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Richiesta di protezione internazionale e determinazione dello Stato competente ad esaminare la relativa domanda

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, sentenze 8.9.2015 n. 4199 e 4200

di Avv. Carla Pennetta

Proponiamo due sentenze della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 4199/2015 e n. 4200/2015 concernenti procedure per la richiesta di protezione internazionale e determinazione dello Stato competente ad esaminare la relativa domanda.

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Consiglio di Stato n. 4199/2015

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Consiglio di Stato n. 4200/2015

Commento dell’Avv. Carla Pennetta.

Con le due recenti sentenze, la Terza Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sui provvedimenti di trasferimento dei richiedenti la protezione internazionale, di competenza dell’Unità Dublino del Ministero dell’Interno, disciplinati dal Regolamento dell’Unione Europea n. 604/2013, del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26.6.2013, cosiddetto “Nuovo Regolamento Dublino” o “Dublino III” .
A fronte di una richiesta di protezione internazionale formulata in Italia, in entrambi i casi era emerso, attraverso il sistema di riscontro delle impronte digitali EURODAC, che gli interessati avevano già presentato analoga istanza in altri Stati dell’Unione Europea.
Lo Stato Italiano aveva quindi indirizzato agli Stati di provenienza di ciascuno una richiesta di ripresa in carico, cui era seguito da parte dei medesimi Stati il riconoscimento della propria competenza ad esaminare la domanda, con conseguente adozione dei provvedimenti di trasferimento immediato, posti in essere tuttavia in assenza dei necessari adempimenti informativi preventivi di cui allo specifico “opuscolo comune”, mai consegnato.
Proposte tempestive impugnazioni da parte degli interessati, nelle more del giudizio, l’Amministrazione aveva dato comunque seguito alla procedura di trasferimento, notificando prenotazioni di biglietti aerei per le rispettive destinazioni dei due migranti, ciò senza attendere l’esito delle domande cautelari nelle coltivate impugnazioni, al punto da rendere necessario, in entrambi i gradi del giudizio, il ricorso alle misure monocratiche cautelari.
La linea difensiva ha puntato sostanzialmente sulla eccezione di violazione delle regole procedurali, in particolare degli obblighi informativi e partecipativi a carico dello Stato procedente, oltre che violazione del diritto ad una buona amministrazione e del diritto ad un ricorso effettivo, con effetto sospensivo, del tutto disattesi, sebbene chiaramente sanciti dal Nuovo Regolamento Dublino .
Il Ministero dell’Interno, Unità Dublino, costituitosi nel solo primo grado del giudizio, ha dedotto che non vi era stata alcuna violazione di legge sotto il profilo partecipativo, informativo e procedurale, essendo stati gli interessati comunque sottoposti al colloquio personale; lo Stato di destinazione doveva dirsi sicuro e determinato per legge, ciò che non avrebbe potuto costituire motivo di impugnazione alcuna .
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, Sezione Seconda Quater, ha adottato un criterio “sostanzialistico”, traendo la prova dell’esercizio dei diritti partecipativi degli interessati dall’efficace esercizio dei diritti processuali, respingendo i ricorsi. Ha reputato soddisfatto l’onere informativo attraverso l’adempimento del solo colloquio personale, previsto dall’art. 5 del Regolamento, alla presenza del mediatore culturale, in seno al quale, commentano le sentenze, l’interessato avrebbe avuto la possibilità di esporre la propria situazione e di chiedere le informazioni del caso.
In realtà la sottoposizione al colloquio personale rappresenta solo una delle incombenze imposte dall’art. 4 del Nuovo Regolamento Dublino, e non è pertanto esaustivo del più complesso ed articolato obbligo informativo previsto dalla legge.
Nel Nuovo Regolamento Dublino il diritto all’informazione non è congegnato come mera facoltà dell’interessato, ma anzi come preciso dovere dello Stato Membro che ad esso si è obbligato.

Con l’atto di appello, nel chiedere la riforma della sentenza e conseguente annullamento del provvedimento amministrativo impugnato, si è sostanzialmente lamentata la violazione e falsa applicazione del regolamento UE n. 604/2013, il difetto di motivazione oltre che la violazione e falsa applicazione degli art. 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “diritto ad una buona amministrazione” e “diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”.
Nonostante la chiarezza del Regolamento, avendo il Giudice di prima istanza comunque operato una interpretazione ritenuta non aderente alla formulazione normativa, si è ritenuto comunque opportuno avanzare in via pregiudiziale una istanza di sospensione del procedimento e di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché venissero decise le seguenti questioni:

1) se l’art. 4 del regolamento UE n. 604/2013 ai fini della individuazione dello Stato Membro competente per l’esame della domanda di asilo e l’art. 41 della Carta Fondamentale dell’Unione Europea vadano interpretati nel senso che il diritto all’informazione del cittadino extracomunitario richiedente la protezione internazionale in uno Stato Membro sia sufficientemente assicurato con la sottoposizione del medesimo al semplice colloquio personale, predisposto su modulo tipo, e contenente unicamente le informazioni sui propri familiari, parenti o persone legate da vincoli di parentela negli Stati Membri;

2) se gli artt. 26 e 27 del Regolamento UE n. 604/2013 ai fini della individuazione dello Stato Membro competente per l’esame della domanda di asilo e l’art. 47 della Carta Fondamentale dell’Unione Europea vadano interpretati nel senso che il diritto al ricorso effettivo del richiedente la protezione internazionale avverso la decisione di suo trasferimento sia comunque garantito con la mera indicazione, contenuta nel provvedimento finale, del giudice e del termine entro cui ricorrere, consentendo altresì ad uno Stato Membro di eseguire detto provvedimento nelle more del termine previsto dalla normativa interna per il ricorso al Giudice Nazionale e prima della decisione di questi di sospensione di efficacia del provvedimento.

Il Consiglio di Stato, con le sentenze in oggetto, riconosce che il sistema delle garanzie partecipative fissato dai Regolamenti dell’Unione Europea sia un aspetto inderogabile ed essenziale della disciplina dei trasferimenti, ciò che contraddistingue una procedura regolata dal diritto dal traffico degli esseri umani.
Ritiene inoltre che il sistema delle garanzie partecipative non si presti ad interpretazioni di alcun genere, tanto meno di tipo sostanziale, ad opera del Giudice Nazionale, ciò in quanto l’autonomia e la sovrastante rilevanza delle procedure attiene alla ratio fondamentale della procedura di protezione internazionale ed è superiore nella scala dei valori giuridici all’immediato oggetto della procedura che ha come limitato scopo di determinare la competenza degli Stati ad esaminare la domanda.
Il Consiglio di Stato riconosce che le garanzie partecipative sono fissate in maniera dettagliata dal Regolamento la cui interpretazione spetta unicamente agli organi dell’Unione Europea ed alla Corte di Giustizia quale Giudice di ultima istanza.
Ha ritenuto tuttavia non necessario, stante l’assoluta chiarezza delle norme, alcun rinvio alla Corte di Giustizia ai fini della corretta interpretazione ed applicazione delle medesime.
L’art.4 del Nuovo Regolamento Dublino prevede il diritto di informazione degli stranieri che avanzano domanda di protezione internazionale con indicazione dettagliata del suo contenuto precettivo. Il Consiglio di Stato precisa che tale informativa oltre ad essere tassativa deve essere effettuata per iscritto ed in via preventiva e non può ritenersi correttamente adempiuta attraverso la sottoposizione al solo colloquio personale, ciò che costituisce solo uno dei passi dell’obbligo informativo, così come la possibilità di chiedere informazioni non equivale all’obbligo di essere informati per iscritto in modo sistematico e oggettivo, come imposto dalla consegna dell’opuscolo comune, espressamente indicato nel Regolamento.
Per domandare bisogna anche sapere cosa domandare e, in situazioni complesse come quella in esame – specie nel contesto di ordinamenti e lingue a cui si è quasi totalmente estranei – sapere cosa domandare per tutelare i propri diritti non è affatto evidente ed intuitivo”. (Cfr sentenze pag. 9)
Il Consiglio di Stato ha ritenuto in ultimo violato il diritto ad un ricorso effettivo con effetto sospensivo, oltre il relativo obbligo informativo, accogliendo quindi l’appello nella sua totalità.
Ne discende che l’Amministrazione dovrà rideterminarsi sulla istanza di cui ai provvedimenti annullati.
In un momento storico nel quale si assiste all’esodo continuo di individui, resi vulnerabili nei loro diritti essenziali dalla necessità di mettere in salvo la propria vita ed incolumità personale, costretti ad attraversare, in condizioni notoriamente disumane, frontiere non solo geografiche, ma talvolta anche fisiche e mentali, queste pronunce rappresentano l’approdo di una civiltà giuridica che ha voluto definitivamente porre al centro l’uomo e la sua dignità.