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Riflessioni intorno alla pubblicazione di "Trafficking in human beings", della Commissione Europeauropea

Tratta di essere umani – Un fenomeno strutturale

di Francesca Cimino

Foto di Lorenzo Masi

Poche settimane fa è stato pubblicato il primo rapporto della Commissione europea sulla tratta di esseri umani, completo di dati degli anni 2008-09-10. Il rapporto è il primo risultato tangibile e fruibile della direttiva europea su “La prevenzione e la lotta alla tratta degli esseri umani” (2011/36/UE) che ha posto come obiettivo strategico dell’Unione Europea lo sradicamento del fenomeno dai Paesi Membri, attualizzando e concretizzando così un fenomeno problematico che è cresciuto negli ultimi anni e che lentamente si sta spostando sotto i riflettori. Dai dati emerge una situazione attuale che è il risultato delle trasformazioni del fenomeno avvenute dagli anni Novanta fino ad oggi. Il fenomeno della tratta ha sempre avuto una connessione profonda con le migrazioni internazionali, gli eventi bellici e oggi questa connessione è ancor più chiara per i motivi che si vedranno più avanti.

La tratta inizia ad essere un tema di discussione ed interesse in Italia dagli anni Novanta, quando il fenomeno è principalmente caratterizzato dalle reti di criminali provenienti dalla Nigeria e dai Balcani, che reclutano ragazze per inserirle nello sfruttamento sessuale obbligandole a lavorare in strada. Lo sfruttamento del tempo era quasi esclusivamente, appunto, di tipo sessuale e le pratiche di assoggettamento meno sostenibili delle odierne: solitamente la rete di sfruttatori non forniva assistenza medica o prevenzione e tratteneva la gran parte degli utili maturati. Le persone sfruttate al tempo erano per la maggior parte provenienti dai paesi della ex Jugoslavia, Albania e Nigeria.

Nella seconda metà degli anni Novanta le Istituzioni iniziano a considerare e discutere la problematica: sono infatti di questi anni il Testo Unico sull’immigrazione, che contiene al suo interno l’art. 18 per la protezione sociale di persone sfruttate, e il primo finanziamento del Governo a progetti di sostegno per vittime di tratta.

Ma lo scenario è in continua evoluzione ed è il nuovo secolo che segna la svolta: verso gli anni Duemila iniziano profonde trasformazioni sociali globali: l’immigrazione “si allarga” e i migranti che sognano di raggiungere l’Europa provengono da Paesi più lontani di quelli ai quali si era soliti (fatta eccezione per le ex colonie, ovviamente), come l’Africa sub-sahariana e le regioni del medio oriente (dalle quali però l’immigrazione è quasi completamente maschile). Anche i metodi di sfruttamento cambiano, vengono concessi più soldi, una buona attenzione all’aspetto sanitario e spesso si consente una piccola “progressione” di ruolo, potendo passare da sfruttati a sfruttatori collaborando con la rete criminale.

Il fenomeno della tratta, col passare degli anni, diviene sempre più parte integrante dei flussi migratori che caratterizzano l’Italia e l’Europa, in quanto il metodo di reclutamento delle persone da sfruttare si basa sulla promessa di un futuro migliore grazie al lavoro sicuro nel Paese straniero. La maggior parte delle vittime di tratta dei nostri anni è partita con un progetto migratorio preciso, volto a migliorare la propria situazione economica e quella della propria famiglia. Una breve parentesi sulla famiglia di origine, che nella maggior parte dei casi rimane nel Paese di origine in attesa di poter raggiungere il consorte (parlando di uomini migranti), o aspettando le rimesse promesse alla partenza (nel caso, ad esempio, delle donne nigeriane e dell’Est Europa). Soprattutto per l’Est Europa, una problematica emergente è quella delle “generazioni senza madre” che vengono allevate dai nonni perché i genitori partono per lavorare in un Paese estero ed assicurare ai figli una situazione economica più sicura.

Tornando al rapporto, si evidenzia un incremento del numero delle vittime di tratta dal 2008 al 2010 del 18%. Questo dato ci introduce all’ultimo grande cambiamento dei recenti anni riguardanti la tratta degli esseri umani: lo sfruttamento in mercati considerati fino a poco tempo fa marginali, quali l’accattonaggio e il lavoro in agricoltura o in fabbrica (si pensi a Rosarno, a Nardò, ai laboratori cinesi..). Solo negli ultimi anni sono state riconosciute vittime di tratta persone sfruttate per raccogliere pomodori, radicchio, per cucire prodotti a cottimo.

A fronte del panorama appena descritto, con un incremento non solo delle persone sfruttate, ma anche della tipologie di situazioni di sfruttamento e quindi della complessità del fenomeno complessivo, a fronte del recente impegno sancito dall’Unione Europea per rendere più incisive le azioni di contrasto e ricerca della problematica, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha annunciato che i fondi previsti per l’anno 2014 per i progetti di protezione sociale saranno dimezzati (da circa 8 milioni a circa 4). I progetti previsti dall’art. 13 della legge 228/2003 e dall’art. 18 della legge 286/98 consistono nell’accoglienza e integrazione socio-lavorativa, nonché nell’assistenza legale per l’eventuale denuncia e in parte nelle azioni di “riduzione del danno” e nel sostentamento del Numero Verde Antitratta attivo 24 ore su 24 7 giorni su 7. Diversi esperti del settore, analizzando gli scenari futuri e l’odierna situazione, hanno fatto giustamente notare che un minore investimento sui progetti di protezione sociale da parte del Governo, comporterà una ricaduta della spesa sanitaria e sociale in quanto le persone fino ad allora seguite nei progetti ricadranno sulla sanità pubblica al momento del bisogno, dell’urgenza, senza avere possibilità di prevenzione per ignoranza sul tema o impossibilità di accedere ai servizi, in quanto sprovvisti di documenti.

Siamo nell’anno che verrà ricordato per la tragedia di Dhaka e del Raza Palace, dove hanno perso la vita circa 1200 lavoratori per colpa di inadempienza delle fondamentali leggi sulla sicurezza del lavoro. Il Raza Palace è stato costruito su terreno paludoso, e sono stati costruiti più piani di quelli, corrottamente, concessi. Le aziende committenti non si sono mai preoccupate di controllare gli standard di sicurezza, il Governo nemmeno. Dhaka è stato l’evento più tragico, la cima raggiunta la quale bisogna assolutamente scendere, e che non si deve raggiungere mai più: se questo è il presente, bisogna cambiarlo.

Il rapporto Trafficking in human beings