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Sans-papiers o sans droit? Una possibile lettura della protesta dei richiedenti asilo a Trento

di Soheila Mohebi, Razi Mohebi e Nicole Valentini

Foto @ l'Adige.it

Il primo aprile alcuni richiedenti asilo residenti a Trento hanno organizzato una manifestazione di protesta che ha bloccato il traffico di via Brennero per qualche ora. I manifestanti hanno esibito dei cartelli nei quali reclamavano i loro diritti alla protezione, alla giustizia e alla salute. Un giovane manifestante interrogato sui motivi della protesta ha affermato di voler solo avere il diritto di studiare e di lavorare. Ha poi aggiunto che alcuni richiedenti bisognosi di cure devono aspettare fino a due settimane per andare dal medico. Il Presidente della Provincia Ugo Rossi ha affermato che nove richiedenti che sono stati identificati verranno espulsi dal programma di accoglienza.

Questa la premessa dei fatti, ma chi sono queste persone e cosa li ha spinti ad organizzare questa protesta? I protagonisti di questa vicenda appartengono tutti ad un gruppo di richiedenti asilo ospitati presso la Residenza Brennero, eppure in comune non hanno solo il domicilio. Come affermato dagli stessi, molti di loro sono in attesa di una risposta da almeno due anni. Cosa è accaduto in questo tempo? Non abbiamo dati o testimonianze disponibili, possiamo però ricostruire alcuni eventi attraverso gli articoli apparsi in questi due anni sui giornali trentini e aventi come protagonisti i richiedenti della Residenza Brennero. Forse qui potremmo trovare, se non la risposta a queste domande, almeno uno spunto che inviti alla riflessione. Rivediamo quindi questi eventi in ordine cronologico:

24 luglio 2014: una giovane donna e madre si reca in questura denunciando di aver subito uno stupro. La donna afferma che lo stupratore è un uomo africano, probabilmente proveniente dal centro di accoglienza di Marco, a Rovereto (in provincia di Trento). Le indagini partono immediatamente e ai richiedenti asilo del centro di accoglienza vengono prelevati dei campioni biologici. Maurizio Fugatti, segretario nazionale della Lega Nord Trentino interviene immediatamente e indice una conferenza stampa nella quale afferma: “si tratta di un atto gravissimo che comunque era già stato abbondantemente previsto.” Di contro, l’allora sindaco di Rovereto Andrea Miorandi del Partito Democratico afferma: “il centro di accoglienza va chiuso, senza se e senza ma”.

Settembre 2014: i richiedenti asilo di Marco vengono spostati nella Residenza Brennero. Lo spostamento era previsto già da tempo ma viene accelerato in seguito agli avvenimenti di Marco.

13 gennaio 2015: arriva la smentita: a Marco non c’è stato nessuno stupro. Il commissario del governo Francesco Squarcina, nel corso di un incontro per illustrare ai sindaci trentini il piano di accoglienza profughi, accenna velocemente al presunto stupro di Marco, affermando che “l’episodio si è rivelato una bufala”. Ci sono voluti solo dieci giorni per avere i risultati dei test biologici ma tre mesi per avere una rapida smentita.

25 settembre 2015: alcuni ospiti della Residenza Brennero vengono coinvolti in un’iniziativa dal nome “noi siamo Trento”, grazie alla quale i richiedenti che desiderano pulire le strade di Trento possono prestare la loro opera. Come ha sottolineato Lino Osler, direttore del Consorzio Multiservizi, partner del progetto: “per questa attività (i ragazzi) non ricevono alcun compenso. Si tratta di un bello scambio: noi diamo l’opportunità a loro, loro danno un’opportunità alla città”. Questo progetto è nato dalla collaborazione fra la Provincia (attraverso il Cinformi) e il comune di Trento, con la collaborazione di Atas Onlus, Centro Astalli, Cooperativa Punto d’Approdo, Dolomiti Ambiente, Cooperativa Consorzio Lavoro Ambiente e Consorzio Multiservizi. I volontari che hanno accettato di prendere parte a questa iniziativa provengono da diversi paesi, come: Gambia, Senegal, Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mauritania e Mali.

Dal 24 luglio 2014 al primo aprile 2016 sono trascorsi 586 giorni. Ciò che conosciamo della vita di queste persone sono unicamente i fatti summenzionati. Leggendo i titoli di giornale si può osservare come questi richiedenti asilo nella narrazione pubblica e politica, siano passati dall’essere degli stupratori, dei volontari netturbini, per finire a diventare dei pericolosi facinorosi da espellere. Durante la protesta del primo aprile, il dirigente del dipartimento salute e solidarietà sociale della Provincia Silvio Fedrigotti, ha intimato i manifestanti a terminare immediatamente la protesta, pena la privazione di alcuni beni di prima necessità. Per contro un ragazzo ha affermato di non volere dei soldi ma solo la possibilità di studiare e lavorare, insomma di vivere. Questo scontro rappresenta appieno il fraintendimento che sta alla base della protesta e più in generale di un problema comune a tutti i richiedenti asilo, un malinteso che vede contrapposti da una parte il potere politico e istituzionale che guarda a queste persone come a dei meri corpi biologici da sfamare e dall’altro la ferma posizione di persone che rivendicano la loro appartenenza ad un più ampio corpo politico e sociale, che è poi quello che distingue l’essere umano dall’animale. Le istanze portate avanti dai richiedenti vanno forse osservate in quest’ottica dicotomica. Il problema infatti è scaturito solo il primo aprile, ovvero quando queste persone hanno deciso di imporsi come corpi politici e sociali e per questo come irriconoscenti nei confronti di una società che desidererebbe invece confinarli ai loro bisogni biologici.

Quale risposta sarà in grado di dare la società trentina a queste istanze di riconoscimento?

Soheila Mohebi, Razi Mohebi e Nicole Valentini

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Razi e Soheila Mohebi sono due registi rifugiati politici afghani residenti a Trento.
Sono coautori di documentari e film che raccontano la guerra e la situazione dei richiedenti asilo in Italia (info: https://razifilmhouse.wordpress.com/)