Nel mese di maggio Berlusconi definiva i respingimenti collettivi verso la Libia un “atto di grande umanità”, aggiungendo che per chi fuggiva da guerre e persecuzioni sarebbe stato possibile “rivolgersi all’agenzia Onu per dimostrare la loro situazione e, in caso, ottenere il diritto di asilo”. Ma l’ONU non ha offerto alcuna copertura al governo italiano ed ha denunciato a più riprese l’ arbitrarietà dei respingimenti, al punto che suoi rappresentanti, come Laura Boldrini, sono stati attaccati e minacciati da diversi esponenti del centro-destra. Un attacco ignobile che non ha risparmiato neppure Thomas Hammarberg, Commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa, “reo” di avere denunciato la sistematica disapplicazione delle decisioni della Corte Europea per i diritti umani da parte dell’Italia e la prassi illegale dei respingimenti collettivi praticati dalle autorità militari su disposizione del ministro dell’interno.
Secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio nei primi giorni successivi all’avvio dei respingimenti concordati da Maroni con i libici, “se qualcuno è entrato nel nostro territorio, nelle acque territoriali, noi verifichiamo se ha il diritto di restare perché in condizione di chiedere asilo nel nostro Paese. Verifichiamo il suo diritto d’asilo, se proviene da situazioni di pericolo, mancanza di libertà o altro. Se però questi barconi, che sono purtroppo gestiti da organizzazioni criminali che si fanno pagare, che trasportano anche schiave, portate da noi per essere avviate alla prostituzione, se questi barconi noi li fermiamo prima delle acque territoriali, dando tutto l’aiuto e soccorso necessario non solo per salvargli la vita ma perché stiano bene, abbiano acqua, viveri, cure mediche, noi li scortiamo fino al punto d’imbarco e là, lo abbiamo fatto adesso per la Libia, ci sono per esempio le Agenzie delle Nazioni Unite che possono verificare lì, in loco, se hanno diritto all’asilo”.
Durante l’ultima “esibizione” televisiva del presidente del consiglio, che si è occupato di respingimenti anche in una trasmissione dedicata al terremoto, si è verificata una totale assenza di contraddittorio perché i giornalisti presenti non sono riusciti a contestare al capo del governo le immagini tragiche diffuse in rete, immagini inequivocabili, che mostrano i migranti, sbarcati dalle nostre unità militari il 7 maggio scorso, abbandonati riversi sulla banchina nel porto di Tripoli. Berlusconi ha continuato così a seminare menzogne, affermando che non si tratta di respingimenti vietati dalle convenzioni internazionali, in quanto, a suo avviso, i mezzi della marina militare e della guardia di finanza “affiancano” le imbarcazioni cariche di migranti per ricondurle verso le acque libiche dove vengono presi in consegna dalla polizia di Gheddafi. Dopo la “scorta”, dunque l’”affiancamento”, chissà quale altro termine verrà inventato la prossima volta per nascondere quelle che sono vere e proprie deportazioni.
Secondo il capo del governo questa attività di “contrasto dell’immigrazione illegale” avrebbe contenuto il numero delle vittime, oltre che ridurre in modo consistente il numero degli sbarchi. Ma come al solito si nasconde all’opinione pubblica la realtà e si ignorano le vittime delle violenze della polizia, oltre che dei trafficanti libici. Numerosi rapporti internazionali e documenti video, e di recente le stesse testimonianze delle vittime, confermano che dopo la entrata in vigore degli accordi di respingimento tra Italia e Libia la condizioni dei migranti in transito in quel paese sono peggiorate e molti di loro finiscono sempre più spesso in veri e propri lager. Malgrado la presenza di organizzazioni umanitarie e la ristrutturazione di alcune carceri, ad uso e consumo delle ispezioni internazionali, in Libia la situazione degli immigrati in transito è sempre peggiore, alcuni centri di detenzione come quello di Kufra sono ancora off-limits, nel carcere di Bengasi sono stati uccisi alcuni somali che tentavano di fuggire, molti altri sono stati feriti o torturati, e continua la collusione tra le forze di polizia ed i trafficanti. Soltanto chi paga riesce a sottrarsi alle sevizie dei secondini che comandano nei centri di detenzione, abusano delle donne e si fanno pagare per lasciare fuggire qualcuno, e questo avviene probabilmente anche in quelle carceri visitate periodicamente da organizzazioni internazionali e da ufficiali di collegamento.
Maroni e Frattini hanno negato la fondatezza delle critiche rivolte ai respingimenti collettivi da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, della Chiesa cattolica, di autorevoli rappresentanti della Commissione Europea, da ultimo dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Dopo qualche distinguo diversivo anche Fini si è unito al coro dei sostenitori dei respingimenti, sostenendo che “il diritto di respingimento e’ un sacrosanto diritto garantito dalle Nazioni unite ad ogni Paese sovrano e sarebbe utopico sostenere che poiché quelle persone vengono da Paesi dove sono violati dei diritti possano venire da noi e poi si pensa a come sistemarli”. E così saranno contenti anche coloro che attendevano una destra dal volto umano. Tutte le destre stravolgono il contenuto delle convenzioni internazionali e giungono alla negazione sostanziale del diritto di asilo, in nome dello slogan “aiutiamoli a casa propria”.
Per tutti i critici, piuttosto che repliche basate sulle norme e sui fatti, soltanto minacce e insulti, oppure mistificazione del contenuto delle convenzioni internazionali e travisamento dei fatti. E anche tanta disinformazione, come quando il ministro degli esteri sostiene che l’Italia ha effettuato il maggior numero di salvataggi a mare, tra i paesi europei, prendendo in esame il periodo 2007-2009. Un ulteriore elemento di confusione perché nelle statistiche diffuse da Frattini si considerano anche i migranti salvati dalla marina italiana e condotti a Lampedusa negli anni (2007 e 2008) in cui non si effettuavano respingimenti in Libia ( salvo rare eccezioni) e le regole di ingaggio delle nostre unità militari, decise dal governo Prodi, erano considerate come un esempio positivo a livello europeo. Ma dal gennaio del 2009, soprattutto per l’attivismo di Maroni che si è recato in Libia per “perfezionare” i precedenti accordi bilaterali, è cambiato tutto, e se sono diminuiti gli arrivi in Sicilia e a Lampedusa sono aumentate le vittime, non solo in mare, ma anche nelle carceri e nei deserti della Libia. E tutto in un clima da segreto militare, perché mentre i protocolli di Amato del 2007 erano noti, gli ultimi accordi stipulati a Tripoli tra Maroni ed i libici il 4 febbraio scorso rimangono segreti. Sarebbe tempo che il Parlamento, che il giorno prima ha votato “alla cieca” la ratifica del Trattato di amicizia con la Libia, decida la istituzione di una commissione di inchiesta sulle modalità di attuazione di quegli accordi, e dunque sui respingimenti collettivi.
Adesso il presidente del consiglio, in evidente difficoltà di fronte alle tante contestazioni rivolte al governo italiano sulla base del diritto internazionale e del diritto comunitario, cerca di cambiare le carte in tavola, un vero e proprio imbroglio e tenta ancora una volta di confondere i fatti, raccontando all’opinione pubblica quello che non è, ma tacendo sistematicamente quanto avviene nelle acque del Canale di Sicilia quando le motovedette italiane sono chiamate dalle unità di ricognizione, appartenenti anche a Malta ed a Frontex, per effettuare i respingimenti collettivi verso la Libia. Missioni mirate, anche di poche ore, che non hanno nulla delle azioni di salvataggio, ma che sono finalizzate a riconsegnare alle autorità libiche i migranti in fuga “intercettati in acque internazionali”.
A maggio Berlusconi parlava di “scorta fino al porto di imbarco”, poi ancora ieri utilizzava il termine “affiancamento”, per descrivere le attività dei mezzi militari italiani che riconducono le imbarcazioni cariche di “clandestini” in acque libiche, mentre sono numerosi i video, le foto, le testimonianze che documentano gli abusi, e talvolta anche le violenze, poste in essere da militari italiani impegnati nelle operazioni di respingimento collettivo nelle acque del Canale di Sicilia. Gli immigrati, le donne, i minori non accompagnati, alla deriva spesso da giorni, vengono caricati sulle imbarcazioni italiane e da lì riconsegnati a forza, anche a colpi di remo se qualcuno si ribella, ai militari imbarcati sulle motovedette a bandiera libica regalate dall’Italia a Gheddafi, in servizio dal 15 maggio scorso. Lo stesso trattamento anche per donne in stato di gravidanza e per minori non accompagnati.
I consulenti che hanno suggerito a Berlusconi di non fare riferimento alla circostanza che gli immigrati vengono caricati a bordo delle unità italiane in acque internazionali e da lì trasferiti a forza sulle imbarcazioni libiche, hanno dimenticato che la giurisdizione italiana e la possibilità di perseguire reati commessi da pubblici ufficiali italiani si può radicare in tutte le ipotesi in cui le persone migranti, seppure in acque internazionali, siano sottoposte alle decisioni, e dunque al “potere di imperio” di militari italiani. Ed i diritti fondamentali della persona, a partire dal diritto alla vita e dal diritto a non subire trattamenti disumani o degradanti, vanno riconosciuti a tutti coloro che si trovano in mare, non solo ai potenziali richiedenti asilo, come ricorda all’Italia anche la Commissione Europea.
Ma i respingimenti collettivi non avvengono soltanto nelle acque tra la Libia, Malta e la Sicilia.
Durante la trasmissione “Presa diretta” di Riccardo Iacona, è tornato in evidenza il tema dei respingimenti collettivi di potenziali richiedenti asilo irakeni ed afgani, molti dei quali minori non accompagnati, da Venezia, da Ancona, da Bari, da Brindisi, verso Patrasso ed Igoumentitsa, in Grecia. Nel corso della trasmissione, un funzionario della Polizia di Ancona riferiva che non gli risultavano casi di minori non accompagnati o di richiedenti asilo respinti verso la Grecia, ma aggiungeva che questo dato riguardava soltanto l’attività della Polizia di Stato, mentre è notorio che le attività di controllo dei mezzi sbarcati dai traghetti che arrivano da Patrasso sono svolte preliminarmente dalla Guardia di Finanza. E sono finanzieri che riaccompagnano sui traghetti i migranti che scoprono sulla banchina, o all’interno dei container, subito dopo lo sbarco. I servizi di accoglienza alla frontiera, presso i quali operano diverse associazioni che dovrebbero occuparsi dei richiedenti asilo, non sono messi in condizione di conoscere l’arrivo di migranti irregolari in quanto non hanno accesso regolare alle banchine portuali quando arrivano le navi, che dopo qualche ora ripartono verso la Grecia. Di fatto queste associazioni lavorano quasi esclusivamente con gli immigrati che la polizia, o la guardia di finanza, decidono di condurre nei loro uffici. Una violazione eclatante delle direttive comunitarie e delle norme interne di attuazione in materia di accoglienza e di accesso alle procedure di asilo che sottraggono alla discrezionalità delle forze di polizia la presentazione di una istanza di protezione internazionale.
A tutti i livelli, si adotta la stessa tecnica di “oscuramento” con la quale si nega persino l’evidenza dei fatti, anche se diversi testimoni oculari hanno assistito ai respingimenti sommari posti in essere dalla Guardia di Finanza alle frontiere portuali dell’Adriatico. Migliaia di persone arrivate con i traghetti dalla Grecia, nascoste sotto i TIR oppure all’interno dei container, e molti tra di loro sono morti in modo orribile, sono state respinte in Grecia in violazione del divieto di espulsioni collettive, sancito dalle Convenzioni internazionali, senza alcuna identificazione certa, senza alcuna possibilità di accesso alla procedura di asilo, senza alcun riconoscimento dei diritti di permanenza dei minori. E neppure la stampa locale, che prima dava ampia notizia di questi respingimenti, riporta più un rigo di cronaca su quanto continua ad avvenire in spregio delle convenzioni internazionali, e delle norme sui respingimenti stabilite dal Testo Unico n. 286 del 1998 sull’immigrazione ( per documenti sui respingimenti verso la Grecia si rinvia a fortresseurope.blogspot.com).
Come nel caso dei migranti consegnati alla polizia libica, il 7 maggio scorso a Tripoli, dalle autorità militari italiane, anche sui respingimenti collettivi verso la Grecia pende un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo. La Corte Europea ha richiesto all’Italia ed alla Grecia informazioni precise su quanto avviene alle frontiere portuali, una richiesta che è stata elusa per mesi, con continue richieste di rinvio e che adesso dovrà essere adempiuta, entro la fine di settembre.
Mentre Berlusconi e la sua corte di ministri continuano a diffondere allarmismo e disinformazione, spacciando dati non veritieri e minacciando chiunque osa esprimere critiche, anche quando si espongono semplicemente fatti avvenuti e norme di diritto, la Corte Europea e la Commissione Europea, che pure si sta interessando di questi casi, dovrebbero emettere presto i loro verdetti di condanna dell’Italia.
Non si comprende come la magistratura italiana, così solerte nel perseguire per agevolazione dell’ingresso di “clandestini” quanti hanno svolto azioni di salvataggio in mare, possa continuare ad ignorare ancora queste continue violazioni dei diritti fondamentali delle persone, compiute dalle autorità italiane alle frontiere portuali dell’Adriatico e nelle acque del Canale di Sicilia. La documentazione dei fatti è a disposizione di qualunque magistrato italiano, almeno fino a quando la riforma del processo penale voluta da Berlusconi non trasferirà sulla polizia giudiziaria quei poteri di accertamento e di approfondimento della “notizia criminis” che oggi spettano ai magistrati. E a quel punto il cerchio potrebbe essere chiuso, con l’informazione messa sotto controllo, la chiesa costretta alla difensiva ( quando difende i migranti), gli organismi internazionali delegittimati. Non si tratta solo di difendere i diritti fondamentali delle persone. Se la magistratura non dimostrerà, anche nel caso dei respingimenti collettivi, tema che è diventato cruciale per le politiche migratorie del nostro paese, quella indipendenza e quella autonomia che le riconosce la Costituzione, per tutti, cittadini e migranti, sarà un ulteriore passo verso il tradimento della Costituzione repubblicana e verso la definitiva instaurazione di un regime autoritario. Un rischio di regime, basato sulla discriminazione e sull’esclusione sociale, contro il quale in queste settimane si stanno mobilitando i migranti e le associazioni antirazziste.
– Il video dei trafficanti di uomini – Così i libici fermano i gommoni