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Riduzione in schiavitù, estorsione, minacce. Arrestata “datrice di lavoro”

L'arresto è avvenuto a San Clemente, una frazione di Rimini

Da diverso tempo oramai sono stati segnalati, grazie al lavoro di alcune soggettività territoriali, episodi di grave sfruttamento lavorativo e riduzione in schiavitù nel territorio romagnolo, legati in particolar modo al lavoro turistico stagionale.
L’arresto avvenuto nella giornata di sabato 26 maggio a San Clemente della “datrice di lavoro” di una giovane lettone, tenuta in casa a 50 euro a settimana per lavorare in nero come collaboratrice domestica e all’occorrenza come barista, insieme alla pretesa che la ragazza firmasse un contratto retrodatato con condizioni di “schiavismo legalizzato”, oltre al sequestro dei beni personali e dei documenti, configura reati come la servitù domestica (sempre più diffusa), l’estorsione e la riduzione in schiavitù.
La notizia ha avuto grande rilievo non solo sui media locali ma anche sui media mainstream.
La crisi globale che rende ulteriormente precario e ricattabile il lavoro nelle sue varie declinazioni, apre ulteriori spazi ed interstizi non solo alle organizzazione criminali che si “occupano” del traffiking internazionale di essere umani, ma anche a quegli pseudo datori di lavori che si ritengono liberi di poter agire attraverso la violenza, la coercizione, la sottrazione dei documenti e il grave sfruttamento lavorativo, un controllo totale sui lavoratori e le lavoratrici in particolare migranti o comunitari. Il possesso del corpo altrui si traduce immediatamente nel poter disporre della vita altrui nella sua interezza.
Qualche giorno fa l’associazione Rumori sinistri – attraverso un comunicato stampa – aveva segnalato l’avvio di un secondo processo penale ai danni di un albergatore, per i quali sono configurati gli stessi gravissimi reati. Venerdì le agenzie stampa locali segnalavano un altro episodio ai danni questa volta di una lavoratrice senegalese picchiata dal datore di lavoro solo per aver “preteso” lo stipendio.
Questo arresto e quello che ne conseguirà insieme al lavoro territoriale intorno al fenomeno del grave sfruttamento lavorativo e della riduzione in schiavitù rappresentano sicuramente uno step importante per poter configurare gli stessi reati anche in altri settori lavorativi.
Non solo non si deve abbassare la guardia sul tema ma è necessario da subito implementare interventi multiagenzia, nell’emersione e nella denuncia di questi episodi insieme alla possibilità di offrire protezione e supporto alle vittime anche attraverso l’applicazione dell’art.18 del T.U. sull’immigrazione, promuovendo ed affermando una cultura della legalità nel mondo del lavoro, attraverso l’applicazione delle normative esistenti.
E’ proprio nelle fasi di recessione e crisi economica – ovvero quando è necessaria manodopera a basso costo – che si implementano e rafforzano quei meccanismi e dispositivi di dominio e ipersfruttamento che hanno caratterizzato le pratiche schiavistiche che conosciamo dalla storia passata.
Il clima generale e le riforme proposte nell’ottica dell’austerità e della spending review, oltre all’iper flessibilizzazione del mercato del lavoro (vedi Ddl Fornero) di certo non aiutano le potenziali vittime ne i percorsi di emersione, ma sembrano semmai favorire il contrario.

Rassegna Stampa:
Tenuta in casa come una schiava
finisce il dramma di una 22enne lettone – Repubblica Bologna

Domestica tenuta come “schiava”, titolare arrestata
Tiene giovane in schiavitu’,arrestata – ANSA.it