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Reingresso: la normativa italiana in contrasto con le direttive europee

Sentenza del Tribunale di Bari dichiara l'incompatibilità del diritto interno italiano in materia di immigrazione con la Direttiva Comunitaria in materia di immigrazione n. 115/2008

Il Giudice monocratico ha deciso che la condotta in questione non è più prevista dalla legge come reato, posto che in data 25.12.2010, per scadenza del termine di adeguamento, ha acquistato diretta efficacia nell’ordinamento interno italiano la Direttiva Comunitaria in materia di immigrazione n. 115/2008, rispetto alla quale la Corte di Giustizia
della Comunità Europea con la nota pronuncia 28.04.2011 nella causa El Dridi ha accertato, con l’autorità che le è propria in materia, l’incompatibilità del diritto interno italiano in materia di immigrazione con detta Direttiva.

Tra le disposizioni di quest’ultima, qui interessa quella di cui all’art. 11, paragrafo 2, secondo cui “la durata del divieto di di ingresso è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera i cinque anni”.

E’ di tutta evidenza, allora, come si ponga in insanabile contrasto con la vincolante Direttiva Europea la normativa italiana di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, che pone il divieto di reingresso per dieci anni e, comunque, per un tempo non inferiore ai cinque anni
Giustizia della Comunità Europea” con la nota pronuncia (cfr. Cass. pen., sez. I, 2 aprile 2012, n. 12220). Il principio di diritto stabilito dal Giudice dell’Unione implica, quindi, la disapplicazione della norma incriminatrice ascritta all’odierno imputato, che sarà, in ogni caso assolto dal reato a lui ascritto perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Avv. Uljana Gazidede

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