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Rivolte al CIE di Gradisca d’Isonzo

I video del lancii di lacrimogeni. Violenze nella notte di fine Ramadan

Sono circa le 21.30 del 12 agosto 2013 al CIE di Gradisca d’Isonzo (Go). Poco più di ventiquattr’ore fa l’Onorevole Pellegrino (SEL) ha effettuato una visita a sorpresa alla struttura per verificare i fatti della notte di giovedì 8 agosto (in cui cadeva la fine del Ramadan), in cui ci sarebbero stati degli scontri tra migranti e forze dell’ordine con lancio di lacrimogeni nei cortili interni delle camerate.
Motivo degli scontri il rifiuto dei detenuti di fare rientro nelle proprie stanze (stanze che si affacciano su cortili “protetti” da vetri antisfondamento ai lati e da una grata di ferro nella parte superiore) per festeggiare la fine del Ramadan e godere della frescura notturna, date le elevate temperature interne delle camerate (“aerate” dall’apertura di piccole finestrelle).
Queste le parole dell’Onorevole Pellegrino dopo la visita di sabato: “I detenuti , visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadan. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell’ordine in assetto anti sommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male , non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione. “
Nonostante questa denuncia, ieri sera la scena si è sostanzialmente ripetuta: dal pomeriggio quattro detenuti erano saliti sul tetto per protestare contro la situazione di totale repressione che si respira all’interno del centro: dal 2011 persiste il divieto di possedere i cellulari, provvedimento d’urgenza prorogato modificando il regolamento interno della struttura (che invece ne consente il possesso, come avviene in tutti i CIE d’Italia), i detenuti non possono uscire dai cortili-gabbia su cui si affacciano le camerate in cui dormono dalle 8 alle 10 persone se non a gruppi di due o tre, la mensa non è accessibile per evitare assembramenti (e potenziali rivolte), ad ogni tentativo di protesta la risposta rimane unicamente l’uso della forza. Con il calare della sera la situazione è degenerata, in molti si sono uniti alla protesta dei quattro (tra le venti e le trenta persone e il centro attualmente ne ospita 67), che si è fatta ancora più forte quando è partito il lancio di lacrimogeni (ben udibile anche al di fuori della struttura).
In pochi minuti al centro hanno fatto ingresso diverse camionette dei carabinieri e della polizia, un pullman dell’esercito e una camionetta dei vigili del fuoco. Chi si trovava al di fuori ha prontamente allertato il 118 (sapendo che all’interno ci sono almeno due persone con documentati problemi d’asma), che si è rifiutato di intervenire perchè la richiesta non proveniva dall’interno. Solo l’intervento telefonico dell’Onorevole Pellegrino sulla Questura di Gorizia ha sbloccato la situazione e in pochi minuti anche un’ambulanza ha avuto accesso al centro.
Consapevoli dell’interessamento della parlamentare, i detenuti si sono detti disponibili a trattare con le forze dell’ordine per scendere dal tetto, chiedendo che venisse rimosso il divieto di possedere i telefoni e che venisse ripristinato il diritto d’accesso agli altri spazi della struttura.
In molti inoltre hanno chiesto di essere trasferiti ad altri CIE, dove le procedure di identificazione (ed espulsione) sono più rapide e non si arriva a scontare una detenzione di 18 mesi: “vogliamo tornare a casa nostra, rimandateci nei nostri paesi”. Tante richieste, che da una parte evidenziano come la gestione della struttura da parte della Prefettura di Gorizia sia (volutamente?) esasperante ed oppressiva in un contesto già certamente non facile, e dall’altra mettono in luce il malfunzionamento di un sistema che continua a rivelarsi fallimentare: per stessa ammissione del sindacato di polizia Sap (in una nota di qualche settimana fa) se l’identificazione non avviene entro 60 giorni dalla detenzione è difficile che si ottenga successivamente, quindi a che pro mantenere il limite massimo dei 18 mesi? I detenuti si chiedono inoltre perchè chi ha già scontato una pena carceraria debba essere soggetto anche alla detenzione amministrativa, quando sarebbe molto più facile ( e meno dispendioso) avviare la procedura di identificazione dal carcere?
Nonostante l’arrivo, verso le due di notte, dell’Onorevole Pellegrino che ha cercato di trovare una mediazione per far scendere i detenuti dal tetto e far ottenere loro alcune delle concessioni richieste, la situazione è in questo momento in fase di stallo: già stanotte un responsabile del Viminale è stato allertato della situazione, ma per ora sembra che il Prefetto di Gorizia non si sia ancora reso disponibile a trattare.
I detenuti hanno passato sul tetto e si trovano ancora là, stremati ma determinati a ottenere ciò a cui hanno diritto.