città: in duemila in fila davanti alle porte della questura di Napoli, altri duemila in quella di Milano. Tutti per chiedere una sola cosa: l’asilo politico. Vogliono che lo stato italiano assicuri loro una qualche forma di protezione – e di regolarità con i documenti – dopo che il Bangladesh è stato colpito dall’alluvione Sidr, che ha causato almeno diecimila morti. Ma la richiesta dei bangladesi che vivono in Italia senza permesso di soggiorno – sono circa 15 mila secondo le associazioni – va ricercata nel mezzo pasticcio combinato dal governo italiano: una circolare con cui, raccogliendo le richieste delle associazioni, venivano temporaneamente sospese le espulsioni dei bangladesi. Ma poi doveva arrivare un decreto che riconoscesse una protezione umanitaria ad hoc. In pratica un permesso di soggiorno speciale. Ma non c’è stato nulla da fare. Che la bomba prima o poi scoppiasse non era difficile da immaginare.
Come mai, poi, si siano praticamente tutti riversati su Roma è un’altra cosa da capire: «Non lo so davvero, spero non ci sia alcuna regia dietro», dice il dirigente dell’ufficio stranieri della questura di Roma Maurizio Improta alla fine di una settimana da panico. «Il personale è stato sottoposto a uno stress incredibile ma ha reagito con estrema professionalità. E a tutti i bangladesi, come prescrive la legge, è stato dato un appuntamento per iniziare la procedura di richiesta di asilo». Appuntamenti di qui all’eternità, visto che l’ultimo è stato rilasciato per il marzo 2010. Dal punto di vista del dirigente, poi, l’asilo politico non è la strada giusta: «La procedura è molto complessa: dovremo prendere le impronte e verificare che la persona non abbia precedenti penali.
Inoltre, siamo noi a verbalizzare le domande per la Commissione Asilo, e a mio avviso la questione dell’alluvione rientra nel criterio dell'”inconsistenza” della domanda». Quindi, quelle richieste potrebbero non arrivare mai alla Commissione perché bloccate dalla questura.
Così comandava la Bossi-Fini. Ma proprio negli scorsi giorni sono state ratificate due direttive europee che cambiano profondamente le regole sull’asilo. Ad esempio, dal 3 marzo prossimo non saranno più le questure a valutare le clasuole di inammissibilità: dovranno limitarsi a verbalizzare e trasferire tutto alle Commissioni. Comunque, non è detto che le Commissioni decidano di raccomandare la protezione umanitaria. «Se ci saranno diecimila rigetti, sono già pronti diecimila ricorsi. Faremo tremare il palazzo del Tar», promette Siddique Nure Alam dell’Associazione Duumchatu. E annuncia due appuntamenti: il 24 alle 16 nei giardini di piazza Vittorio. E il 28 alle 17 presidio in piazza Esquilino.