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Rivolta al Cie di Modena, 3 reclusi riescono a fuggire

Rivolta al Cie di Modena, 3 reclusi riescono a fuggire
Due sommosse in due giorni. Tre reclusi in fuga, ventimila euro di danni, e un numero imprecisato di contusi tra i rivoltosi e le forze dell’ordine. Questo il bilancio delle ultime 48 ore al centro di identificazione e espulsione di Modena, in via La Marmora. La tecnica ormai è rodata e ha portato nei mesi scorsi a rocambolesche fughe dal Cie emiliano. Non più sui tetti a piccoli gruppi, ma in massa contro la cancellata principale della gabbia. Per tornare in libertà i reclusi sono disposti a scontrarsi con i loro carcerieri, a maggior ragione con la nuova legge che ha esteso da 6 a 18 mesi il limite del trattenimento nei Cie. A differenza delle notizie allarmiste diffuse dall’ente gestore, la Misericordia di Modena, a tentare il tutto per tutto non sono scafati galeotti, ma piuttosto ragazzini partiti all’avventura e ritrovatisi dopo Lampedusa con la prospettiva di farsi 18 mesi in gabbia senza aver commesso reati, oppure italiani tra virgolette, ovvero quarantenni e cinquantenni che nel nostro paese ci vivono da una vita e che qui hanno casa, famiglia e qualche volta pure i figli, ma che hanno i documenti scaduti. La questura di Modena comunque non sembra stare a guardare e sta organizzando il rinforzo del personale di guardia della struttura, probabilmente con un reparto mobile della polizia di Bologna. Intanto dal Cie, dove a differenza di tutti gli altri Cie d’Italia i detenuti non possono usare i cellulare, è comunque trapelata la notizia dei pestaggi avvenuti in seguito alle due rivolte. Di seguito, la notizia sulla stampa locale.

Rivolta al Cie, tre evasi. Danni per ventimila euro
tratto da La Gazzetta di Modena
di Stefano Totaro

Prima la colazione, poi la rivolta. In tempi di Ramadan, meglio partire rifocillati se si deve affrontare una giornata intensa, soprattutto se si prevede di affrontare militari dell’esercito italiano, poliziotti, carabinieri, polizia municipale e anche i vigili del fuoco.

Ancora una rivolta al Cie, Centro identificazione ed espulsione, scoppiata all’alba, alle 4.30 e che ha tenuto impegnate praticamente tutte le forze del’ordine che è stato possibile convogliare in quel di via La Marmora.

Tre ospiti sono riusciti ad evadere, rinunciando “all’ospitalità” data loro nella struttura modenese, gli altri sono stati a fatica fatti rientrare. Eppure tutti i sessanta ospiti erano ormai ad un passo dal darsi alla macchia, dal riuscire, come accadde qualche mese fa, a fuggire scavalcando in più punti la recinzione. Uno, l’altra notte, ormai stava per riuscirci, ma è rimasto incastrato. Viene da pensare che per lui sarà per la prossima volta.

Solamente la notte prima una ventina di uomini avevano praticamente fatto le prove generali, protestando, sfasciando e raggiungendo il tetto.

Ma il pronto intervento ancora della polizia e dai carabinieri aveva fatto rientrare i venti rivoltosi, che si erano scatenati dopo aver cenato, come prevede il Ramadan, dopo il calar del sole.

Come sempre accade in questi frangenti, il conto lasciato sul campo è salato: si parla di almeno ventimila euro di danni, tra porte, finestre, suppellettili, armadi, armadietti e altra attrezzatura, tutto distrutto.

Inoltre ora la tecnica utilizzata per cercare la fuga di massa è cambiata, non più il tetto come meta, ma i cancelli, le cancellate principali. Tutti quelli che sono in “agitazione” si portano, una volta raggiunta, alla cancellata e a forza di vari spintoni, in sessanta, riescono a sfondarla. Dopodiché sono nel cortile, sono nel “circuito” esterno della struttura e solamente la recinzione li separa dalla città , dalla libertà. È successo così l’altra notte e persino i vigili del fuoco, con gli idranti, hanno dovuto raffreddare i tunisini scatenati. Bisogna considerare che, qualora venissero riacciuffati, i tre farebbero un po’ di carcere, circa due mesi, poi, scontata la pena, sono liberi. Clandestini, ma liberi. Quelli che restano al Cie vi restano per mesi e poi vengono espulsi.

Ovvio che questo non va giù a questi sessanta ospiti: si tratta di tunisini “post decreto” che si sentono “discriminati” rispetto altri “lampedusiani” più fortunati. Daniele Giovanardi, presidente Misericordia: «Per come si stanno organizzando, per come si comportano durante le rivolte o i semplici tafferugli, questo “contingente” è formato da malfattori comuni, ex carcerati, gente che poco ha del profugo in senso stretto. Quello dei Cie è un problema sociale: le carceri sappiamo come sono messe, i Cie sono strutture non adatte a queste situazioni, la magistratura non può non essere chiamata in causa. Ma non esiste una bacchetta magica, occorre affrontare però il problema e con celerità».

Forti preoccupazioni intanto dai sindacati di polizia, in attesa di provvedimenti e contromosse che Giuseppe Pinto, il nostro nuovo questore presente l’altra notte ai disordini, un esperto in questioni d’immigrazione, sta per apportare.

Dal Siulp preoccupazioni innanzitutto per l’incolumità di chi (8 soldati e tre poliziotti) è in servizio nella struttura: le rivolte sono sempre più studiate e organizzate da personaggi che sanno gestire, sanno come muoversi e comportarsi.

Il Sap, tramite il vice segretario provinciale Ottorino Orfello, chiede che vengano utilizzati, all’occorrenza o meglio ancora in pianta stabile (e già da oggi qualcuno di loro presterà servizio a Modena) i poliziotti del reparto mobile di Bologna, disponibili e attrezzati per l’evenienza in modo specifico. Si tratterebbe di poter contare su una decina di uomini in più, un vero toccasana per un contingente, quello modenese, ridotto all’osso e che già fa fatica , e tanta, nel cercare di mantenere l’ordine pubblico, il normale servizio di pattugliamento nel territorio cittadino. E pensare che persino la presenza dei militari, i soldati che fanno sorveglianza alla struttura, era stata messa in dubbio: il loro “contratto” col Cie di Modena è stato rinnovato sino alla fine dell’anno.