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Spagna – Minacce di morte all’attivista per i diritti umani Helena Maleno Garzón

La denuncia e l'appello del collettivo Caminando fronteras contro l'escalation di violenza e intimidazioni alla frontiera sud

Comunicato #DefenderAQuienDefiende

Tangeri, 16 agosto 2017

“Da Caminando Fronteras vogliamo denunciare le circostanze che ormai da molti anni segnano la nostra attività professionale, circostanze che nelle ultime settimane sono ulteriormente peggiorate; facciamo riferimento alla condizione di minaccia e vulnerabilità cui sono soggetti gli attivisti per i Diritti Umani alla Frontera Sur spagnola.

Questo stato di violenza fa purtroppo parte della vita quotidiana delle persone migranti alla frontiera, giacché permane una situazione di eccezione democratica tale per cui il solo fatto di parlare di Diritti Umani in questi luoghi ‘privi di diritto’ è visto dagli Stati come una minaccia ai propri interessi.

Questo è esattamente quanto accaduto nelle ultime settimane, quando un componente del nostro collettivo, precisamente la nostra compagna Helena Maleno Garzón, ha visto minacciate la propria sicurezza personale e la propria integrità fisica e morale in ragione di alcune dichiarazioni rilasciate in televisione, dichiarazioni nelle quali affermava che “l’infortunio riportato da un agente di polizia alla frontiera di Ceuta non è stato provocato dalla violenza dei migranti ma, al contrario, l’agente si è infortunato per aver accolto a calci i migranti che si trovavano nel territorio dello Stato spagnolo”.

A partire da queste dichiarazioni ha avuto inizio una campagna diffamatoria via Twitter nella quale la nostra compagna è stata segnalata e criminalizzata dinanzi alle forze di polizia, tentando così, per l’ennesima volta, di limitare la sua attività politica. Dinanzi alle minacce la nostra compagna Helena non si è tirata indietro, e successivamente ha concesso un’intervista alla rete ‘Es Racismo (legata a SOS Racismo Madrid) in cui ha trattato il tema della costruzione del razzismo istituzionale alla Frontera Sur spagnola. Questo ha fatto sì che la campagna d’odio via Twitter si sia acutizzata, con profili che hanno minacciato la compagna e che, soprattutto per la sua condizione di donna attivista, hanno fatto riferimento alla violenza sessuale come maniera per metterla a tacere, mentre nel contempo continuavano riferimenti e allusioni alla sua vita privata. Le minacce via Twitter hanno proseguito oltre, arrivando a chiamate telefoniche sul suo cellulare personale nelle quali si ripetevano incessantemente i medesimi insulti che era possibile leggere sui social network.

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Tuttavia, l’apice si è raggiunto ieri, quando il Sindacato Unitario di Polizia (SUP) si è unito alla catena di tweet minatori. Sebbene i tweet pubblicati dal profilo ufficiale del sindacato siano ‘corretti’ nella forma, riteniamo che il contesto adoperato (vale a dire una serie di messaggi in cui si incitava all’odio, al razzismo e alla violenza contro migranti e donne) non fosse tra i più appropriati per esprimere la posizione di un’organizzazione di funzionari sindacali dello Stato. In più, il SUP ha preferito ignorare i messaggi successivi, che minacciavano direttamente la nostra compagna e altri attivisti, oltre che i migranti. Successivamente Helena ha ricevuto, tramite un messaggio privato, una minaccia di morte accompagnata dalla foto di una pistola e di un proiettile in cui era scritto ‘Le consiglio di starsene zitta altrimenti morirà. Sta importunando le autorità’.

Dinanzi a questa situazione Helena Maleno Garzón ha presentato una denuncia, apportando una raccolta di tutte le minacce ricevute che, per vie diverse, la invitano a farla finita col suo lavoro di denuncia della violazione dei diritti e che mettono in pericolo la sua vita. Ma questo non basta. Criminalizzare e fare pressione sugli attivisti per i Diritti Umani, specialmente alla Frontera Sur spagnola, è una vecchia pratica politica nella quale si sono imbattuti anche compagni come Moha Gerehou di SOS Racismo, le compagne di HARRAGA (María Antúnez, Rosa García, Nora Driss e Sara Olcina), o José Palazón di PRODEIN, tra gli altri.

Per questo, ci vediamo obbligati a denunciare questi fatti andando oltre la via giudiziale, chiamando in causa la società civile e le istituzioni democratiche spagnole per #DefenderAQuienDefiende (Difendere Chi Difende). Perché nascondendosi dietro al discorso della sicurezza del territorio, le persone migranti vengono sistematicamente violentate, violate e perfino assassinate, e il razzismo del controllo delle frontiere è una pratica quotidiana che produce innumerevoli vittime”.